Per trasformare il capitale umano in una vera leva competitiva, i leader devono capire e abbracciare il cambiamento assieme alle loro persone
di Valeria Palombini, Human Capital Solutions Director, Partner & Board Member Glasford International Italy
Gli ultimi anni hanno reso evidente un cambio di paradigma all’interno della nostra società, che genera sfide nuove per le organizzazioni.
La richiesta da parte dei lavoratori di un diverso work-life balance e di una maggiore attenzione al benessere, un ripensamento dei tradizionali concetti di spazio e tempo lavorativo, la crescente diffusione di tecnologie che trasformano il lavoro dell’uomo, il concetto di sostenibilità nelle tre dimensioni Environmental, Social e Governance: sono solo alcuni esempi dei cambiamenti che oggi le organizzazioni devono comprendere a fondo e governare, per non perdere competitività e attrattività.
L’evoluzione in corso è ricca e sfaccettata, ma abbiamo provato a racchiuderla in alcune sfide chiave. Si tratta di cambiamenti che hanno un forte impatto all’interno delle aziende, dalla leadership alla strategia attuata per attrarre, valutare e valorizzare i talenti, fino a un ripensamento della propria organizzazione per renderla profondamente sostenibile e andare incontro ai desideri e alle aspettative delle persone.
Questo ripensamento porta spesso a ridefinire il proprio purpose per renderlo concreto e coerente con il mutato business model e con il nuovo assetto organizzativo, che cambiano per rispondere alle sollecitazioni esterne e mantenere alta la competitività dell’azienda.
L’importanza del purpose non è nuova: già nel 2009, nel libro Start with Why Simon Sinek sottolineava l’importanza di conoscere il “perché” dell’azienda, il suo scopo più alto, che la differenzia dalle altre.
E, agli occhi dei candidati, oggi la sua importanza è ancora più rilevante: secondo l’Edelman Trust Barometer 2022, il 57% degli italiani sceglie un’azienda in base alla coerenza con i propri valori e convinzioni. Nell’edizione 2023, questo dato è ancora più accentuato: solo il 13% degli intervistati vorrebbe lavorare con persone con cui è fortemente in disaccordo su temi che reputa importanti.
Il purpose e i valori aziendali vanno quindi definiti e comunicati, all’interno e all’esterno dell’organizzazione. E i leader ne diventano portavoce, agendo come Role Model e rendendo i valori tangibili attraverso i comportamenti e le azioni quotidiane, mettendo le proprie persone al centro di ogni decisione.
L’efficacia della leadership, che emerge come prima priorità nel report Gartner HR Top Priorities 2023, non è legata solo al raggiungimento di obiettivi di profitto, ma viene ancorata alla capacità di perseguirli in piena aderenza ai valori aziendali.
Oggi ancor più che in passato, i leader non possono limitarsi a indicare la strada, ma devono percorrerla insieme alle proprie persone, motivandole e ispirandole, per costruire una cultura condivisa e in cui ogni persona si senta accolta e valorizzata.
E, se la leadership si pone come tra i suoi obiettivi quello di favorire il benessere e il coinvolgimento dei collaboratori, allo stesso modo sono chiamate a evolvere le organizzazioni nel loro complesso.
In primo luogo, è fondamentale costruire organizzazioni inclusive, ben oltre il solo Gender Gap, su cui comunque c’è molto da lavorare. Il Global Gender Gap Index del World Economic Forum colloca l’Italia al 79° posto nella graduatoria, 16 posizioni meno dello scorso anno.
Serve una leadership capace di dialogare con e per le diversità, siano esse legate a genere, età, etnia, orientamento sessuale, disabilità, religione, credo politico, livello culturale. Tale diversità non è un valore solo dal punto di vista etico, ma anche economico, perché rende l’azienda più competitiva per diverse ragioni, vediamole nel dettaglio.
