Secondo 2 imprese su 3, smart working anche nel 2022. Importanza HR come “remote leader”

Smart working
(foto Shutterstock)

I risultati dell’indagine HR Trends & Salary Survey 2021 condotta da Randstad Professionals, fanno emergere anche l’importanza dell’HR come “remote leader”

L’esperienza dello smart working non è destinata a concludersi nel 2021. Anzi: nonostante la diffusione del vaccino anti Covid-19 stia riportando anche il mondo del lavoro ad una semi-normalità, due aziende su tre ritengono che, ancora per il prossimo anno, lo smart working rimarrà uno strumento essenziale. Questo, almeno, è quanto emerge dall’«HR Trends & Salary Survey 2021», indagine condotta da Randstad Professionals in collaborazione con l’Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli (ASAG) dell’Università Cattolica.

Smart working, un nuovo modo di lavorare

Nell’anno dell’emergenza sanitaria e del lockdown planetario, a introdurre o potenziare il lavoro a distanza era stato il 72% delle imprese. Di queste, l’86% ha mantenuto questa modalità anche nel 2021 e un ulteriore 66% continuerà anche il prossimo anno. A dimostrazione, forse, che al di là della necessità contingente le aziende hanno scoperto un nuovo modo di lavorare, dove la sede fisica di lavoro non è più un vincolo ma un’opportunità per condividere spazi, tempo e idee con i colleghi.

L’indagine di Randstad pone quindi l’accento su come questa rapida rivoluzione abbia toccato anche manager ed HR, i quali si sono trovati ad esercitare il proprio ruolo non più dal vivo ma a distanza.

Cambiato il rapporto con i dipendenti, ma anche il modo di comunicare

Nell’ultimo anno e mezzo i manager delle risorse umane hanno sperimentato tutto il meglio e il peggio che il lavoro a distanza può offrire. In ordine di importanza, secondo le risposte raccolte da Randstad, tra gli aspetti positivi c’è il fatto che il rapporto con i dipendenti è diventato più diretto ed empatico, e la dirigenza ha posto più attenzione nel considerare il loro ruolo. Per contro, applicare i protocolli Covid-19 non è stato semplice e il fatto stesso di comunicare è diventato meno agevole.

La ricerca di Randstad e Università Cattolica ha quindi approfondito quali saranno le doti più utili per gli HR, in un mondo dove il lavoro da remoto è destinato a diventare almeno in parte strutturale.

Le doti essenziali per i “remote leader” del futuro

Oltre alla capacità di ascolto e all’empatia, caratteristiche condivise con i manager tradizionali e considerate fondamentali rispettivamente dal 26% e dal 23% degli HR director, ai nuovi “remote leader” sono richieste capacità di comunicare efficacemente (24%) e di coinvolgere i collaboratori (19%), abilità di gestione e pianificazione (17%), affidabilità e capacità di costruire legami di fiducia (12%, +7%) e attenzione alla misurazione dei risultati (11%, assente fra i leader tradizionali).

«Per adattarsi e avere successo in questa nuova normalità» spiega Marco Ceresa, Group Ceo Randstad Italia «i manager dovranno essere “remote leader”, cioè leader capaci non soltanto di essere dei capi ma soprattutto di prendersi cura delle persone che guidano, in presenza e a distanza».

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