Oltre al concetto di mobbling, la giurisprudenza riconosce anche lo "stalking" sul lavoro. Come riconoscerlo e denunciarlo
L’ambiente lavorativo è una società in miniatura e come in tutte le società possono esserci dei problemi tra chi le frequenta, quindi tra pari (colleghe e colleghi) o con manager e superiori. Quando i problemi diventano azioni che danneggiano l’altra persona si può parlare di mobbingComportamenti e atti, aggressivi e persecutori, messi in atto dal datore di lavoro (o dai suoi dipendenti) con lo scopo di emarginare una persona tramite violenza psichica e morale continuata nel tempo, e con lo scopo di comprometterne pesantemente la normale attività lavorativa. More o, come vedremo in questo articolo, di stalking occupazionale.
Ormai da anni il concetto di mobbing è entrato a far parte del vocabolario del lavoro, perché giustamente se ne parla e la legge lo punisce. Tuttavia, si tratta solo di una delle forme di comportamento illecito nei confronti di chi lavora.
La giurisprudenza, cioè l’insieme delle decisioni prese dagli organi giurisdizionali, ha stabilito che esiste anche lo stalking occupazionale, un comportamento simile al mobbing, ma con le sue differenze, soprattutto dal punto di vista penale. Vediamo le principali.
Si definisce mobbing quell’insieme di azioni e comportamenti oppressivi che hanno l’obiettivo di isolare la persona all’interno del contesto lavorativo.
Lo stalking occupazionale, invece, rientra nel reato previsto e punito dall’articolo 612 bis del codice penale. L’articolo lo definisce come quell’insieme di comportamenti ripetuti di minaccia o molestia che portano la vittima a provare uno stato di ansia o di paura grave e che dura nel tempo, oppure ad avere paura per la propria incolumità o di qualcuno che le è caro o ancora che costringono la vittima a cambiare le proprie abitudini di vita.
Insomma, secondo la legge lo stalking occupazionale è diverso dal mobbing ma, in alcuni casi, lo stalking può essere portato avanti attraverso comportamenti mobbizzanti.
L’articolo del codice penale identifica anche quali sono gli elementi costitutivi del reato di stalking occupazionale.
La Corte di Cassazione si è espressa in più occasioni su casi di stalking occupazione. Segnaliamo in particolare le sentenze numero 12827 del 2022 e la numero 31273 del 2020.
Secondo la Suprema Corte, cioè la Cassazione, comportamenti di mobbing possono essere considerati stalking quando quella “mirata reiterazione di plurimi atteggiamenti, convergenti nell’esprimere ostilità verso la vittima e preordinati a mortificare e a isolare il dipendente nell’ambiente di lavoro sia idonea a cagionare uno degli eventi delineati dalla norma”, cioè quando queste azioni portano la vittima a provare paura o ansia prolungata, ad avere paura per la propria incolumità o a cambiare le sue abitudini di vita.
Sempre secondo la Cassazione, lo stalking si può realizzare in qualsiasi contesto. Quello più conosciuto è quello affettivo o familiare, ma si può parlare di stalking anche nel contesto condominiale o giudiziario oppure, appunto, in quello lavorativo. È proprio in questo ultimo caso che, per sottolineare il contesto, si parla di stalking occupazionale.
Per denunciare dei comportamenti che pensiamo siano stalking bisogna rivolgersi alle forze dell’ordine e sporgere formale querela. Per farlo, non è necessaria l’assistenza di un legale. Saranno le forze dell’ordine a ricevere la querela, cioè a verbalizzare i fatti denunciati dalla vittima e a cominciare le indagini che servono per accertare i fatti denunciati dalla vittima. Il termine per fare denuncia è di 6 mesi.
Il codice penale prevede la pena della reclusione da uno a sei anni. Oltre al carcere, chi compie il reato di stalking può ricevere provvedimenti di ammonimento e di divieto di avvicinamento della parte offesa.
Inoltre, lo stalker può essere condannato a risarcire i danni civili subiti dalla vittima, come ad esempio il danno morale, il danno alla salute, il danno derivante dell’alterazione della propria vita.
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