Capire le differenze tra generazioni e valorizzarle negli ambienti di lavoro è una strategia innovativa che richiede impegno e strumenti organizzativi mirati
Nel film “The Intern” con Robert De Niro e Anne Hathaway, si racconta la storia di un pensionato che, partecipando a un progetto per “stagisti senior”, diventa un punto di riferimento per la direzione aziendale in un momento critico. Al di là della trama, il film mette in evidenza un aspetto importante: la capacità delle generazioni più mature di affrontare situazioni difficili con calma e lucidità, indirizzando le decisioni verso soluzioni efficaci.
Questa capacità deriva dall’esperienza, spesso legata a competenze umanistiche, che permette di affrontare i momenti complessi con empatia, razionalità e organizzazione. Una risorsa preziosa per gestire e superare le sfide aziendali.
Le differenze generazionali sono ormai una realtà di cui ogni impresa, dalla microimpresa alla multinazionale, deve prendere consapevolezza nella gestione quotidiana. Questo vale per tutte le tipologie di aziende, comprese le imprese familiari e le medie o grandi realtà industriali.
È importante quindi capire come si comportano le generazioni al lavoro, ma anche andare oltre gli stereotipi e i luoghi comuni, che spesso associano alle generazioni più anziane caratteristiche come immobilismo e chiusura mentale, e alle nuove generazioni difetti come pigrizia, superficialità e mancanza di impegno.
L’allungamento della vita e il progressivo spostamento in avanti dell’età pensionabile hanno portato alla coesistenza di quattro diverse generazioni negli ambienti di lavoro. Una situazione che richiede approcci nuovi e consapevoli per gestire al meglio questa diversità.
I Baby Boomers, nati tra il 1946 e il 1964, la Generazione X, nati tra il 1965 e il 1981, la Generazione Y (i Millennials), nati tra il 1982 e il 1998, e la Generazione Z, composta dai ragazzi nati a cavallo del 2000, hanno approcci molto diversi verso il lavoro.
Per i Boomers e la Generazione X, l’impegno, la carriera e lo status sociale erano i principali motori per affrontare il lavoro. Invece, per i Millennials e la Generazione Z, ciò che conta è lavorare in un ambiente stimolante, che valorizzi l’autenticità, favorisca la crescita professionale e tenga conto dei bisogni personali.
Capire le caratteristiche e le differenze di queste generazioni è oggi essenziale per comprendere il ruolo che il lavoro occupa nella loro scala di valori. Questo consente alle organizzazioni di essere più attrattive, creando ambienti in cui le persone possano collaborare in modo produttivo e desiderino rimanere a lungo.
I Baby Boomers, la generazione più “matura” nata nel dopoguerra, sono spesso i primi a risentire delle difficoltà di integrazione negli ambienti di lavoro odierni. Cresciuti negli anni ‘60 e ‘70, hanno vissuto eventi come la Guerra Fredda e le contestazioni studentesche.
Questa generazione si distingue per essere ambiziosa, idealista, competitiva e fedele, ma anche per una certa rigidità. Il loro approccio al lavoro è caratterizzato da uno spiccato stacanovismo, che li rende particolarmente determinati, e dal desiderio di raggiungere il successo.
Per i Baby Boomers, “il lavoro è lavoro”: non deve necessariamente essere piacevole, e concetti come l’equilibrio vita-lavoro non sono mai stati centrali nella loro visione. La fedeltà all’azienda e al proprio ruolo rappresenta il valore fondamentale di questa generazione.
La Generazione X comprende le persone tra i 43 e i 59 anni, che hanno vissuto l’adolescenza in anni relativamente tranquilli ma segnati da eventi importanti come la stagnazione economica, l’aumento della disoccupazione, le crisi politiche e i primi disastri ambientali, tra cui Chernobyl. È la prima generazione ad aver avuto un accesso informale al personal computer, imparando sul lavoro l’importanza di attendere e lavorare duramente per sviluppare i propri progetti.
Questa generazione è caratterizzata da un approccio equilibrato, con rispetto per l’autorità e la gerarchia, avendo interiorizzato il modello gerarchico, ma con una rigidità minore rispetto ai Baby Boomers. Hanno sperimentato la competizione in prima persona, sviluppando riservatezza, indipendenza e self-management.
Il loro punto di forza è la fedeltà ai principi gerarchici dell’organizzazione, riconoscendo che fare la gavetta è essenziale per accrescere esperienza e autonomia. Questo li ha aiutati a coltivare un’indipendenza necessaria per realizzare le proprie aspirazioni professionali. Inoltre, sono stati i primi a rendersi flessibili, sfruttando i cambiamenti di lavoro, azienda o ruolo come opportunità per sviluppare la carriera.
