Si può installare il GPS nell’auto aziendale?

(foto shutterstock)

Quali sono i presupposti e i limiti che permettono al datore di lavoro di installare strumenti di geolocalizzazione nelle auto aziendali

Welfare e fringe benefit: l’auto aziendale che comodità! Benzina pagata, pedaggi gratis, nessuna preoccupazione per cambio gomme, revisione, riparazioni e assicurazione: tutto è a carico dell’azienda. 

Sempre più spesso, però, le aziende adottano degli strumenti per controllare, anche da remoto, il proprio parco mezzi. Tra questi il più noto (ed efficace) è il GPS, acronimo per Global Positioning System, un geolocalizzatore satellitare che consente di individuare la posizione dell’auto e di monitorarne gli spostamenti.

Le società giustificano la sua installazione a bordo delle auto aziendali per motivi di sicurezza e protezione dei beni aziendali (l’auto, appunto), ma è innegabile che questo sistema riguardi anche la privacy dei lavoratori, poiché consente anche un controllo degli spostamenti dei propri dipendenti.

Si pensi, per fare un esempio, al GPS installato su un’auto aziendale utilizzata da un rappresentante: con questo metodo l’azienda controlla i singoli appuntamenti e la permanenza presso ciascun cliente. 

Non solo. Con il GPS si possono controllare anche gli spostamenti in orario extralavorativo. Per tutti questi motivi, l’installazione del GPS incontra precisi limiti da parte del legislatore e del Garante della Privacy.

GPS e sistemi di controllo a distanza della prestazione

Il legislatore, da decenni, ha ben compreso che spesso, dietro a esigenze di sicurezza, ci celano (anche) motivazioni legate al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori

Ci riferiamo a tutti i sistemi di monitoraggio da remoto: telecamere, impianti audiovisivi e lo stesso GPS. Sono tutti strumenti che consentono all’azienda di monitorare – a distanza – la prestazione dei propri dipendenti.

La norma che regola l’installazione di simili strumenti è una delle più importanti del nostro ordinamento: l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori. Questa legge prevede che:

“Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali”

In mancanza di un accordo con le rappresentanze sindacali, l’azienda può chiedere l’autorizzazione all’ispettorato del lavoro.

Lo stesso articolo poi precisa che questa disposizione non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. 

È bene precisare che l’auto aziendale, di regola, non è uno strumento per rendere la prestazione e pertanto l’installazione del GPS deve essere sempre autorizzato.

GPS e obbligo di informativa

L’installazione di tali sistemi di localizzazione dei mezzi aziendali deve essere autorizzata e deve rispondere a esigenze aziendali “organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio”. Se non c’è questa esigenza, queste apparecchiature non possono essere autorizzate, né dalle rappresentanze sindacali, né dall’ispettorato del lavoro. 

Una volta ottenuta l’autorizzazione, prima di cominciare il “trattamento dei dati”, ossia la utilizzazione del GPS, l’azienda deve fornire l’informativa privacy: si tratta di un documento in cui l’azienda informa i propri dipendenti sulla presenza e utilizzo di questi strumenti, sul limite di conservazione e sui diritti in capo ai lavoratori.

I limiti del GPS: liceità, proporzionalità e non invadenza

Per poter utilizzare in modo lecito il sistema di localizzazione, per l’azienda non è sufficiente aver ottenuto l’autorizzazione e fornito l’informativa. È necessario che l’utilizzo rispetti i principi generali di liceità, proporzionalità, pertinenza indicati dalla normativa in tutela di privacy.

Scorrendo le numerose pronunce del Garante della Privacy proprio in tema di localizzazione dei GPS nelle auto aziendali, si può ricavare che:

  • il monitoraggio continuo dell’attività del dipendente viola i principi di necessità, pertinenza e non eccedenza;
  • i dispositivi di tracciamento dei veicoli non sono dispositivi di tracciamento del personale, bensì la loro funzione consiste nel rintracciare o monitorare dove si trovano i veicoli sui quali sono installati;
  • non è proporzionata la raccolta di informazioni particolareggiate sull’attività dei singoli veicoli monitorati dal sistema e, indirettamente, sull’attività degli autisti (ricostruzione su mappa dei percorsi effettuati sia in tempo reale che giornalmente, il monitoraggio anche dei tempi di pausa);
  • sempre con riguardo al profilo della proporzionalità, inoltre, l’azienda dovrebbe consentire la disattivazione della rilevazione geografica durante le pause;
  • la tutela della privacy dei dipendenti non consente di portare avanti attività idonee a realizzare il controllo massivo, prolungato e indiscriminato dell’attività del lavoratore.

Uso promiscuo e da parte di terzi: vietati i controlli con il GPS

Spesso accade che l’auto aziendale sia concessa a uso promiscuo, ossia possa essere utilizzata dal dipendente anche al di fuori dell’orario aziendale e anche da parte dei suoi familiari.

In questo caso, l’utilizzo del GPS deve essere soggetto a ulteriori limiti ed accortezze per non sconfinare nel controllo degli spostamenti del dipendente in orario non lavorativo e nel controllo di soggetti terzi rispetto all’azienda. 

Pertanto, un sistema di geolocalizzazione che consenta il rilevamento degli spostamenti in un periodo extralavorativo o di soggetti terzi è illecito e contrario alle norme a tutela della privacy.

 

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