La rivincita dei longennial

(foto Shutterstock)

Ammettiamolo: la riscoperta dei cinquantenni è arrivata per mera necessità. Ma ci sta aprendo un mondo sull’importanza della contaminazione

di William Griffini

 

Diciamo le cose come stanno: di norma, dobbiamo far fronte a un problema per intravedere un’opportunità, una soluzione.

Ed è andata così anche per la riscoperta degli ultracinquantenni.

Nel 2020, con il Covid, abbiamo assistito ad una brusca frenata nella ricerca del personale, che fortunatamente è durata solo due mesi. Poi le aziende si sono improvvisamente lanciate in massa su un’intensa attività di hiring.

Probabilmente gli HR sono stati presi dall’ansia di riorganizzare la struttura aziendale in termini di ruoli per rispondere alle nuove esigenze create dalla situazione contingente, che hanno dato vita a nuove modalità lavorative (Smart Working in primis) e alla necessità di accelerare i processi di Digital Transformation. Rimane il fatto che in quel momento la fame di assunzioni era più che evidente.

Inizialmente l’abbiamo gestita proponendo retribuzioni un po’ più alte a persone già sul mercato. Poi anche queste risorse hanno iniziato a scarseggiare. Ed è stato in quel momento che ci siamo trovati in una condizione che da una parte vedeva trentenni tiepidamente interessati alle mansioni da coprire, e dall’altra ultra senior preparati nel loro settore, ma non sufficientemente pronti a padroneggiare i mezzi tecnologici e digitali.

E così abbiamo cercato di ottimizzare le risorse partendo dal presupposto che il valore di una persona debba essere valutato in base alle sue capacità e competenze e non viziato da altri elementi quali età, sesso, etnia…

Il concetto è quello di abbandonare i limiti legati a questi elementi, includendo ogni forma di diversità e facendo tesoro delle competenze.

Per troppo tempo, infatti, gli over 50 sono stati ritenuti non più adatti o attuali, in realtà non è così, non lo è mai stato.

Il valore della contaminazione

La conoscenza è un valore importante e sappiamo che combina due componenti: da un lato la teoria, e qui collochiamo i giovani, dall’altro l’esperienza che si fa sul campo, tipica di figure senior.

I giovani sono freschi di studio, hanno preso master e specializzazioni, ma non hanno esperienza e molto spesso non hanno idea dell’execution…è una questione meramente anagrafica!

I cinquantenni, invece, hanno maturato un’ottima esperienza sul campo, conoscono il mestiere, le situazioni, i problemi che possono emergere, sono motivati e anche disposti ad adattarsi. Sono risorse preziose il cui know-how ed expertise, se correttamente valorizzati, possono essere trasmessi alle nuove leve e costituire un valore aggiunto per tutta l’organizzazione.

Un antico proverbio africano recita “Il giovane cammina più veloce dell’anziano, ma l’anziano conosce la strada”. Ecco, oggi la sfida è quella di riuscire a far tesoro dell’esperienza dei meno giovani e a far “camminare” insieme le diverse generazioni nell’ottica di una collaborazione aperta e rispettosa, proficua per tutti. La chiave di volta per costruire qualcosa di veramente potente e innovativo.

A tal proposito l’attività di mentoring è un’ottima chance per offrire stimoli alle risorse più senior e valorizzarne know-how ed expertise e contemporaneamente dare ai più giovani la possibilità di ricevere un eccellente training sul campo. 

In questo modo si crea un team perfetto, equilibrato che si completa. Una bella riscoperta, che ora sta avendo dei benefici molto importanti sull’organizzazione del lavoro.

 

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