La multinazionale è tra le prime certificate dal Winning Women Institute. Stefano Quaia, Head of HR: «qui merito e competenze valgono più del gender»
Sas, multinazionale nel settore IT con sedi in tutto il mondo, è stata una delle prime aziende ad ottenere la certificazione del Winning Women Institute per la parità di genere. Per tagliare questo traguardo ha affrontato un percorso che ha permesso all’organizzazione di guardarsi dentro, scoprendo fronti su cui lavorare, ma anche punti di forza inaspettati. Ne parliamo con Stefano Quaia, Head of HR di Sas Italy, che ha preso parte al club house “WI LOVE EQUALITY” di SHR Italia.
L’incontro virtuale che ha ospitato l’intervista fa parte della campagna WI LOVE EQUALITY – promossa dallo studio legale WILEGAL e SHR Italia in collaborazione con laborability – che sostiene la gender equality promuovendo un atteggiamento etico ed equo nel mondo del lavoro. Attraverso l’informazione ci impegniamo a sostenere cause giuste e inclusive per guardare a un futuro migliore.
«La nostra cultura organizzativa – spiega Quaia – è sempre stata molto orientata alla persona. Nel 2019, quando abbiamo avviato la pratica per la certificazione, lo abbiamo fatto prima di tutto perché c’era forte la volontà di migliorarsi. Inserirsi in un percorso strutturato di valutazione con audit esterno è un passaggio molto importante: ci sono dei professionisti che vengono a valutare le tue politiche, le azioni, l’organizzazione. E questo è importantissimo. Poi è molto utile il confronto con le best practice. Il confronto con il mercato aiuta a scoprire non solo se stiamo lavorando bene, ma anche come influenzare le altre aziende. È un modo per creare alleanza e alzare l’asticella verso l’alto. Poi, una volta certificati, abbiamo verificato due effetti: il primo e più importante è stato un impatto molto forte sulle nostre persone. Erano orgogliose di quello che stavamo facendo, quindi dal punto di vista motivazionale e dell’engagement questo processo è stato molto importante. Poi c’è stato un effetto esterno in termini di employer branding, che tuttavia definirei secondario rispetto al primo».
Il primo passo verso la certificazione è stato mettere a fuoco i kpi (key performance indicators, ndr). «Abbiamo sempre dato grande attenzione al tema del take care e del welfare – continua Quaia – ci prendiamo cura delle persone, le ascoltiamo e studiamo con loro un percorso di crescita. All’interno di questo contesto trova spazio la discussione sulla gender diversity. Pur lavorando nel settore IT, quindi con laureati nelle materie STEM, che sono ancora a forte prevalenza uomini, in Sas l’ambiente è molto equilibrato. Tuttavia, con la certificazione, abbiamo scoperto l’importanza di alcuni kpi che noi non misuravamo in maniera strutturata. Eravamo molto orientati al tema della diversity generazionale ed interculturale, meno a quella di genere. Tuttavia quest’esperienza è stata un bell’esempio di come i kpi possano essere il mezzo e non il fine. Il nostro obiettivo non era avere un tot di donne nel board, ma stimolare la cultura, mettere tutte le persone nelle condizioni di lavorare bene e dare il meglio».
Il modello implementato dal Winning Women Institute prevede quattro grandi aree d’indagine, che possono essere sintetizzate: trattamento economico, maternità, comunicazione interna e opportunità di crescita. «Per quanto riguarda l’equità del trattamento economico – spiega Quaia – i risultati sono stati d’impatto. Sapevamo di avere una componente femminile numerosa: il 40% delle nostre persone sono donne, abbiamo il 40% di manager donne, e nel board dell’azienda sono addirittura il 55%, oltre la metà. Grazie all’audit, abbiamo scoperto che il pay gap è molto allineato e non mostra segni di disequità, anzi nella fascia alta della popolazione addirittura il segmento femminile è sensibilmente più alto di quello maschile (nella comunità dei dirigenti, le donne guadagnano il 14% in più dei colleghi uomini). E questi equilibri si sono creati in modo naturale, senza che li ponessimo come obiettivo da raggiungere. Anche per quanto riguarda il supporto alla maternità avevamo già lavorato molto. Come aree da migliorare, invece, ci sono state indicate la comunicazione interna sulla gender diversity, che per noi non era un tema così a fuoco, e le opportunità di sviluppo per le donne nella nostra organizzazione».
Grazie anche alle sollecitazioni nate dal percorso per la certificazione, ora Sas ha messo a fuoco nuovi obiettivi, alcuni interni ed altri che valicano i confini dell’azienda per rivolgersi all’esterno. «Il nostro è un gruppo internazionale – spiega ancora Quaia – e questo ci dà modo di confrontarsi con altre realtà, altre culture. In ambito europeo, ad esempio, notiamo come i paesi del Nord sono un po’ più avanti. Creare momenti di scambio all’interno della comunità internazionale oggi è un obiettivo. Con lo stesso fine, intendiamo anche aprire delle tavole rotonde dove andare a discutere, e anche un Osservatorio per monitorare l’andamento. In ultimo, l’esterno. Partecipiamo ad incontri nelle scuole, le nostre donne manager raccontano ai giovani le loro storie di carriera, facendosi testimoni delle opportunità di crescita che ci sono».