Giovani e Generazione Z, nel lavoro cercano valore e senso di comunità

Lucia Chierchia, Market Ambassador & Chief of Open Innovation Ecosystem in Gellify, ad Agenda 2030
(in foto: Lucia Chierchia, Market Ambassador & Chief of Open Innovation Ecosystem in Gellify, ad Agenda 2030)

Lucia Chierchia, dall’osservatorio privilegiato di Gellify, racconta le tendenze che coinvolgono soprattutto la GenZ

Siamo di fronte a un cambiamento profondo, che l’esperienza della pandemia ha reso ancora più evidente: è cambiato il nostro modo di vivere le relazioni, fra persone e sul lavoro. I primi ambasciatori di questo cambiamento sono i giovani, che in azienda cercano non solo obiettivi di produzione e soddisfazione economica, ma anche una comunità di persone e d’intenti, attenta a lasciare un’impronta positiva.

Lo racconta Lucia Chierchia, Market Ambassador & Chief of Open Innovation Ecosystem in Gellify, piattaforma di innovazione che connette start-up B2B ad alto contenuto tecnologico con aziende tradizionali per innovare processi, prodotti e modelli di business.

Un nuovo modo di intendere il lavoro

Quello di Lucia Chierchia è un osservatorio privilegiato: in Gellify collabora con quasi 300 startup innovative, molte avviate da giovani, ma non mancano figure senior. Questo le permette di rilevare tendenze e, talvolta, dati di fatto.

«Il primo trend» spiega «è la digitalizzazione, che significa creazione di nuovi modelli di business facendo leva sulle tecnologie digitali. Evolve la dimensione tecnologica, ma anche la dimensione umana, perché la barriera più alta è quella nella nostra testa. Dobbiamo abilitare le persone a vivere in questo nuovo ecosistema digitalizzato e usare una quantità enorme di dati in maniera rilevante, creando valore».

Il valore, tuttavia, si misura in molti modi e i giovani lo insegnano. «Credo che la Generazione Z ci stia insegnando molto» continua Chierchia «perché stanno mettendo molto in discussione non tanto i modelli di business, ma proprio il modo in cui guardiamo al lavoro e al bilanciamento con la vita privata.

La GenZ guarda le aziende che danno peso alla diversity, all’uguaglianza, all’inclusione. E sono molto attenti alla capacità dell’azienda di prendersi cura della salute, mentale, fisica e sociale».

Lavorare online, oltre lo schermo

«Oggi» continua la Market Ambassador di Gellify, «i colloqui sono biunivoci: sono i ragazzi che chiedono “ma voi cosa fate? Qual è la vostra impronta? Cosa fate per la sostenibilità? E per la diversity?”. Come aziende, dobbiamo imparare a comunicare quello che facciamo e vogliamo fare anche all’esterno dell’azienda».

E cambiano anche i modelli di leadership. «Si parla spesso di manager empatico. Sicuramente quello che vedo è che lo stile di leadership nelle aziende sta evolvendo, la voglia di mettersi in discussione e anche prendersi la licenza di sbagliare è fondamentale. I giovani, ma ormai anche noi, non guardano solo al lavoro sicuro.

Guardano a un percorso che ci fa crescere, come professionisti e come persone. Allora cambia il modo in cui coinvolgiamo i collaboratori all’interno dell’impresa. Abbiamo gestito la pandemia, abbiamo imparato a lavorare online, e non è lo smart working. Dobbiamo imparare a fare esperienze che vadano oltre lo schermo».

Workforce distribuita

«La trasformazione digitale» prosegue Chierchia «deve portare ad un modello di workforce distribuita, che non vuol dire ognuno in un posto diverso, non ha nulla a che vedere con la localizzazione delle persone. Intendiamo il modo in cui le persone interagiscono fra loro, pur essendo lontane dal punto di vista fisico. Il work from home non basta, il vero work from home deve abilitare meccanismi di comunicazione che replichino, ad esempio, la pausa caffè, a casa».

«Sicuramente andremo verso un modello di “workation”, dove lavoro e vacanza si mischiano, vicino alla natura. Un nuovo modello in cui integriamo lavoro e vita. E così cambia il concetto di comunità. Cambia l’insieme delle persone nell’ambiente di lavoro. Nasce il senso di community che non è solo senso appartenenza ad un brand, spesso legato solo al prodotto.

Bello lavorare per Ferrari, tutti vorrebbero perché il prodotto è figo. Ma community significa voler appartenere ad una comunità fatta di persone al di là del prodotto. Allora sarà questa comunità ad influenzare la cultura aziendale.

Si influenzeranno reciprocamente, la cultura ed etica dell’azienda ha un peso sul nostro modo di relazionarci, ma noi possiamo cambiarla. E sono proprio quelle community, io preferisco chiamarle tribù, i veri driver d’innovazione in azienda». 

 

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