I Millennials, o Generazione Y, hanno vissuto un’adolescenza segnata da eventi drammatici e imprevedibili come il terrorismo in Europa, i disastri naturali e i terremoti. Sono la prima generazione che ha sperimentato il confronto globale con i coetanei, grazie alla diffusione massiccia di internet e dei social media.
Questa generazione si distingue per la loro apertura mentale, il forte spirito imprenditoriale, l’ambizione e la tendenza alla libertà. Sono abituati a fare più lavori per conquistare l’indipendenza e cambiano spesso organizzazione per trovare il giusto equilibrio vita-lavoro. Sul lavoro, il loro punto di forza è la capacità di essere multi-tasking e il possesso di uno spiccato spirito critico.
Per i Millennials, il clima aziendale e l’ambiente di lavoro sono fondamentali. Rifuggono ambienti tossici, soprattutto quando i valori dell’organizzazione non sono in linea con i loro. Le loro aspettative lavorative sono più alte rispetto alle generazioni precedenti, in particolare riguardo al contratto psicologicoÈ l’insieme delle aspettative reciproche tra una persona e l’organizzazione per cui lavora. Si creano sulla base delle promesse (implicite o esplicite) che ciascuna persona ritiene di aver ricevuto in sede di selezione e onboarding. More che regola il rapporto di fiducia con l’azienda.
Tuttavia, i Millennials hanno sviluppato una certa vulnerabilità, essendo schiacciati tra le generazioni più vecchie e i nativi digitali, con cui devono competere.
La Generazione Z è la più giovane e rappresenta i veri nativi digitali. Molti stanno completando gli studi universitari o post-universitari, mentre altri sono da poco entrati nel mondo del lavoro. Questa generazione è caratterizzata da un forte impegno sociale, responsabilità, attenzione e selettività, sia come consumatori che come lavoratori.
I membri della Generazione Z cercano aziende che pratichino realmente i valori e la sostenibilità che dichiarano, oltre a offrire ambienti di lavoro innovativi, creativi e dinamici. Cresciuti con un’enorme quantità di informazioni a disposizione, sono allo stesso tempo la generazione più fragile, spesso afflitta da ansia e depressione, in parte legate all’uso massiccio e talvolta esclusivo della tecnologia.
Sul lavoro, hanno bisogno di maggiore socialità, rassicurazioni, feedback e di un forte senso di sicurezza. Non amano le regole rigide e sono meno legati all’idea di un posto stabile per tutta la vita. Proprio per questo, sono alla ricerca di “famiglie professionali”: comunità lavorative in cui sentirsi ispirati, crescere e apprendere continuamente.
Se i Millennials sono stati la prima generazione a considerare il lavoro come una parte della vita e non il suo centro (Rimassa, 2020), le generazioni più recenti hanno ulteriormente accentuato questo cambiamento. L’asse si sta spostando verso modelli di leadership e management più orizzontali e fluidi, dove elementi come collaborazione, apertura mentale, creatività, flessibilità e ricerca del giusto equilibrio vita-lavoro sono diventati centrali (Focardi, 2024).
Per comprendere meglio il loro approccio al lavoro – caratterizzato da flessibilità, creatività e una forte attenzione al tempo libero – è fondamentale riconoscere le reali differenze tra queste generazioni e quelle che le hanno precedute. Altrettanto importante è valorizzare le enormi potenzialità derivanti dalla capacità di armonizzare queste differenze, superando paure e stereotipi.
Il futuro delle organizzazioni dipenderà dalla capacità di promuovere processi di armonizzazione e osmosi tra le generazioni più giovani e quelle più mature. Le differenze generazionali sono una realtà, così come i potenziali conflitti che spesso nascono dalla mancanza di comprensione reciproca.
Per affrontare e risolvere queste sfide, non bastano gli strumenti organizzativi: è necessario integrare anche quelli normativi e contrattuali. Tra gli strumenti disponibili, la gestione del tutoraggio nei contratti di apprendistato e il sostegno alla formazione dei lavoratori più anziani, ad esempio attraverso i finanziamenti del Fondo Nuove Competenze, rappresentano leve strategiche per favorire la collaborazione intergenerazionale.
Alle vecchie generazioni, cresciute con meno tecnologia, si attribuiscono spesso – a ragione o a torto – maggiori difficoltà nell’adattarsi alla transizione tecnologica in corso. Tuttavia, queste generazioni possiedono un patrimonio di esperienza e strumenti umanistici che sono fondamentali per aiutare le nuove generazioni a gestire le conseguenze comportamentali ed etiche della transizione tecnologica, inclusa l’introduzione massiccia dell’Intelligenza Artificiale nei contesti sociali e lavorativi.
La capacità di “mettersi nei panni dell’altro”, unita a quella di individuare e governare i diversi punti di forza e di debolezza, rappresenta oggi una delle sfide principali per le organizzazioni. Solo attraverso questa abilità sarà possibile attrarre e trattenere le persone, creando ambienti di lavoro sostenibili e inclusivi.
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