A giovarne è in primo luogo la team effectiveness: già nel 2020 uno studio pubblicato sul Journal of Organizational Behavior ha dimostrato che le organizzazioni che promuovono diversità e inclusione hanno una maggiore resilienza e una migliore capacità di gestire crisi e cambiamenti, mentre un rapporto di Boston Consulting Group ha rilevato che queste aziende hanno maggiori probabilità di innovare e di avere successo sul mercato.
La diversità in azienda aiuta a comprendere meglio le esigenze e le preferenze dei clienti provenienti da diverse culture e paesi, e quindi ad adattarsi meglio alle esigenze del mercato globale. Uno studio pubblicato su Harvard Business Review nel 2022 ha rilevato che le aziende con maggiore diversità hanno più probabilità di espandersi e prosperare a livello internazionale.
Queste organizzazioni hanno anche maggiore probabilità di avere dipendenti soddisfatti e ingaggiati, riducendo così l’assenteismo e l’abbandono del lavoro, come confermato da un rapporto del McKinsey Global Institute del 2020.
Si tratta di una leva anche in fase di attraction: il 56% degli intervistati nello studio Future of Work 2022 di Business International afferma che in futuro non accetterà un lavoro in un’impresa priva di una leadership diversificata. È un allarme che dovrebbe suonare fortissimo nelle aziende, vista la difficoltà riscontrata nel trovare e trattenere talenti.
La capacità di ingaggiare e trattenere i talenti è strettamente connessa all’attenzione nei confronti del loro wellbeing aziendale e personale. La Generazione Z in particolare è molto attenta a ricercare aziende che già in fase di attraction comunichino attenzione al benessere psicofisico dei propri collaboratori, e a seguito della pandemia questa cura è diventata una priorità trasversalmente alle generazioni, che impatta fortemente sulla retention.
In Europa, il 39% dei lavoratori afferma di soffrire frequentemente di stress legato al lavoro, il 14% di rabbia: quella fotografata da Gallup è una percentuale altissima di persone che vedono il proprio benessere messo a rischio dal lavoro.
Sono le stesse persone che hanno più probabilità di dimettersi o di alimentare il numero di “quiet quitters”. E, se le organizzazioni promettono in fase di Talent Attraction che le persone si sentiranno felici, valorizzate e coinvolte, queste promesse non possono essere disattese nel quotidiano, pena una perdita di engagement e un basso livello di retention.
Fortunatamente il sistema imprese italiano sta acquisendo consapevolezza dell’importanza di agire concretamente per il benessere, anche attraverso il welfare aziendale: secondo l’ultimo Welfare Index PMI, ne traggono beneficio non solo la reputazione aziendale (per il 61,6% delle imprese), ma anche produttività (54,8%), soddisfazione dei collaboratori (57,3%) e retention (56,2%).
Le iniziative attuabili sono di vario tipo, dalla previdenza integrativa alla sicurezza sul lavoro, e tutte contribuiscono a rendere l’azienda sostenibile migliorando il wellbeing dei lavoratori. Smartworking, flessibilità e servizi dedicati alla genitorialità (dall’integrazione di congedi e permessi all’istituzione di asili aziendali) possono ad esempio contribuire a migliorare il work-life balance, riducendo al contempo il gender gap perché consentono una migliore e più agevole suddivisione dei compiti all’interno della famiglia.
Una maggiore inclusione è possibile anche grazie a iniziative dedicate ai soggetti che, per diversi motivi, potrebbero essere svantaggiati nell’ambiente lavorativo – persone con disabilità, lavoratori stranieri, altri soggetti quali ex detenuti o tossicodipendenti.
Anche lo sviluppo del Capitale Umano può beneficiare delle iniziative di welfare, attraverso la partecipazione a convegni o giornate studio, corsi di lingua o di formazione specialistica, opportunità di frequentare master o business school.
Per le aziende assume quindi sempre più rilevanza la comprensione dei cambiamenti sociali in atto nel mondo circostante. La stessa importanza è rivestita dall’integrazione delle nuove tecnologie, cogliendone le opportunità, compresa la possibilità di ridefinire tempi, luoghi e modalità di lavoro per consentire alle proprie persone di trovare un migliore work-life balance e di dedicarsi alle attività a maggior valore.
