Incentivo all’esodo, cos’è, e perché viene erogato

Incentivo all'esodo: cos'è
(foto Shutterstock)

L’incentivo all’esodo è una somma a tassazione agevolata che il lavoratore può ricevere con la risoluzione del rapporto di lavoro

Cos’è l’incentivo all’esodo?

L’incentivo all’esodo è una somma che il datore di lavoro può pagare al dipendente in occasione della risoluzione del rapporto di lavoro.

È un importo in denaro che si va ad aggiungere a quanto spetta a fine rapporto per legge o per contratto. Di solito, al lavoratore spettano, oltre alla retribuzione del mese di cessazione, delle somme che vengono complessivamente definite spettanze di fine rapporto, ad esempio:

  • il TFR
  • i ratei di tredicesima e quattordicesima maturati dall’ultima erogazione
  • ferie e permessi non goduti

Questa somma non può essere semplicemente corrisposta alla fine del rapporto ma è necessario che risulti da un accordo individuale o a seguito di una trattativa sindacale e che l’erogazione sia finalizzata allo scioglimento del contratto.

Perché viene erogato?

Può essere erogato sia per le dimissioni che in caso di licenziamento. Le motivazioni sono varie.

Spesso viene pagato per far fronte a degli esuberi di personale. In questo caso, verrà erogato ai dipendenti che decidono volontariamente di recedere dal rapporto di lavoro. 

Un altro esempio può essere quando le aziende cercano di incoraggiare il turn over aziendale pagando questo incentivo ai dipendenti più prossimi alla pensione e favorendo così l’ingresso di persone più giovani.

Talvolta può capitare che questa somma sia abbinata anche a una transazione con la quale il lavoratore si impegna a rinunciare a qualsiasi pretesa relativa al rapporto di lavoro. Per transazione s’intende un contratto con cui le parti pongono fine a una lite o prevengono una lite che potrà sorgere tra di loro. In altre parole, l’azienda decide di concordare una transazione così da evitare scocciature in futuro.

Quante tasse si pagano?

La legge prevede una particolare disciplina contributiva e una tassazione di favore. 

Infatti, le somme erogate per incentivare l’esodo dei lavoratori non costituiscono retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Ciò significa che, sotto il profilo contributivo, su quella somma non si pagano i contributi. Questo vale sia per quelli a carico dei dipendenti che per quelli a carico del datore di lavoro. 

La stessa regola vale per tutte le erogazioni che, anche con denominazione diversa, sono comunque finalizzate ad agevolare lo scioglimento del rapporto. Quindi per tutte quelle voci che hanno lo scopo di indurre il lavoratore a recedere anticipatamente dal rapporto di lavoro (ad esempio il prepensionamento).

La legge equipara questo incentivo al trattamento di fine rapporto sotto il profilo fiscale. Infatti, anziché essere assoggettato all’Irpef ordinaria, calcolata secondo il metodo progressivo, viene sottoposta a tassazione separata. 

L’incentivo all’esodo, quindi, è tassato in base a un’aliquota media della tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto a percepire la somma e non in base all’aliquota dell’anno in cui viene percepito. 

Se così non fosse, è chiaro che l’aliquota Irpef aumenterebbe notevolmente perché il dipendente risulterebbe avere un reddito molto alto.

 

 

Leggi anche:

Andare in pensione prima con l’isopensione

In caso di cessione di azienda, il dipendente viene licenziato?

Iscriviti alla nostra newsletter

Ricevi gratuitamente le ultime novità, le storie e gli approfondimenti sul mondo del lavoro.