Alcune strategie per creare un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso, fondamentale per la crescita aziendale
di Elisa Pavanello
Quando parliamo di parità di genere non possiamo sottovalutare il tema delle molestie sul lavoro che possono assumere tante manifestazioni. Spesso alcuni comportamenti vengono sottovalutati o relegati ad atteggiamenti spiacevoli ma da tollerare, soprattutto in un contesto lavorativo. È bene quindi innanzitutto fare chiarezza, anche nel contesto lavorativo per richiamare l’attenzione su ciò che non è in alcun modo accettabile.
Molte persone non sono consapevoli di utilizzare un linguaggio o un comportamento offensivo, atteggiamenti che ahimé possono comportare gravi conseguenze: la molestia può sfociare in malattia per chi la subisce, può portare all’attivazione di un contenzioso, con richieste risarcitorie nei confronti anche dell’Azienda che ha tra i suoi doveri quello di assicurare la salute e la sicurezza di tutti i componenti la compagine societaria. Senza contare la lesione in termini di immagine del brand. Ecco perché, in primis, nel nostro lavoro, cerchiamo di far capire che la molestia non è solo fisica, ma anche verbale e digitale.
Cerchiamo di mostrare come trattare e far emergere fenomeni di questo tipo, in modo da prevenire le conseguenze più spiacevoli. È fondamentale educare il personale su cosa costituisce molestia e quali sono le sue implicazioni. Le aziende, a loro volta, devono trasmettere questa conoscenza e intervenire tempestivamente ogni volta che si verifica un episodio segnalato, garantendo così un ambiente di lavoro sicuro e rispettoso per tutti.
Le molestie in azienda, che possono manifestarsi in molteplici forme, nascono spesso da una cultura poco consapevole delle dinamiche di genere. È cruciale, per le aziende, identificare e prevenire questi comportamenti scorretti attraverso una formazione continua e una sensibilizzazione capillare.
Parallelamente, un altro tema cruciale è quello della disparità salariale e del gender gap. Le donne infatti, pur essendo numerose nel mondo del lavoro, sono spesso assenti ai livelli apicali delle aziende. In più, anche se i contratti collettivi stabiliscono norme precise, a parità di posizione e valore gli uomini tendono a ricevere retribuzioni superiori rispetto alle donne.
Com’è possibile? Le ragioni sono diverse. Una delle tante è che le donne tendono a non chiedere promozioni o adeguamenti retributivi, mentre gli uomini sono più inclini a farlo. Inoltre, i datori di lavoro spesso percepiscono gli uomini come più performanti e sono quindi più propensi a riconoscere loro emolumenti aggiuntivi.
Per affrontare questo problema, è necessario creare piani di crescita chiari e obiettivi, basati su criteri misurabili e non su valutazioni soggettive legate al genere. È essenziale che la valutazione del merito avvenga indipendentemente dal genere, promuovendo una vera parità retributiva.
La questione culturale riguarda anche la percezione dei ruoli familiari. In questo, rispetto al passato, sono stati fatti enormi passi avanti ma resiste il sentire comune che una madre che si occupa dei suoi figli non fa altro che “il suo dovere”, mentre un padre che dedica loro del tempo è “un bravo padre”. Va da sé che nella società contemporanea queste differenze non hanno senso di esistere. Solo quando sarà davvero socialmente accettato che anche i padri devono occuparsi della cura dei figli, una parte del problema potrà essere risolta. È quindi necessario un lavoro di informazione e cambiamento culturale sia per le donne che per gli uomini.
In questo contesto, incentivare i percorsi di carriera femminili diventa fondamentale. Le donne spesso si sentono inadatte per certe posizioni, nonostante abbiano tutte le competenze necessarie per ricoprirle. Questo senso di inadeguatezza deve essere superato. Anche io, nonostante la mia posizione di avvocata, mi sono spesso sentita chiamare “dottoressa”, nella migliore delle ipotesi, o, ancora peggio, “signorina”. Il segno del retaggio culturale che associa certi ruoli esclusivamente agli uomini, e che non fa altro che cementare il senso di inadeguatezza di cui accennavo.
Il percorso di certificazione per la parità di genere è un’occasione importantissima, per le aziende, per guardarsi allo specchio e migliorarsi. Non è solo un bollino, ma un processo continuo di miglioramento aziendale. Lavorando in questo campo mi sono spesso trovata a lavorare con aziende che, pur presentandosi all’apparenza come molto attente e sensibili alla parità di genere, poi di fatto non hanno donne in posizione apicale, oppure non attivano politiche per facilitare la conciliazione casa lavoro, o per incentivare i percorsi di carriera.
Per questo, nel lavoro di accompagnamento verso la certificazione che realizziamo con WI Love Equality, partiamo sempre dai dati, che mostrano in modo oggettivo la realtà dei fatti. Poi lavoriamo insieme alle aziende sulle possibili azioni da mettere in campo. Uno degli strumenti che abbiamo creato ad esempio, è la guida per migliorare la diversity and inclusion in azienda, che si può scaricare gratuitamente.
La certificazione consente di misurare la situazione in azienda e di adottare misure concrete per promuovere la parità. Ed è un percorso in divenire: non basta ottenerla, è necessario mantenerla attraverso una manutenzione costante, proprio come avviene per le certificazioni ad esempio in materia di sicurezza.
La mia attività di promozione e sensibilizzazione nelle aziende mira a condurle verso questo percorso di certificazione, che diventerà sempre più importante con l’entrata in vigore delle normative europee che imporranno una maggiore trasparenza per ciò che concerne le condizioni retributive e ciò al fine di evitare disparità non più tollerabili, né giustificabili quando basate esclusivamente sul sesso.
Le aziende, oggi più che mai, devono essere consapevoli dei propri numeri e delle proprie dinamiche interne per poter implementare misure efficaci. Solo così si potrà garantire un ambiente di lavoro equo e rispettoso per tutti, promuovendo una cultura aziendale inclusiva e paritaria.
Elisa Pavanello è un’avvocata specializzata in diritto del lavoro e parità di genere, fa parte del team di WI LEGAL, uno dei più importanti studi legali specializzato in diritto del lavoro. Con il progetto WI Love Equality, si occupa di aspetti legati alla parità di genere in azienda e in particolare al percorso di certificazione.