Il colosso di Seattle conferma la linea sul lavoro flessibile, ma richiama dallo smart working i dipendenti per almeno tre giorni a settimana. La stessa direzione è già stata presa da Google e Apple
I dipendenti di Amazon tornano in ufficio: il nuovo piano dell’azienda, in partenza a settembre in Usa, Uk, Israele, Australia, Nuova Zelanda, Arabia Saudita ed Emirati Arabi, prevede la presenza di una gestione ibrida, con alcuni giorni in azienda e altri di lavoro da casa. Si tratta, quindi, di una soluzione che rientra comunque in una soluzione di lavoro flessibile, ma che esclude lo smart working totale. Secondo quanto recentemente ribadito da Andy Jassy, numero uno di Amazon web services, la motivazione è semplice: «semplicemente, non è la stessa cosa».
La soluzione prospettata ai dipendenti parla di ritorno in ufficio tre giorni a settimana. Gli altri due sono a discrezione, in ufficio oppure da casa. Per lavorare da casa più di due giorni a settimana sarà necessario presentare una richiesta che rechi motivazioni precise, sperando che la domanda venga accolta. In compenso, i dipendenti di Amazon avranno a propria disposizione, ogni anno, quattro settimane di lavoro continuativo da casa o da un luogo di vacanza.
In tempi recenti sono trapelate notizie del tutto simili anche da altri due giganti del big tech: Apple e Google. Entrambe le aziende, infatti, hanno prospettato l’identica soluzione di lavoro ibrido: a casa per due giorni a settimana, in ufficio per i tre rimanenti. L’esperienza dello smart working ha insegnato ad essere più elastici per quanto riguarda la sede lavorativa, ma ha anche fatto emergere i punti deboli del lavoro da remoto. Le parole di Tim Cook, ceo di Apple, si sovrappongono in modo quasi perfetto con quelle di Andy Jassy di Amazon: «Le videoconferenze hanno accorciato le distanze tra noi, ma ci sono cose che semplicemente non possiamo replicare».
La scelta del ritorno in ufficio, però, non è unanimemente condivisa. Anzi. Numerose multinazionali viaggiano in direzione opposta: una di queste è Spotify, che a metà febbraio ha presentato ufficialmente il programma “working from anywhere”. Un modello basato su flessibilità, sostenibilità e benessere dei dipendenti, che lascia la massima libertà di scelta: chi lo desidera può anche far ritorno al paese d’origine, mantenendo il lavoro e la posizione. Twitter a queste libertà aggiunge un bonus di mille dollari per acquistare i supporti tecnologici necessari a crearsi un ufficio in casa. Meno decisa la posizione di Mark Zuckerberg, ceo di Facebook, il quale comunque si aspetta che nei prossimi dieci anni un dipendente su due lavori da casa.
Leggi anche: