L’ultimo semestre del 2023 è un periodo di grande fermento perché una delle misure di sostegno al reddito più famose in Italia, cioè il Reddito di cittadinanza, sta per giungere alla sua naturale scadenza e verrà poi integralmente sostituita dall’Assegno di inclusione (Adi) a partire da gennaio 2024.
In alcune province italiane, però, è già stato sospeso per tutti quei nuclei familiari in cui non vi sono componenti minorenni, con più di 60 anni di età oppure disabili. Alcune di queste sono: Roma, Napoli, Torino e Catania, per citare le maggiori.
Ad ogni modo, dopo la conversione in legge del Decreto Lavoro la disciplina del nuovo Assegno di inclusione ha avuto dei miglioramenti e, in alcuni casi, anche delle estensioni notevoli.
In questo articolo, infatti, ti aiutiamo a capire quali sono le principali novità e soprattutto se puoi rientrare tra i beneficiari di queste nuove previsioni.
Il Decreto Lavoro ha previsto che al posto del reddito di cittadinanza saranno attive due diverse misure di sostegno al reddito cioè:
Attenzione: questa seconda misura è prevista a favore di chi percepiva il RdC, ma non rientra tra i beneficiari dell’Adi.
Prima che il Decreto Lavoro venisse definitivamente convertito in legge, questa misura era riconosciuta per i soli nuclei familiari in cui vi fosse almeno un componente:
Dopo la legge di conversione n. 85/2023, sono stati ampliati i beneficiari con l’aggiunta di un’ulteriore categoria: potranno richiederlo anche i nuclei al cui interno vi sia un componente “in condizione di svantaggio e inserito in programmi di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali certificati”.
Attenzione: questi sono solo i requisiti “soggettivi” per richiedere il sussidio, ma devono essere rispettati anche precisi requisiti di cittadinanza e residenza, nonché economici, come ad esempio un valore ISEE non superiore a 9.360 euro.
Un altro grande chiarimento arrivato con la conversione del Decreto Lavoro è relativo al fatto che tutti i soggetti inseriti in specifici percorsi di protezione contro la violenza di genere sono considerati nuclei familiari autonomi per poter presentare la domanda di assegno di inclusione.
Non sarà quindi necessario dimostrare la presenza di un coniuge o di un altro membro della famiglia perché, anche per quanto riguarda l’ISEE, il singolo soggetto è considerato nucleo familiare.
Ti ricordiamo anche che tutti i beneficiari dell’Assegno di inclusione saranno obbligati a seguire un percorso di inclusione sociale e lavorativa da concordare insieme ai servizi sociali.
Tra i soggetti esclusi da tale obbligo rientrano anche i componenti inseriti in questi percorsi di protezione e le donne vittime di violenza, con o senza figli, prese in carico da centri antiviolenza.
Le donne vittime di violenza, anche se non sono obbligate a frequentare i percorsi di inclusione, possono comunque richiedere l’adesione volontaria a un percorso di inserimento lavorativo o di inclusione sociale.
In questo modo, possono essere incluse in progetti utili alla collettività in ambito culturale, sociale, artistico e ambientale o a qualsiasi progetto attivo presso il Comune di residenza in base alle reali necessità del territorio.
Attenzione: svolgere queste attività non consente di ricevere del denaro, perché la prestazione che viene eseguita non può essere considerata lavoro subordinato o parasubordinato, quindi non comporta l’instaurazione di un rapporto di lavoro presso la pubblica amministrazione.
Rispetto a quanto previsto nell’originario Decreto Lavoro, ad oggi i cittadini che presentano tutti i requisiti richiesti dalla legge possono presentare la domanda dell’Adi anche presso i centri di assistenza fiscale (CAF), ma prima devono firmare una convenzione con l’INPS.
L’Ente verifica il possesso dei requisiti e, in base alle informazioni disponibili nelle proprie banche dati, decide se accogliere o meno la richiesta.
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