Dimissioni per giusta causa: tutto quello che c’è da sapere

Dimissioni per giusta causa
(foto Shutterstock)

Come terminare il rapporto di lavoro in presenza di gravi motivi

Le dimissioni sono il modo in cui decidi volontariamente di interrompere il tuo rapporto di lavoro. Non hai l’obbligo di spiegare il motivo per cui vuoi andartene, ma devi rispettare un periodo chiamato preavviso.

Il preavviso serve a permettere al tuo datore di lavoro di organizzarsi e trovare una nuova persona, mentre tu hai il tempo di completare i tuoi incarichi e fare il passaggio di consegne.

Questo, però, non si applica se dai le dimissioni per giusta causa. Si tratta di situazioni in cui un fatto o un evento così grave rende impossibile continuare il rapporto di lavoro, nemmeno per pochi giorni. Ma cosa si intende esattamente per giusta causa? Vediamolo insieme!

Dimissioni per giusta causa: cosa si intende con questo termine?

Le dimissioni per giusta causa sono un tipo particolare di recesso dal contratto di lavoro che puoi presentare se si verificano gravi violazioni da parte del datore di lavoro o altre condizioni insostenibili che rendono impossibile continuare a lavorare. A differenza delle dimissioni ordinarie, non devi rispettare il periodo di preavviso e puoi chiedere subito la fine del rapporto.

Secondo la normativa attuale, il concetto di giusta causa quando si parla di dimissioni vale quando si verificano situazioni oggettive e documentabili che compromettono il rapporto di fiducia con il tuo datore di lavoro. Tra gli esempi più comuni, ci sono il mancato pagamento dello stipendio e molestie sul luogo di lavoro, ma non solo. Anche condizioni personali, come la depressione derivante da un ambiente lavorativo tossico, possono rientrare tra i motivi delle dimissioni per giusta causa da parte del dipendente.

Se stai pensando alle tue dimissioni per giusta causa nel 2024, è importante conoscere quali sono le normative di riferimento e come gestire correttamente la procedura, dato che nei giorni nostri è al 100% telematica.

Licenziarsi per giusta causa: qual è la normativa di riferimento

Prima di capire qual è la normativa di riferimento dobbiamo fare un passo indietro e spiegare quali sono i termini giusti da utilizzare. 

Dire “licenziarsi per giusta causa” e “dimettersi per giusta causanon è la stessa cosa. Il licenziamento, infatti, è un atto che può essere attivato solo dal datore di lavoro e quindi lo subisci in modo passivo. Al contrario, le dimissioni sono una tua scelta in quanto dipendente che il datore di lavoro può subire.

Precisato questo, se pensi di poterti dimettere per giusta causa devi fare riferimento al Codice Civile, in particolare all’articolo 2119. Questo stabilisce che hai diritto a interrompere immediatamente il contratto di lavoro quando si verifica una giusta causa, cioè un evento talmente grave da non consentire la prosecuzione nemmeno temporanea del rapporto. È curioso notare, però, come lo stesso articolo non specifichi quali eventi e/o situazioni possono essere considerate giusta causa quindi, per conoscere bene le casistiche, dobbiamo riferimento a quello che è stato stabilito negli anni dalla giurisprudenza

Lo stesso Inps con la circolare n. 163 richiama quanto detto dalla giurisprudenza, oltre a indicare in modo esplicito la legge nella Circolare n. 97 con cui estende la Naspi a chi si dimette con questa modalità. 

La regola rimane chiara: il datore di lavoro deve garantire condizioni lavorative adeguate e rispettare i suoi obblighi contrattuali. Questo è stabilito anche dal Codice Civile, in particolare dall’articolo 2087, che prevede che il datore debba adottare tutte le misure necessarie, tenendo conto della particolarità del lavoro, dell’esperienza e della tecnica, per proteggere l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori.

Se il datore non rispetta questi obblighi, si tratta di una violazione che può giustificare la tua decisione di interrompere il rapporto di lavoro senza preavviso.

Quali sono le giuste cause per le dimissioni?

Come abbiamo potuto capire nel paragrafo precedente, la legge non ci offre un elenco specifico di casi che possono essere giusta causa di dimissioni. Per capire quali sono dobbiamo prendere a riferimento quello che è stato stabilito dalla giurisprudenza e dalle circolari dell’INPS. 

