L’Agenzia delle Entrate conferma che i rimborsi delle spese sostenute dai lavoratori in smart working per le utenze, il riscaldamento e l’acqua di casa non sono soggetti a tassazione
La prestazione in smart workingÈ una nuova modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, introdotta dalla l. 81/2017 e caratterizzata dall’assenza di precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro per il dipendente. More è svolta nella maggior parte dei casi presso l’abitazione del lavoratore.
La disciplina dello smart working (dl 81 del 2017) prevede che il datore di lavoro sia «responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa». E per quanto riguarda i costi sostenuti dallo smart worker per svolgere il lavoro da remoto? Come ad esempio i costi di connessione a internet, riscaldamento e raffreddamento dei locali.
Il caso
Un’azienda ha proposto di riconoscere a tutti i propri lavoratori in smart working un rimborso spese di 15 euro al mese. Secondo il datore di lavoro, questa somma comprendeva tutti i costi sostenuti dal lavoratore per rendere la prestazione da casa.
L’azienda ha indicato in modo preciso le voci di costo:
In totale 50 centesimi al giorno, ovvero 15 euro al mese.
Nessun rimborso per la connessione internet, il motivo? La connessione non era destinata esclusivamente alla prestazione lavorativa.
L’azienda ha dunque chiesto all’Agenzia delle Entrate se la somma mensile di 15 euro fosse o meno soggetta a tassazione.
Secondo il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (dPR 917 del 22 dicembre 1986), costituiscono reddito di lavoro dipendente tutte le somme a qualunque titolo percepite anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.
Ma il rimborso delle spese sostenute dal lavoratore per conto dell’azienda è reddito da lavoro?
No, non è reddito da lavoro in tutti i casi in cui le spese sono state anticipate dal dipendente e nell’esclusivo interesse del datore di lavoro.
Con riferimento a una vicenda simile, avente a oggetto il costo dell’abbonamento telefonico per poter svolgere il telelavoro, l’Agenzia delle Entrate ha escluso che il rimborso di tali spese sia soggetto a tassazione. Pertanto, in tutti i casi in cui il lavoratore anticipi delle spese necessarie a rendere la prestazione e, nell’esclusivo interesse della propria azienda, il rimborso di questi costi è esente da tassazione.
Se dunque questi rimborsi sono esentasse, quale è il limite di spesa?
Non c’è una previsione specifica e il legislatore non ha fornito alcun chiarimento sui rimborsi spesa per lo smart working.
L’Agenzia delle Entrate, riprendendo una precedente risoluzione del 2017 ha affermato che, nel silenzio della legge,” i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi”.
Nel caso sottoposto all’Agenzia delle Entrate, il costo di 15 euro al mese, sostenuto dal dipendente per lo smart working, era stato individuato sulla base di elementi oggettivi, oggettivamente apprezzabili e quantificabili. Inoltre, tali oneri erano sostenuti dal lavoratore nell’esclusivo interesse dell’azienda.
L’Agenzia delle Entrate ha valorizzato tutti questi aspetti e ha così affermato che tali rimborsi spese non sono soggetti a tassazione. «Si ritiene corretto che la quota di costi rimborsati al dipendente» ha dichiarato «possa considerarsi riferibile a consumi sostenuti nell’interesse esclusivo del datore di lavoro e, pertanto, si ritiene che le somme erogate dalla Società al fine di rimborsare il dipendente dei costi sostenuti attraverso le modalità rappresentate non siano imponibili ai fini IRPEF».
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