Rider arrabbiati

La prima lotta sindacale dei fattorini europei del delivery food

Vogliono dire basta al lavoro pagato a cottimo e senza tutele. Alla messa a rischio della propria incolumità personale sulle strade. Esigono più trasparenza da parte delle grandi piattaforme del delivery food sulle modalità – basate su algoritmi – con cui vengono attribuite le consegne.
Sono i ciclo fattorini di tutta Europa, riuniti per la prima volta in una lotta sindacale contro lo sfruttamento selvaggio a cui sono sottoposti.

L’INTERNAZIONALE DEI RIDER

Nata a Bruxelles a ottobre 2018, la Trans-national Federation Couriers, l’Internazionale dei rider, oggi riunisce i fattorini e le associazioni di 12 paesi (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Norvegia, Olanda, Spagna, Svizzera e Regno Unito). L’1 dicembre 2018 ha organizzato il primo sciopero globale, esteso fino a Hong Kong e agli Stati Uniti, che ha coinvolto le consegne di Deliveroo, Foodora, Glovo, Uber Eats e Just Eat.

CHI SONO I RIDER

Oggi in Italia i rider della distribuzione del cibo a domicilio sono circa 10mila  – ha spiegato a “la Repubblica” Riccardo Emilio Chesta, ricercatore della Scuola Normale Superiore di Pisa – e per il 75% sono under 30, spesso studenti o lavoratori che svolgono prestazioni occasionali, con contratto a partita iva, di collaborazione occasionale o a chiamata.

Per diventare rider basta avere una bicicletta e uno smartphone, collegarsi online alle piattaforme e accettare le condizioni contrattuali.
Il luogo di lavoro è la strada, con tutti i rischi che comporta, ma senza tutele da parte dei brand del delivery food. I quali solitamente mettono a disposizione dei ragazzi soltanto caschetto e zaino, ma non forniscono la bici e non coprono nemmeno le spese di riparazione in caso di incidente.
Una volta registrato sul sito, il rider aspetta il suo turno per partire verso il ristorante scelto dal cliente, dal quale poi corre a consegnare l’ordine. E viene pagato a consegna.Infine riceve un punteggio da parte dell’utente finale, che lo porta a posizionarsi su una scala di eccellenza in base alla sua produttività.
Su un pasto del valore di 30 euro, i fattorini guadagnano in media 3,60 euro netti. I restanti vanno: 21 euro al ristoratore e 9 euro alla piattaforma (dei quali 4 euro servono a coprire le spese di marketing).

POTENZIALI SVILUPPI

In tempi di gig economy l’utilizzo di siti online di delivery food vede un trend di crescita positivo. Ragion per cui è ancora più necessario regolamentare, tutelare e dare la giusta retribuzione a tutte le figure coinvolte nel processo. Per questo i rider hanno alzato la testa e stanno facendo rete. Anche in considerazione del fatto che l’enorme raccolta di dati relativa ai consumatori, da parte delle piattaforme, potrebbe aprire a nuovi sviluppi, in cui esse non sarebbero più solo un intermediario tra il ristoratore e il cliente, ma produrrebbero in prima persona il cibo da consegnare, traendone ancora maggiori guadagni. Deliveroo lo sta già facendo, con due progetti pilota a Londra e Parigi. Secondo il collettivo Deliverance di Milano, oggi questa è la vera enorme possibilità di profitto a cui punterebbero le compagnie.

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