Formazione e aggiornamento non sono prerogative del terziario. Anche i lavoratori del settore metalmeccanico migliorano la loro professionalità
Il mondo del lavoro si trasforma guardando alla qualità, non solo nell’ambito dei servizi ma anche nel settore secondario. Grazie alla digitalizzazione e a un contesto sempre più globale, anche l’industria italiana sta ricercando l’efficienza e il miglioramento delle performance, partendo dal concetto di capitale umano.
Quali sono gli ambiti in cui le aziende stanno focalizzando maggiormente l’attenzione per ciò che riguarda i percorsi formativi? Dalla ricerca “Monitor sul lavoro” promossa da Umana e Federmeccanica, il 93% della formazione si concentra sulle competenze tecniche e l’84,1% su quelle digitali, avvertite come indispensabili soprattutto dalle pmi e dalle imprese nell’area meridionale del Paese.
La ricerca ha preso in considerazione 804 titolari d’impresa estratti dall’anagrafica di Infocamere suddivisi secondo i settori manifatturiero, commercio e servizi, insieme a 136 imprese associate a Federmeccanica.
Nel 2020 sono state poco più della metà le imprese che hanno investito nei percorsi formativi: il 51,1% delle aziende ha programmato iniziative che hanno coinvolto tutti, o la maggior parte, dei lavoratori.
Nel settore metalmeccanico, però, l’attenzione è stata più elevata: il 27,9% delle attività di formazione ha coinvolto tutti, il 50,7% alcuni e il 7,4% solo situazioni particolari. Questo significa che le aziende di Federmeccanica hanno investito nei percorsi di aggiornamento e formativi per coinvolgere l’86% delle tute blu. Un dato importante, che la dice lunga su quanto sia considerata importante una maggiore professionalità in questo comparto.
L’approccio alla formazione cambia anche a seconda dell’area geografica di riferimento e dell’ordine di grandezza: hanno investito in percorsi formativi soprattutto le aziende del Nord Ovest (56,8%), di dimensioni più elevate (70% oltre i 50 addetti), dell’industria metalmeccanica (52,7%) e le associate a Federmeccanica (63,3%).
Dopo le competenze tecniche e quelle digitali, seguono quelle legate alla sicurezza (57,2%) e quelle trasversali (42,8%), mentre la formazione linguistica risulta ancora di nicchia. La formazione di competenze tecniche interessa soprattutto le imprese del Nord Est, con più di 50 addetti, del commercio e servizi, le associate di Federmeccanica. La formazione in competenze digitali è più richiesta nel Mezzogiorno, nelle microimprese e nel settore alta industria.
Le competenze in materia di sicurezza riguardano più le ditte del Centro-Nord, di dimensioni più grandi, con un fatturato elevato, del settore alta industria. Per le competenze trasversali l’investimento maggiore è al Nord, nelle imprese di dimensioni più grandi, con fatturato più elevato. La formazione per le competenze linguistiche interessa soprattutto il Nord Ovest, le imprese di dimensioni più grandi, del settore commercio e servizi.
Il 16% delle aziende intervistate non segnala alcun problema particolare, mentre il 24,2% evidenzia la difficoltà di riuscire a individuare le iniziative formative più adeguate ai bisogni reali. Questa criticità è avvertita maggiormente dalle imprese del Nord Est di piccole e medie dimensioni, con un fatturato medio.
Seguono la difficoltà nella progettazione e pianificazione delle attività formative (15,4%) e la capacità di valutare adeguatamente gli effetti concreti delle attività formative (14,2%). Fermo restando queste perplessità da parte delle aziende, è significativo che il settore metalmeccanico abbia continuato ad in investire in percorsi formativi, anche considerando il difficile contesto generale determinato dalle conseguenze derivanti dalla pandemia.