Approfondiamo cosa dice la giurisprudenza in merito allo straining sul lavoro e le forme di tutela nei confronti delle condotte di superiori e colleghi
Mobbing e straining sono due comportamenti diversi: il primo è persistente nel tempo, mentre il secondo è meno prolungato. Nonostante le differenze, la tutela del lavoratore vessato non cambia: si tratta sempre di condotte che pregiudicano diritti del dipendente che hanno rilevanza costituzionale.
Secondo la Corte di CassazioneÈ l’organo di vertice della magistratura ordinaria italiana e rappresenta l’ultimo grado di giudizio ricorribile. Ad essa spetta, in via definitiva, l’ultima parola sulla legittimità o meno di una sentenza. More, la differenza tra i due casi è rilevante per determinare l’importo del risarcimento danni, ma non c’è dubbio che entrambe richiedono un’adeguata protezione legale. La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 29101/2023, ha infatti affermato che “nessuna offesa ad interessi protetti al massimo livello costituzionale può restare senza la minima reazione e protezione rappresentata dal risarcimento del danno”.
La tutela della salute dei dipendenti è uno dei principali obblighi del datore di lavoro. Riguarda qualsiasi azienda, di qualunque dimensione e di qualsiasi settore: anche l’artigiano con un solo lavoratore è tenuto a garantire la salute del proprio collaboratore.
Ci sono numerose fonti normative che regolamentano questo aspetto, tra cui obblighi assicurativi, misure preventive e sanzioni specifiche per determinate attività e professioni. Tuttavia, le due norme più importanti da considerare sono l’articolo 32 della Costituzione che protegge il diritto alla salute e l’articolo 2087 del Codice Civile che recita: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Si tratta di una norma generale e “di chiusura”, ossia si applica a tutte le aziende anche dove manca una disposizione specifica.
La sicurezza e la salute dei dipendenti sono fondamentali e vengono garantite da leggi sulle tutele in caso di infortunio o malattia professionale, nonché dal diritto alla conservazione del posto di lavoro. Negli ultimi anni, abbiamo visto un’evoluzione nella protezione dei lavoratori, che ora include casi come il mobbing e l’accumulo di stress lavorativo, considerati in passato solo come comportamenti inappropriati o poco educati.
Ci riferiamo ai casi di mobbing e di straining. Ma qual è la differenza fra i due?
In una recente sentenza (29101/2023), la Corte di Cassazione si è espressa sul caso di un lavoratore che aveva chiesto il risarcimento del danno per aver subito, all’apice dello stress, un attacco cardiaco quale causa dell’iper controllo della sua superiore gerarchica.
La Suprema Corte, riprendendo un proprio precedente, ha ribadito che in questi casi è fondamentale dimostrare che l’atto di straining sul lavoro commesso costituisca una violazione di interessi protetti dei lavoratori, come il diritto all’integrità psicofisica, alla dignità personale e alla partecipazione alla vita sociale e politica.
La reiterazione dei fatti o l’intensità del dolo possono incidere eventualmente sulla quantificazione del risarcimento ma in ogni caso nessuna violazione di interessi costituzionalmente tutelati può essere ignorata o non adeguatamente sanzionata con un risarcimento del danno.
Sì, il datore di lavoro è responsabile anche se i comportamenti che vengono commessi dai propri collaboratori. In altre parole, l’azienda non si può difendere scaricando le colpe esclusivamente sui propri dipendenti. Infatti, l’obbligo di tutelare la salute dei dipendenti comporta anche l’obbligo di monitorare il rispetto delle più elementari norme di convivenza da parte di tutto il personale.
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