WhatsApp: attenzione all’inviolabilità della corrispondenza privata sul luogo di lavoro

violazione corrispondenza privata
(foto Shutterstock)

La tecnologia corre veloce e anche la Giurisprudenza si aggiorna: ecco tutti i chiarimenti sulla questione della violazione della corrispondenza privata

Tutti i messaggi di Whatsapp, uno dei più noti sistemi di messaggistica istantanea, sono coperti dall’inviolabilità della corrispondenza. Lo hanno stabilito i giudici della Corte Costituzionale, affermando di conseguenza che la corrispondenza “intercettata” non può essere consultata senza l’osservanza delle procedure previste, altrimenti si viola un diritto dei lavoratori.

La tutela della corrispondenza nel nostro ordinamento

La nostra Carta Costituzionale tutela la corrispondenza in uno dei suoi articoli più noti. L’articolo 15 della Costituzione sancisce infatti che: “La  libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La  loro  limitazione  può  avvenire  soltanto  per  atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”.

Nessuno dunque può violare, consultare, leggere o appropriarsi della corrispondenza di altri. Nemmeno le forze dell’ordine possono accedere alla corrispondenza di altri soggetti, se non nei limiti e con l’osservanza di tutte le cautele previste dalla normativa.

La previsione costituzionale trova ovviamente applicazione anche all’interno dell’ambito lavorativo. Si tratta infatti di una norma che non ammette deroghe da parte di fonti di rango inferiore. 

La violazione della corrispondenza privata è sanzionata da norme penali

  • articolo 616 Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza, 
  • articolo 617 Cognizione, interruzione o impedimento illeciti di  comunicazioni  o conversazioni telegrafiche o telefoniche
  • articolo 617 quater del codice penale Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche.

WhatsApp: corrispondenza privata o comunicazione?

Per quanto riguarda Whatsapp, si è aggiunto un ulteriore interrogativo: i messaggi contenuti all’interno dell’applicazione sono una forma di corrispondenza e comunicazione oppure possono essere equiparati a dei documenti digitali

La differenza può sembrare solo all’apparenza terminologica, ma in realtà sottende una diversa tutela e richiede procedure diverse per poter essere utilizzate in giudizio. 

Rispondendo al primo quesito, la Corte Costituzionale, ha affermato che “lo scambio di messaggi elettronici – e-mail, SMS, WhatsApp e simili – rappresenta una forma di corrispondenza agli effetti degli artt. 15”. 

Secondo i Giudici costituzionali, “quello di «corrispondenza» è concetto ampiamente comprensivo, atto ad abbracciare ogni comunicazione di pensiero umano (idee, propositi, sentimenti, dati, notizie) tra due o più persone. 

La garanzia si estende, quindi, ad ogni strumento che l’evoluzione tecnologica mette a disposizione a fini comunicativi, compresi quelli elettronici e informatici, ignoti al momento del varo della Carta costituzionale”.

Dunque, i messaggi WhatsApp sono equiparabili alle lettere e ai biglietti in busta chiusa, perché spediti tramite tecniche che assicurano la riservatezza,quali i codici di accesso al dispositivo o altri meccanismi di identificazione.”

Quale tutela per i messaggi in archivio?

Questo il secondo interrogativo a cui ha dovuto rispondere la Corte Costituzionale. I messaggi archiviati possono essere considerati ancora “corrispondenza” oppure degradano a meri “documenti”? 

In altre parole, la tutela della corrispondenza e della comunicazione si deve applicare solo alle comunicazioni “dinamiche” o anche a quelle già ricevute e conservate dal destinatario?

Attorno a queste domande la dottrina e la giurisprudenza sono divise in due orientamenti contrapposti. Alcuni, infatti, ritengono che la tutela debba essere garantita a tutta la corrispondenza finché la parte ha un interesse attuale e concreto. Altri, invece, sostengono che la garanzia costituzionale non possa essere estesa a corrispondenza ormai diventata “documentale”.

La Corte Costituzionale, risolvendo il dibattito, ha affermato che “la garanzia apprestata dall’art. 15 Cost. si estende anche ai dati esteriori delle comunicazioni”. In proposito, si è rilevato che «la stretta attinenza della libertà e della segretezza della comunicazione al nucleo essenziale dei valori della personalità, comporta un particolare vincolo interpretativo, diretto a conferire a quella libertà, per quanto possibile, un significato espansivo». 

 

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