Ecco un elenco di situazioni che possono essere prese come giuste cause per dimissioni:

  • mancato e irregolare pagamento dello stipendio;
  • ambiente di lavoro ostile: mobbing, molestie e discriminazioni rientrano tra le motivazioni di dimissioni per giusta causa;
  • violazioni contrattuali gravi: come il mancato versamento dei contributi previdenziali o la modifica peggiorativa delle mansioni, anche a seguito di cessione del contratto da un datore di lavoro all’altro;
  • trasferimento ingiustificato: un cambio di sede non concordato e penalizzante per il lavoratore, deciso in assenza delle cause previste dalla legge; 
  • comportamento ingiurioso: pensiamo al caso in cui un superiore ti parli in modo volgare e violento. In questi casi può essere frequente la depressione a cui seguono le dimissioni per giusta causa.

È difficile, quindi, che dei semplici motivi personali possono essere validi per delle dimissioni per giusta causa. Ad ogni modo, ogni caso va valutato nel dettaglio per capire se questi motivi siano in realtà collegati ad una o più delle situazioni elencate sopra.

Dimissioni per giusta causa: esempi

Facciamo ora chiarezza con alcuni esempi di dimissioni per giusta causa. Immagina di essere in una di queste situazioni.

  • supponiamo che il tuo datore di lavoro non ti paghi lo stipendio da sette mesi: non essere pagati giustifica l’interruzione immediata del rapporto lavorativo;
  • nel tuo ufficio c’è un collega che ti mette sempre sotto pressione, svilendoti e manipolandoti psicologicamente. Questa situazione rende il lavoro insostenibile e può rientrare nelle dimissioni per giusta causa;
  • lavori in un cantiere e i tuoi superiori non garantiscono un ambiente di lavoro sicuro e cioè non ti danno, ad esempio, l’elmetto per proteggere la testa o le scarpe antifortunistiche. In questo caso, hai diritto a dimetterti subito;
  • sei donna e subisci costantemente molestie sul lavoro: violenze verbali e fisiche, apprezzamenti espliciti non richiesti. Qualsiasi forma di abuso è una giusta causa per le dimissioni.

Questi esempi di dimissioni per giusta causa ti aiutano a capire come riconoscere una situazione in cui puoi legittimamente esercitare il tuo diritto e cioè porre fine al rapporto di lavoro subito, senza dover rispettare il periodo di preavviso che in genere è previsto per i contratti di lavoro a tempo indeterminato.

Dimissioni per giusta causa: qual è la procedura

La procedura di dimissioni per giusta causa prevede dei passaggi precisi da seguire. Ecco cosa devi fare:

  • comunicazione telematica: è obbligatorio trasmettere il fascicolo di dimissioni attraverso il portale istituzionale a cui accedi con SPID o CIE. In questa fase devi specificare, all’interno del modulo, la giusta causa posta alla base delle dimissioni. Se non hai la sicurezza di farcela in autonomia, ti puoi rivolgere a un CAF o Patronato;
  • raccolta di prove: cerca di documentare le motivazioni che sono alla base delle tue dimissioni usando, ad esempio, email, testimonianze, certificati medici, qualsiasi documento che possa essere valido per provare il fatto;
  • compila un’autodichiarazione: devi dichiarare la volontà di volerti difendere in giudizio nei confronti del comportamento illecito del datore di lavoro.   

Attenzione: questi ultimi due passaggi sono molto importanti perché il datore di lavoro potrebbe opporsi alla giusta causa indicata per il recesso dal contratto. Tuttavia, seguire correttamente la procedura ti aiuta a mantenere una posizione solida in caso di contestazioni.

Dimissioni per giusta causa: i tempi di preavviso

La vera domanda, a questo punto, è se esiste il preavviso nelle dimissioni per giusta causa. La risposta è no, non hai l’obbligo di rispettare i tempi di preavviso previsti in genere dal contratto collettivo nazionale. Questo significa che puoi interrompere immediatamente il rapporto lavorativo senza penalità.

