Il Parlamento Europeo ha approvato la Direttiva sull’obbligo di introdurre un minimo salariale per tutti i lavoratori
Il 7 giugno è una data storica per la Comunità Europea: il Parlamento ha approvato la Direttiva sul salario minimo. Gli Stati sono obbligati, nel giro di meno di un anno, a introdurre una normativa sul salario minimo.
È la prima volta che l’Unione Europea entra nel merito sul tema degli stipendi. Non indica un importo monetario, ma dichiara che lo stipendio minimo deve essere «adeguato» e «dignitoso», a seconda delle mansioni e del settore di appartenenza.
Secondo la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen «Le nuove regole tuteleranno la dignità del lavoro e faranno in modo che il lavoro paghi».
«Adeguato» e «dignitoso» sono i due aggettivi al centro della Direttiva dell’Unione Europea sul salario minimo. Una forma di tutela universale per tutti i lavoratori comunitari.
Si tratta di una norma che vincola gli Stati membri ad adottare una normativa che garantisca un salario «adeguato» alla quantità e alla qualità del lavoro e in grado di assicurare un’esistenza dignitosa.
La Direttiva approvata dal Parlamento Europeo non indica alcuna cifra. Chi si aspettava una quantificazione monetaria è rimasto deluso. D’altra parte sarebbe stato impossibile prevedere un importo minimo uguale per tutta l’Unione, considerata la diversità degli Stati che la compongono e il diverso costo della vita in tutto il territorio.
No. L’ Italia, assieme all’Austria, a Cipro e ai Paesi scandinavi è tra i Paesi che non hanno ancora introdotto il salario minimo.
Tuttavia, è opportuno ricordare che la nostra Costituzione prevede una norma (inderogabile) che rappresenta un principio fondamentale nella regolamentazione dello stipendio: l’articolo 36 prevede che «Il lavoratore abbia diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».
Questa previsione consente al lavoratore di agire in giudizio tutte le volte in cui ritiene di aver ricevuto una retribuzione inferiore al minimo previsto dai contratti collettivi di settore.
Gli Stati membri devono applicare i principi e le indicazioni contenute nella Direttiva. Ad esempio, per quanto riguarda l’Italia, significa che Governo e Parlamento devono mettersi al lavoro per presentare un progetto di legge che recepisca tutte le indicazioni contenute nella Direttiva. Se non viene presentata, lo Stato si espone a una «procedura di infrazione».
Le modalità di attuazione sono due:
1) previsione del salario minimo direttamente per legge: in questo caso è la norma a introdurre la quantificazione monetaria dell’importo;
2) la legge delega la contrattazione collettivaÈ l’accordo stipulato a livello nazionale tra i sindacati di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro per regolare determinati aspetti dei contratti individuali di lavoro di un certo settore (es. orario di lavoro, retribuzione minima, ferie, congedi, ecc.). More, i sindacati e le associazioni datoriali all’indicazione del salario minimo per ciascun settore e categoria commerciale. Inoltre, per favorire il raggiungimento del tasso di copertura dell’80% della contrattazione collettiva, laddove sia inferiore, gli Stati devono predisporre un preciso piano di azione.
La realizzazione pratica del salario minimo non è un’operazione semplice. Ci sono molti aspetti problematici da affrontare che possono ostacolare una repentina ed efficace adozione di un sistema comune di salario minimo inderogabile.
Innanzitutto, l’Unione Europea è composta da Paesi con sistemi sociali, produttivi e qualità/costo della vita diversi tra loro: si pensi, per fare un esempio, alle differenze tra i Paesi scandinavi e gli Stati mediterranei o quelli dell’Est Europa.
Un altro problema è legato alla possibile delega alla contrattazione collettiva: anche in questo caso la rappresentanza sindacaleÈ un organismo di rappresentanza, all’interno dell’azienda, dei lavoratori iscritti ad un sindacato. More in Europa è composta da varie sigle, che operano nei singoli Stati con influenza e rappresentatività diverse a seconda dei vari Paesi. Fermo restando il rischio che si propongano sul mercato sindacati pirata con proposte al ribasso del salario minimo.
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