L'INAIL chiarisce quando e come opera la presunzione del contagio da Covid-19 in ambito lavorativo
La pandemia è entrata anche nei luoghi di lavoro, che spesso sono stati causa del contagio. Sin dai primi provvedimenti, il legislatore ha garantito tutele a favore di tutti i dipendenti che si sono contagiati sul luogo di lavoro.
Con il primo decreto emergenziale, l’infezione da Covid sul lavoro è stata classificata come «infortunio sul lavoro» ed è stata estesa la tutela del lavoratore contagiato a tutto il periodo di quarantena o di «permanenza domiciliare fiduciaria”».
La diffusione del virus, tuttavia, ha creato qualche difficoltà nella individuazione precisa della causa del contagio. Infatti, per qualificare il contagio come infortunio è necessario che sia avvenuto «in occasione di lavoro».
L’INAIL ha individuato delle categorie di lavoratori per i quali, in caso di contagio, si può applicare una presunzione semplice con riferimento all’origine lavorativa del contagio.
Secondo l’istituto, in questa categoria rientrano, innanzitutto, «gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio». Sono compresi poi ulteriori lavoratori, addetti a mansioni «che comportano un costante contatto con il pubblico/l’utenza».
Alcuni esempi: i lavoratori che operano in front-office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario operante all’interno degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi.
Con la raccomandazione 8/2020, l’INAIL ha chiarito che l’appartenenza ad una delle categorie a rischio non significa alcun automatismo tra contagio e riconoscimento dell’infortunio sul lavoro.
Si tratta di una presunzione semplice e impone comunque al medico di seguire l’ordinario iter di accertamento dell’origine lavorativa del contagio.
Vediamo in sintesi i principali passaggi:
La mancanza di alcun automatismo significa anche che il medico possa escludere la causa lavorativa del contagio valorizzando determinati aspetti.
Si pensi, ad esempio, al caso di un infermiere che risulti contagiato dal virus e che, allo stesso tempo, conviva con familiari già contagiati in precedenza.
Oppure al caso in cui un lavoratore appartenga a settori «ad elevato rischio», ma svolga compiti amministrativi e senza contatti con il pubblico. In questi due esempi, l’origine lavorativa del contagio è molto meno probabile.
Per questo motivo, l’INAIL ha chiarito che il medico deve considerare anche la cosiddetta «prova contraria» e quindi valutare:
La valorizzazione di questi elementi potrebbe quindi condurre al disconoscimento dell’origine lavorativa del contagio e all’insussistenza dell’infortunio sul lavoro.
In questi casi, il dipendente ha comunque la tutela garantita dai trattamenti di malattia.
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