Le operazioni dei dipendenti, attraverso il videogioco, vengono trasformate in sfide tra colleghi. Vincono i lavoratori più efficienti
Gamification, è questo il nome delle pratica che prevede l’introduzione di elementi di gioco, sfida e ricompensa in un contesto lavorativo. Amazon l’ha introdotta in fase di test in alcuni dei suoi centri di smistamento, negli Stati Uniti e nel Regno Unito, per aumentare la motivazione dei dipendenti sottoposti a lavori ripetitivi e noiosi per molte ore, e a ruota incrementarne anche la produttività.
Così, in cinque piattaforme di distribuzione, sono stati installati degli schermi vicino alle postazioni dei dipendenti, nei quali girano girano dei videogame che, riporta The Washington Post, hanno nomi come “PicksInSpace”, “MissionRacer”, “CastleCrafter” o “Dragon Duel” e inscenano gare tra draghi, macchine sportive o la costruzione di castelli di scatole.
Questi videogame, sincronizzati agli operatori, traducono in sfide virtuali le azioni effettuate da questi ultimi, come prelevare o riporre oggetti in apposite locazioni, preparare pacchi o altro. Vincono i più efficienti.
Ogni dipendente che desideri partecipare (la partecipazione non è obbligatoria) ha un corrispettivo giocatore nel videogame e può gareggiare con i colleghi. In caso di vittoria della partita digitale si possono ottenere in premio punti, badge virtuali e in alcuni casi una valuta interna spendibile in merchandise Amazon.
La gamification può avere effetti psicologici importanti, creando coinvolgimento nello svolgere occupazioni meccaniche, rendendole meno pesanti e innescando lo spirito di competizione.
Il problema sorge – secondo la game designer Jane McGonial – quando la sfida non è di breve durata e assume un significato troppo forte per il lavoratore, soprattutto in caso di ripetute sconfitte. Questo tipo di situazione rischia di sortire l’effetto opposto, facendo sentire il dipendente frustrato e tagliato fuori, e peggiorando la qualità del lavoro.
Il gioco è bello quando dura poco insomma.