L’iniziativa prevede di ricercare soluzioni di lavoro che permettano ai dipendenti con alle spalle storie di migrazione il riavvicinamento familiare
Nel mondo della ristorazione, e in particolare nelle cucine e negli uffici di Burger King Italia, il futuro è adesso: la multiculturalità è un dato di fatto ormai da tempo, e l’azienda è già un passo avanti. La gestione della diversity, su questo fronte, è quasi superata e ci si interroga più che altro su come supportare le persone che hanno alle spalle una storia di migrazione.
Per questo, proprio quest’anno è stato inaugurato un progetto per permettere il riavvicinamento familiare a coloro che hanno parenti in altre nazioni dove la società è presente. Ne parliamo con Francesco Zuffo, Human Resources Director di Burger King.
«In Italia» spiega Zuffo «gestiamo 70 punti vendita e contiamo almeno 65 nazionalità: mi dicono che proprio di recente dovremmo essere arrivati a una settantina, che equivale a circa una per ciascun ristorante. La nostra popolazione in realtà è molte popolazioni, perché ci sono i nostri dipendenti diretti e altri sotto gestione di imprenditori che hanno creduto e credono nel nostro marchio e nelle nostre attività.
Ma per rimanere sulle persone sotto la mia influenza diretta, parliamo di circa 1.500 dipendenti: le donne sono una fetta lievemente maggioritaria e l’età media è relativamente bassa. Abbiamo tanti ragazzi che ancora studiano o che hanno finito da poco, altri che hanno famiglia o che si preparano ad averla. E, per fortuna o per caso, sono molto diversi tra loro. La diversity per noi è quotidianità e non direi che ci sia bisogno di gestirla.
Racconto spesso un aneddoto: durante le nostre survey sul clima aziendale, fra le molte domande che poniamo c’è anche “ti senti discriminato?”. Ecco, capita di frequente che le persone fraintendano il senso della domanda, chiedano “ma da cosa?”. Su altri temi oggetto delle indagini ci sono naturalmente punti di attenzione, ma siamo sempre favorevolmente stupiti da quanto invece, su questo argomento, il benessere sia condiviso da tutti».
Le iniziative dell’azienda, di conseguenza, non guardano tanto al concetto di inclusione quanto al miglioramento del benessere dei lavoratori sul fronte più strettamente personale. «Proprio quest’anno» dice Zuffo «abbiamo inaugurato un progetto per consentire il riavvicinamento, dove nelle nostre possibilità, a chi ha parenti lontani.
Mi spiego: stiamo verificando con i colleghi che hanno nazionalità diverse, o che sappiamo avere alle spalle una storia di migrazione, se possiamo fare qualcosa per loro. Spesso in queste situazioni si creano famiglie allargate e frammentate, che si sono dovute separare e dividere. Stiamo andando a verificare dove possiamo facilitare i ricongiungimenti.
Un esempio: ho un manager con la famiglia in Francia, paese dove noi siamo presenti con il marchio Tacos. Perché non permettere a questa persona di riavvicinarsi ai suoi familiari, se lo desidera?».
Tra i temi a cui l’azienda è da sempre molto attenta c’è anche l’ecologia, declinata in numerose iniziative. Dal punto di vista organizzativo, ad esempio, sono state create funzioni che si occupano di tenere il focus sul perseguimento di obiettivi legati alla sostenibilità.
I nuovi menù contengono prodotti plant based e le proposte andranno ampliandosi con il tempo. Il packaging è ecologico, l’azienda sta lavorando alla progressiva eliminazione della plastica. Inoltre, anche negli uffici vengono promosse iniziative mirate alla sostenibilità: dalle fontanelle per l’acqua all’invito a non usare la fotocopiatrice più del necessario.
«Si tratta tutto sommato di piccole azioni» conclude Zuffo «ma il vero obiettivo non è tanto usare 100 risme di carta in meno, quanto creare consapevolezza nella quotidianità dei nostri dipendenti e clienti. E piano piano questo lungo percorso continua».