Il lavoratore si può dimettere in presenza di gravi inadempimenti da parte del proprio datore di lavoro
«Mi licenzio!» è l’espressione liberatoria del lavoratore che vuole abbandonare l’azienda. In realtà, l’espressione non è corretta: il lavoratore non si licenzia, ma più correttamente si dimette.
Il fenomeno delle grandi dimissioni («the great resignation») sta assumendo dimensioni sempre più importanti e perciò è fondamentale conoscere i dettagli delle norme che disciplinano l’atto con cui il dipendente lascia il proprio posto di lavoro.
Le dimissioni sono l’atto con cui il lavoratore interrompe il proprio rapporto lavorativo, tecnicamente «recede» dal contratto.
Il dipendente non può recedere sempre liberamente dal lavoro, infatti:
Le dimissioni per giusta causa, dunque, consentono ai lavoratori, assunti a termine oppure a tempo indeterminato, di interrompere immediatamente il proprio rapporto.
La legge non contiene alcuna specificazione delle ipotesi in cui si configura la giusta causa delle dimissioni. Più in generale, tale ipotesi si configura in presenza di inadempimenti dell’azienda talmente gravi da non poter consentire la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto.
Qualche esempio? Secondo la giurisprudenza, il mancato pagamento dello stipendio, protratto per alcune mensilità, legittima il recesso per giusta causa del lavoratore; lo stesso dicasi per la grave inosservanza delle norme sulla sicurezza in azienda e a tutela della salute dei lavoratori, oppure nel caso di richiesta di prestazioni illecite o di reati all’interno dell’azienda.
Il lavoratore che si dimette per giusta causa ha diritto a ricevere l’indennità di preavviso e può richiedere anche la NASPILa “Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego” (NASpI) è un’indennità mensile di disoccupazione, istituita in relazione agli eventi di disoccupazione involontaria che si sono verificati dal 1° maggio 2015. More – disoccupazione.
Le dimissioni per giusta causa hanno effetto immediato. Significa che il lavoratore può restare a casa dal momento stesso in cui comunica all’azienda le proprie dimissioni.
Il dipendente deve rispettare il preavviso (le cosiddette «mensilità») solo nel caso di dimissioni ordinarie da un rapporto a tempo indeterminato. Viceversa, in tutte le ipotesi in cui il lavoratore si dimette per giusta causa, le dimissioni hanno un effetto immediato.
L’azienda può contestare la fondatezza dei motivi indicati dal lavoratore. Cosa succede in questo caso? Le dimissioniL’atto unilaterale con cui il lavoratore comunica di voler interrompere il rapporto lavorativo con il datore di lavoro. More sono comunque efficaci, ma vengono considerate come dimissioni ordinarie senza preavviso, con la conseguenza che l’azienda può trattenere l’importo corrispondente al periodo di preavviso dall’ultima busta paga e/o dal Tfr.
A sua volta, il lavoratore potrà agire in giudizio per il riconoscimento della giusta causa e per farsi pagare gli importi così trattenuti. Attenzione però a un aspetto: l’eventuale contestazione della giusta causa da parte del datore di lavoro non conta ai fini INPS (ad esempio, per il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione).
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