Ma perché? Come abbiamo avuto modo di spiegare, il motivo per cui viene interrotto il rapporto di lavoro è talmente grave da non consentire di proseguire nemmeno per pochi giorni la collaborazione. In poche parole, quindi, se stai pensando alle dimissioni per giusta causa e al preavviso, ricorda che la giusta causa deve essere dimostrabile. Questo ti consente di far valere il tuo diritto senza subire conseguenze economiche: con questa tipologia di dimissioni, infatti, hai diritto a ricevere un’indennità, ma scopriamo meglio di cosa si tratta. 

Quali sono i diritti del lavoratore che si dimette per giusta causa

Quando ti dimetti per giusta causa, hai diritto a:

  • indennità sostitutiva del preavviso: il datore deve pagarti un importo equivalente alla retribuzione che avresti percepito se avessi continuato a lavorare. Questa indennità è inclusa nel calcolo dei contributi da versare all’INPS; 
  • TFR e ferie non godute: c’è sempre tutela per quanto riguarda le cosiddette “spettanze di fine rapporto” che vengono riproporzionate in base al periodo in cui rassegni le dimissioni;
  • indennità di disoccupazione: dato che entri in uno stato definito di “disoccupazione involontaria” hai diritto a richiedere la NASpI.

Spesso si legge in giro di dimissioni per giusta causa se non dovessi ricevere due mensilità di stipendio. Tuttavia, non c’è un vero e proprio numero minimo di stipendi mensili non ricevuti.

Infatti, generalmente puoi iniziare la procedura di dimissioni per giusta causa dopo che non hai ricevuto almeno tre mesi di stipendio.

Dimissioni per giusta causa: cosa fare in caso di mancato pagamento stipendio, ferie o TFR

Le dimissioni per giusta causa per mancato pagamento dello stipendio sono tra i motivi più frequenti di interruzione volontaria del rapporto di lavoro da parte dei dipendenti. 

Se il datore non ti paga regolarmente da almeno tre mesi, puoi dimetterti immediatamente e richiedere tramite un legale o il sindacato:

  • il saldo degli stipendi arretrati;
  • il versamento del TFR;
  • il compenso per le ferie maturate e non godute;
  • il compenso per i permessi maturati e non goduti;
  • l’eventuale risarcimento del danno

Se il datore continua a non pagare, puoi avviare un’azione legale per ottenere quanto ti spetta e farti assistere da un avvocato professionista.

Dimissioni per giusta causa e Naspi: è possibile ottenere l’indennità?

, è possibile. Le dimissioni per giusta causa e NASpI possono coesistere perché quando termini il rapporto di lavoro con questa modalità, la legge equipara la tua situazione a quella di disoccupazione involontaria tipica del licenziamento. 

A differenza delle dimissioni volontarie, in cui il diritto alla NASpI non è previsto, con le dimissioni per giusta causa puoi richiedere questo supporto economico nel rispetto di: 

  • tutta la documentazione che abbiamo elencato nei paragrafi precedenti; 
  • tutti i requisiti richiesti dalla legge e dall’INPS per accedere alla Naspi

Se le dimissioni sono motivate da problemi di salute conseguenti a comportamenti o azioni minacciose o di mobbing nei tuoi confronti, potrai trasmettere le dimissioni per motivi di salute e ottenere la NASpI, purché ci siano documentazioni mediche che provano il collegamento tra le dimissioni e la tua condizione.

Cosa succede se il datore di lavoro rifiuta il recesso per giusta causa?

Spesso succede che, quando il datore di lavoro riceve la comunicazione del tuo recesso per giusta causa, decida di opporsi e avvia azioni legali per mettere in discussione i fatti e le motivazioni che hai indicato a sostegno della tua decisione.

Cosa vuol dire? Che purtroppo si regola la situazione per vie legali. Attenzione però: solo dopo la decisione del giudice si può stabilire se si tratta di dimissioni per giusta causa oppure no. In quest’ultimo caso, le prove che hai reso potrebbero non essere state sufficienti per individuare la “giusta causa” di dimissioni e quindi le stesse rimangono valide, ma si trasformano in dimissioni normali

Le conseguenze sono che non puoi fare domanda di Naspi, oppure se hai già iniziato a prenderla dovrai restituire quanto ti è già stato pagato, né potrà esserti pagata l’indennità sostitutiva del preavviso. 

 

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