Scopriamo insieme le normative più importanti nell’ambito del lavoro sportivo
Se si considerano tutti i dipendenti, collaboratori e volontari, il nostro Paese conta oltre 1 milione di lavoratori sportivi. Si tratta di un settore professionale che, nel settembre di quest’anno, è stato oggetto di un’importante riforma prevista dal decreto legislativo numero 36/2021.
In generale, il lavoro in ambito sportivo può assumere diverse forme: rapporto di lavoro subordinato, lavoro autonomo, co.co.co o volontariato. Nel caso specifico del lavoro subordinato, inoltre, il lavoratore dovrà fare attenzione ad alcune differenze esclusive del settore.
Per chiarire i diritti, i doveri e le peculiarità professionali in questo ambito, in questo articolo vogliamo analizzare le caratteristiche principali del lavoro sportivo nel suo complesso.
Nel “mondo sportivo” sono incluse moltissime figure professionali differenti: non solo atleti, ma anche preparatori, allenatori, dirigenti e molti altri.
L’articolo 25 elenca nel dettaglio i “lavoratori sportivi”:
Per ricoprire la figura di “lavoratore sportivo”, inoltre, è necessario che l’attività sia svolta dietro corrispettivo e a favore di un soggetto dell’ordinamento sportivo, indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico.
Non vengono considerati lavoratori sportivi coloro che svolgono mansioni di carattere amministrativo-gestionale.
Un’importante distinzione riguarda le diverse realtà all’interno del mondo sportivo.
Una società professionistica è un’attività imprenditoriale a tutti gli effetti, costituita come società per azioni o società a responsabilità limitata. Come tutte le attività economiche, può avere scopo di lucro.
Al contrario, una società sportiva dilettantistica, pur operando sempre nel mondo dello sport, non può avere scopo di lucro e può assumere le forme istituzionali più varie (associazione non riconosciuta, cooperative, associazione di diritto privato ecc).
La distinzione tra le due forme societarie è importante anche per qualificare i rapporti di lavoro. Se si lavora per una società professionistica, la legge presumerà che si tratti di lavoro subordinato. Al contrario, i collaboratori di una realtà dilettantistica saranno tipicamente considerati lavoratori autonomi.
Nello specifico, il lavoro degli atleti nei settori professionistici viene considerato lavoro subordinato se svolto come attività principale e continuativa.
Laddove, invece, il lavoro venga svolto in una singola manifestazione sportiva (o in più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo) il contratto potrà essere considerato di lavoro autonomo. Tale presunzione vale anche nei casi in cui lo sportivo non sia contrattualmente vincolato a partecipare a sedute di preparazione o allenamento e nel caso in cui la prestazione, seppur continuativa, non superi le otto ore settimanali oppure i cinque giorni ogni mese (trenta giorni ogni anno).
Nel settore dilettantistico, d’altro canto, il lavoro sportivo si presume oggetto di contratto di lavoro autonomo (collaborazione coordinata e continuativa) nel caso in cui le prestazioni non superino le ventiquattro ore settimanali – escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive – e laddove risultino coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali.
Naturalmente, la presunzione potrà essere superata nel caso in cui venga dimostrato, ad esempio, che nell’ambito di una realtà sportivo dilettantistica sia stata svolta attività lavorativa subordinata.
Come anticipato, il rapporto di lavoro sportivo subordinato presenta alcune caratteristiche che lo differenziano da altri settori.
Innanzitutto, per quanto riguarda l’instaurazione del rapporto, il contratto, stipulato per iscritto, dovrà essere obbligatoriamente depositato presso la Federazione di appartenenza per l’approvazione.
L’articolo 26, inoltre, stabilisce che diverse norme del lavoro subordinato non trovano applicazione nel settore del lavoro sportivo, come ad esempio le seguenti:
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