Rischio idrogeologico e siccità costano all’Italia 2,5 miliardi di euro all’anno. Anbi: necessario un piano nazionale di adattamento dei territori
L’Italia è un paese soggetto sia al rischio idrogeologico che al rischio di siccità. Entrambi, sulla base dei dati diffusi in occasione dell’Assemblea Nazionale dei Consorzi di bonifica del 2019, costano ogni anno all’Italia in media 2,5 miliardi di euro. Lievitati nel 2017, solo per quanto riguarda la siccità, a 5 miliardi di euro di danni, diretti e indiretti.
«Occorre agire al fine di contrastare gli effetti del cambiamento climatico – afferma il presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di bonifica (Anbi), Francesco Vincenzi – attivandosi preventivamente contro le alluvioni, ma anche per conservare, tutelare l’acqua e la sua qualità, in quanto risorsa fondamentale per il nostro paese».
Un piano nazionale di adattamento dei territori ai cambiamenti climatici, secondo Vincenzi, sarebbe un’opportunità, consentendo di creare oltre 50.000 nuovi posti di lavoro e contribuendo a colmare il divario tra nord e sud del paese.
«Questi interventi permetterebbero un risparmio idrico di almeno il 15%, utile per ridurre potenziali conflitti sull’uso della risorsa idrica, previsti nei prossimi anni con sempre maggiore frequenza».
Oltre ad assicurare irrigazioni abbondanti nella gestione delle acque, una delle sfide del futuro è imparare a gestire un clima mutato.
Ad oggi sono stati finanziati 75 interventi (del Piano sviluppo rurale nazionale, Fondo sviluppo e coesione, Piano straordinario invasi) che apriranno 3.208 nuovi posti di lavoro, per un totale di quasi 642 milioni di euro.
Anpi ritiene indispensabile creare le condizioni per un territorio dove poter vivere in sicurezza idraulica e alimentare, tutelando anche le bellezze artistiche, paesaggistiche e ambientali. Per questo reputa necessario individuare le azioni più urgenti e importanti di pianificazione, programmazione e prevenzione. Il tutto legato all’implementazione di strategie per la gestione delle emergenze, che si verificheranno in maniera crescente in futuro, considerando il cambiamento climatico.
«La manutenzione straordinaria, l’ammodernamento e la razionalizzazione delle reti consortili per lo scolo delle acque – per Vincenzi – sono temi non più rinviabili, anche a fronte del ridimensionamento del territorio rurale, in conseguenza della disordinata urbanizzazione nelle aree di pianura e della quasi scomparsa delle “guardie ecologiche volontarie” (le imprese agricole), nelle aree interne e di montagna. Parallelamente occorre ammodernare gli impianti pubblici di irrigazione collettiva per adeguarli alle esigenze della moderna agricoltura di precisione».