Assegno di inclusione: le novità dopo la conversione del Decreto Lavoro

Assegno di inclusione
(foto Shuttertstock)

La conversione del Decreto Lavoro ha esteso la platea dei beneficiari della nuova misura in vigore dal 1° gennaio 2024

L’ultimo semestre del 2023 è un periodo di grande fermento perché una delle misure di sostegno al reddito più famose in Italia, cioè il Reddito di cittadinanza, sta per giungere alla sua naturale scadenza e verrà poi integralmente sostituita dall’Assegno di inclusione (Adi) a partire da gennaio 2024

In alcune province italiane, però, è già stato sospeso per tutti quei nuclei familiari in cui non vi sono componenti minorenni, con più di 60 anni di età oppure disabili. Alcune di queste sono: Roma, Napoli, Torino e Catania, per citare le maggiori. 

Ad ogni modo, dopo la conversione in legge del Decreto Lavoro la disciplina del nuovo Assegno di inclusione ha avuto dei miglioramenti e, in alcuni casi, anche delle estensioni notevoli.

In questo articolo, infatti, ti aiutiamo a capire quali sono le principali novità e soprattutto se puoi rientrare tra i beneficiari di queste nuove previsioni.    

Quali misure sostituiscono il Reddito di cittadinanza? 

Il Decreto Lavoro ha previsto che al posto del reddito di cittadinanza saranno attive due diverse misure di sostegno al reddito cioè: 

  • l’assegno di inclusione: in vigore da gennaio 2024, il cui importo mensile verrà erogato dall’INPS con uno strumento di pagamento elettronico (una carta) per massimo 18 mesi con la possibilità di rinnovo per ulteriori 12 mesi
  •  il supporto per la formazione e il lavoro: partirà prima rispetto all’assegno ovvero il 1° settembre 2023 e prevede il pagamento di 350 euro al mese per tutto il periodo di partecipazione a progetti formativi e di accompagnamento al lavoro, per massimo 12 mesi

Attenzione: questa seconda misura è prevista a favore di chi percepiva il RdCma non rientra tra i beneficiari dell’Adi.

Chi può richiederlo? 

Prima che il Decreto Lavoro venisse definitivamente convertito in legge, questa misura era riconosciuta per i soli nuclei familiari in cui vi fosse almeno un componente

  • minorenne oppure 
  • con almeno 60 anni di età oppure 
  • disabile

Dopo la legge di conversione n. 85/2023, sono stati ampliati i beneficiari con l’aggiunta di un’ulteriore categoria: potranno richiederlo anche i nuclei al cui interno vi sia un componente “in condizione di svantaggio e inserito in programmi di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali certificati”.

Attenzione: questi sono solo i requisiti “soggettivi” per richiedere il sussidio, ma devono essere rispettati anche precisi requisiti di cittadinanza e residenza, nonché economici, come ad esempio un valore ISEE non superiore a 9.360 euro.  

Soggetti inseriti in percorsi di protezione contro la violenza di genere 

Un altro grande chiarimento arrivato con la conversione del Decreto Lavoro è relativo al fatto che tutti i soggetti inseriti in specifici percorsi di protezione contro la violenza di genere sono considerati nuclei familiari autonomi per poter presentare la domanda di assegno di inclusione. 

Non sarà quindi necessario dimostrare la presenza di un coniuge o di un altro membro della famiglia perché, anche per quanto riguarda l’ISEE, il singolo soggetto è considerato nucleo familiare.  

Ti ricordiamo anche che tutti i beneficiari dell’Assegno di inclusione saranno obbligati a seguire un percorso di inclusione sociale e lavorativa da concordare insieme ai servizi sociali. 

Tra i soggetti esclusi da tale obbligo rientrano anche i componenti inseriti in questi percorsi di protezione e le donne vittime di violenza, con o senza figli, prese in carico da centri antiviolenza.

Cosa si può fare in concreto? 

Le donne vittime di violenza, anche se non sono obbligate a frequentare i percorsi di inclusione, possono comunque richiedere l’adesione volontaria a un percorso di inserimento lavorativo o di inclusione sociale.

In questo modo, possono essere incluse in progetti utili alla collettività in ambito culturale, sociale, artistico e ambientale o a qualsiasi progetto attivo presso il Comune di residenza in base alle reali necessità del territorio.

Attenzione: svolgere queste attività non consente di ricevere del denaro, perché la prestazione che viene eseguita non può essere considerata lavoro subordinato o parasubordinato, quindi non comporta l’instaurazione di un rapporto di lavoro presso la pubblica amministrazione. 

Le novità per fare la domanda

Rispetto a quanto previsto nell’originario Decreto Lavoro, ad oggi i cittadini che presentano tutti i requisiti richiesti dalla legge possono presentare la domanda dell’Adi  anche presso i centri di assistenza fiscale (CAF), ma prima devono firmare una convenzione con l’INPS.

L’Ente verifica il possesso dei requisiti e, in base alle informazioni disponibili nelle proprie banche dati, decide se accogliere o meno la richiesta. 

 

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