La Corte di Cassazione ha deciso un procedimento promosso per rimuovere la condotta antisindacale
La possibilità di fare proselitismo e propaganda è uno dei diritti più importanti riconosciuti alle organizzazioni sindacali. Garantire la libertà di espressione e di critica è uno dei modi con cui si tutela l’azione sindacale nell’ambito lavorativo.
In alcuni casi tali libertà sono ostacolate da comportamenti delle aziende e spesso le sigle sindacali reagiscono a questi ostacoli chiedendo al Tribunale di far cessare tali condotte.
Con la sentenza numero 35643/2022 la Corte di Cassazione ha affermato che la distribuzione di comunicati sindacali via mail rientra nell’attività di proselitismo prevista e tutelata dall’articolo 26 dello statuto dei lavoratoriSi tratta della legge 300/1970, che ha introdotto importanti norme a tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale, dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento More e dunque è ammessa in tutti quei casi in cui non arrechi pregiudizio all’attività produttiva.
Si tratta di un’importante pronuncia in tema di azione sindacale e di repressione della condotta antisindacale da parte dell’azienda.
Un membro della RSU viene sanzionato perché ha inviato, dalla propria mail personale, a tutti gli indirizzi mail aziendali dei suoi 200 colleghi, un volantino di propaganda sindacale.
La società ha ritenuto che, avendo a disposizione uno specifico canale aziendale di comunicazione, il rappresentante della RSU avrebbe, con il suo comportamento, pregiudicato lo svolgimento dell’attività lavorativa.
La sigla sindacale di appartenenza, preso atto della sanzione, ha contestato la natura antisindacale del provvedimento aziendale e ha fatto ricorso al Tribunale.
Nella definizione di “condotta antisindacale” il legislatore ha adottato una formula generica, in modo da poter lasciare ai singoli giudici l’interpretazione caso per caso.
L’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori, denominato “Repressione della condotta antisindacale”, definisce la condotta antisindacale quale “comportamenti diretti ad impedire o limitare l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale nonché del diritto di sciopero”.
Pertanto, qualsiasi comportamento, attivo o omissivo, che impedisca o anche solo limiti l’esercizio dell’attività sindacale, costituisce una condotta antisindacale.
Nel caso in cui si verifichino impedimenti e limitazioni di questo tipo, le sigle sindacali hanno a disposizione uno strumento giudiziario d’urgenza, il cosiddetto “procedimento ex art. 28”, che consente di ricorrere al Tribunale e ottenere, in via d’urgenza, un decreto che ordina all’azienda di cessare immediatamente la condotta antisindacale.
La sentenza della Corte di Cassazione è iniziata proprio con l’avvio di un procedimento ex art. 28.
Sono due gli articoli dello Statuto dei Lavoratori che costituiscono i pilastri di tutte le libertà sindacali in azienda:
Nel caso deciso dalla Cassazione sono venuti in rilievo proprio questi due fondamentali articoli.
Innanzitutto, la Suprema Corte sottolinea che è necessario aggiornare la terminologia e le previsioni legislative anche alla luce dei nuovi strumenti comunicativi, in quanto “l’evolversi delle modalità di comunicazione telematica e la maggiore efficacia realizzata attraverso il raggiungimento dei singoli lavoratori per mezzo della personale casella di posta elettronica non può non essere considerata un aggiornamento necessario della modalità di trasmissione delle notizie, posta a garanzia della reale efficacia dell’attività di sindacale”.
Ciò precisato, è possibile per i sindacati fare proselitismo inviando, durante l’orario di lavoro, comunicazioni alle mail aziendali dei singoli lavoratori?
Secondo la Cassazione, la risposta è affermativa: è lo stesso Statuto dei Lavoratori a prevedere la possibilità di proselitismo durante l’orario lavorativo, a condizione che l’attività non arrechi un pregiudizio allo svolgimento dell’attività produttiva.
Inoltre, è stato dimostrato che la società era operativa 24/24h e dunque non c’era alcun momento di “pausa” tra i turni. Infine, sarebbe stato onere della società dimostrare l’effettivo danno all’attività aziendale, che nel caso di specie non è mai stato provato.
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