Smart working? Serve un approccio strategico. La via ibrida di Fater

Giulio Natali, Group Chief HR & Organization Officer di Fater
(Giulio Natali, Group Chief HR & Organization Officer di Fater)

L’azienda ha rinunciato al controllo in favore della fiducia, offrendo ai lavoratori la massima flessibilità. Ne parliamo con Giulio Natali, Group Chief HR & Organization Officer

Approccio ibrido allo smart working, massima flessibilità orario di lavoro, benefit e premi per le migliori performance. Sono solo alcuni degli ingredienti della ricetta vincente individuata da Fater, joint venture fra il Gruppo Angelini e Procter&Gamble che ha fra i suoi marchi Pampers, Lines e Ace. Ne parliamo con Giulio Natali, Group Chief HR & Organization Officer. Dopo una lunga esperienza lavorativa nel Regno Unito, Natali è tornato in Italia da circa due anni. Scrittore per passione, nel 2020 ha pubblicato la sua prima raccolta di racconti, “Questioni di Testa, edito con La Gru. Il libro, vincitore del premio Giovane Holden, ha già venduto oltre 500 copie e i ricavi sono interamente destinati alla Lega del Filo d’oro.

Parliamo di lavoro del futuro, Fater ci ha messo una definizione: ibrido

«Va premesso che entriamo in un mondo ancora pionieristico, parlare di smart working nel post Covid-19 è un po’ come addentrarsi in una giungla in cui nessuno ha mai messo piede. Noi, in Fater, abbiamo avuto una lunga discussione sull’argomento e siamo arrivati alla conclusione che il nostro approccio deve essere strategico, non tattico. Mi spiego: un approccio tattico può essere mettere tutti i lavoratori in remote working, abbattiamo i costi degli affitti e rendiamo il business più produttivo. Ma un approccio tattico è anche quello di volere a tutti i costi tutti in ufficio, per timore di non riuscire a controllarli a dovere se lavorano da casa. Strategicamente, le scelte possono essere tutte giuste o tutte sbagliate, noi abbiamo scelto di mettere le persone al centro e di promuovere un approccio ibrido».

In concreto, come si traduce il vostro approccio?

«Nel lasciare ai dipendenti la massima libertà di gestire il proprio tempo, valutando il loro lavoro per obiettivi. Abbiamo rinunciato al controllo in favore della fiducia: gli orari sono molto flessibili e chi ha piacere può iniziare prima o dopo. I genitori possono allungare la pausa per andare a prendere i bambini a scuola, chi ama lo sport può sfruttare una o due ore durante la giornata per andare in piscina o in palestra. E poi si organizza per recuperarle. Allo stesso modo, per quanto riguarda la presenza in ufficio non diamo alcuna indicazione. In questo periodo vediamo che le presenze giornaliere sono intorno al 40/50%, ma secondo le nostre previsioni arriveranno intorno al 60% dopo la fine dell’emergenza sanitaria».

Quindi le persone vengono comunque in ufficio, anche se non sono tenute a farlo?

«Assolutamente sì, c’è chi preferisce il contesto aziendale rispetto a quello domestico. Noi chiediamo la presenza solo per alcuni meeting dove il confronto di persona è importante. Per il resto facciamo presente che l’headquarter esiste e che passarci ogni tanto è importante. Ma senza vincoli. I nostri uffici, va detto, non sono solo un luogo dove sedersi alla scrivania. Ci sono il bar, la terrazza, il parco, il tavolo da ping pong, l’area musica, aree di coworking dove coltivare la socialità. Il remote working forzato ci ha insegnato a creare un’agenda con dei tempi precisi da rispettare, cosa che nel mondo anglosassone già si faceva da molto tempo. Per contro, però, ha ridotto la spontaneità e le possibilità di prendere decisioni al volo, magari davanti alla macchinetta del caffè».

Fater è un’azienda modello anche per le misure di welfare

«Ce ne sono davvero molte, riepilogo velocemente le principali. Per quanto riguarda le famiglie, i papà hanno diritto a 30 giorni di congedo quando nasce il bambino, un passo innovativo e importante. Proprio in questo periodo, poi, stiamo introducendo il bonus asilo nido. Ci eravamo chiesti se non fosse meglio l’asilo aziendale, ma abbiamo escluso questa possibilità perché poco in linea con l’hybrid working. Ci è sembrato più funzionale dare un bonus da spendere dove più comodo.

Per incentivare il benessere attraverso l’attività fisica abbiamo introdotto dei rimborsi per palestre e piscine dedicati all’intero nucleo familiare. Per i bambini e le bambine c’è da molto tempo la scuola di calcio, organizzata dal cral aziendale. E in periodo di lockdown, quando le palestre erano chiuse, abbiamo regalato a tutti un abbonamento di un anno a Fitprime. Abbiamo lavorato molto sul benessere e sulla soddisfazione dei dipendenti e credo non sia un caso se, anche nella candidate experience, abbiamo fatto un balzo in avanti dal 41esimo al 12esimo posto. Indipendentemente dall’esito del colloquio».

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