Se la leadership sa trovare il modo migliore per governare e non subire le evoluzioni della tecnologia, l’innovazione consente alle aziende di rimanere competitive e rendersi veramente sostenibili. Per questo molte organizzazioni oggi stanno ripensando il proprio business model e creando opportunità di ibridazione e cross-fertilization grazie alla costruzione di relazioni e network con realtà diverse, dalle start-up al Venture Capital.
Wellbeing, welfare, nuove tecnologie: i cambiamenti che le figure apicali in azienda sono chiamate a coordinare e comunicare sono molti. Ma non si tratta solo di avere le capacità di pensiero per immaginare il futuro, bisogna anche saperlo realizzare, coinvolgendo le persone, facendo loro vivere il cambiamento come un processo continuo e graduale attraverso i comportamenti quotidiani.
Per governare il cambiamento, quindi, è importante che i leader sappiano ingaggiare le proprie persone. Occorre disegnare una nuova People Strategy, capace di mediare tra le esigenze del business e quelle delle persone, perché benessere e motivazione migliorano le performance e contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi strategici.
Senza dimenticare che le persone sono portatrici di valori, obiettivi e interessi diversificati: negli ultimi anni, in particolare, sta acquisendo sempre più importanza il tema della gestione dell’intergenerazionalità.
A fronte di un progressivo calo delle nascite – per la prima volta in oltre 150 anni, nel 2022 in Italia sono nati meno di 400 mila bambini – e di un aumento della richiesta di lavoratori qualificati, si verifica una sempre maggiore Talent Shortage, specie per le professioni digitali e specializzate. Diventa quindi necessario garantire l’employability delle persone di qualsiasi età.
Se fino a qualche anno fa gli investimenti nello sviluppo dei talenti erano dedicati prevalentemente agli under 35, oggi la concezione di talento si allontana sempre più dall’età anagrafica, ma viene definita in modo dinamico, valorizzando la dimensione di unicità della persona e la sua capacità di generare valore per l’organizzazione.
Se, come abbiamo detto in precedenza, il cambiamento può essere innescato e facilitato portando a sistema e incoraggiando comportamenti virtuosi a livello individuale, e rispondendo a interessi diversificati, per l’evoluzione dell’organizzazione è importante che il leadership team esprima la capacità di integrare punti di vista diversi, trovando una sintesi coerente con le specificità dell’azienda, del suo business model e della sua cultura organizzativa.
Questa evoluzione vissuta dalla società si riflette in modo diverso su ogni organizzazione, perché le specificità di ognuna di esse definiscono le sfide che riterrà prioritario superare e gli obiettivi che desidera raggiungere.
È questa consapevolezza che in Glasford ci muove ogni giorno, perché la nostra esperienza, unita alla sensibilità nei confronti dei cambiamenti in atto nella società e nel mercato, ci ha portato a consolidare la nostra capacità di lettura della complessità e dei bisogni di ogni azienda per costruire soluzioni specifiche per ogni contesto. Al fianco delle organizzazioni e dei loro leader, quotidianamente disegniamo e realizziamo percorsi di evoluzione del Capitale Umano che le sostengano nel raggiungimento degli obiettivi strategici.
Questo ha significato evolvere anche per noi, attraverso la costruzione di una rinnovata value proposition capace di unire la solidità dell’expertise delle nostre tre business line – Executive Search, Assessment Architecture e People Metrics e Talent Strategy ed Employer Branding – con la flessibilità della co-progettazione e la comprensione profonda derivata dal dialogo costante con le aziende.
Realizzando così il nostro fine ultimo: essere al fianco delle organizzazioni nella loro evoluzione, per rendere il Capitale Umano una leva competitiva e contribuire, con le nostre azioni, alla costruzione di una società che possa esprimere vero valore economico, sociale e culturale per il presente e per le generazioni future, attraverso il proprio sistema imprese.