Curiosità e capacità di ascolto. Le doti HR secondo Laura Bruno

Curiosità e capacità di ascolto. Le doti HR secondo Laura Bruno
(In foto: Laura Bruno, Head HR Sanofi Italia)

Saper ascoltare le persone e avere curiosità per il proprio lavoro. La storia di Laura Bruno, Head HR di Sanofi Italia, accende i riflettori sulle doti umane e sulle competenze da mettere in campo nella gestione HR

Laureata all’Università Bocconi, un master in General Management all’ISTUD Business School, uno in Corporate Coaching allo SCOA, The School of Coaching, e la certificazione ‘Ready to board women certificate’ nella community Valore D, dedicata ai temi della diversity e dell’inclusione. Il percorso formativo di Laura Bruno è costellato di elementi che l’hanno condotta a occuparsi, passo dopo passo, della gestione e direzione di tutti gli aspetti che riguardano le risorse umane. Oggi è Head HR di Sanofi Italia, e presidente di ISSIM, Istituto per il Servizio Sociale nell’Impresa.

 Laura Bruno, ci racconti il suo percorso professionale.

«Tra le diverse esperienze lavorative che ho alle spalle, ho rivestito il ruolo di HR Director per Hewlett Packard, quello di HR Director Italia e Sud Europa per Amgen, e di HR Group Director per Bracco Imaging. Nel 2010 sono arrivata in Sanofi, dove oggi mi occupo della gestione delle HR, con tanta passione e voglia di affrontare le nuove sfide che ci attendono».

 Quali motivazioni l’hanno condotta a intraprendere una carriera nelle Human Resources?

«Credo che alla base di tutto il mio percorso ci sia il mio interesse verso le persone, presente fin da quando ero ragazza. Questa passione per le risorse umane mi ha portata, un po’ alla volta, a scegliere percorsi formativi sempre più orientati all’ambito della gestione HR. Credo che gli HR manager abbiano una visione ampia dei contesti aziendali, e che siano figure di intermediazione tra dipendenti e collaboratori, e dirigenza, e questo mi appassiona molto».

 Quali sono le doti principali che deve avere chi si occupa di risorse umane?

«Per svolgere al meglio questo ruolo, a mio avviso sono necessarie tre cose fondamentali: la curiosità verso l’attività di business dell’azienda, e la voglia di comprenderne le logiche; essere predisposti ad un ascolto profondo delle persone, e saper svolgere un ruolo di coach nei confronti del manager di riferimento. Chiaramente, è necessario avere una buona dose di empatia, sensibilità e fermezza allo stesso tempo, per accogliere il sentiment delle risorse umane, senza dimenticare gli obiettivi da raggiungere».

 Cosa sta realizzando Sanofi sul versante del benessere aziendale, anche rispetto alla situazione determinata dalla pandemia?

«Anche considerando la complessità della situazione, determinata dall’emergenza sanitaria in atto, abbiamo potenziato diverse attività a sostegno delle risorse umane. Penso agli assistenti sociali presenti in azienda, che possono rappresentare un punto di riferimento per dipendenti e collaboratori in difficoltà, o ai gruppi di ascolto alle persone, o ancora alle iniziative che abbiamo messo in moto sul tema del benessere alimentare durante il Covid, consolidato dall’aggiunta delle lezioni di ginnastica posturale. Sempre in concomitanza con la situazione Covid-19, abbiamo trasformato il campus estivo destinato ai figli dei dipendenti, in attività psico pedagogica per sostenerli in questo difficile momento. Ma non solo: siamo particolarmente fieri dell’accordo sullo smart working strutturale, che rientra nel nostro piano di welfare, e dà la possibilità a tutti di lavorare da casa fino a 5 giorni tutte le settimane, con l’opportunità di organizzarsi per venire in ufficio».

Cosa stabilisce questo accordo? Cosa cambia nella vita dei lavoratori?

«Abbiamo definito un galateo sull’orario di lavoro, per evitare che le persone stiano connesse tutto il giorno, stabilendo un business time che va dalle 9 alle 18. Sempre in questo contesto, abbiamo eliminato il sistema dei permessi e il lavoro straordinario: le persone devono essere in grado di organizzarsi la giornata in piena autonomia. Sempre cercando di andare incontro alle nuove esigenze determinate dallo smart working, consegniamo a dipendenti e collaboratori dei buoni spesa con cui possono acquistare strumentazione utile a migliorare il lavoro da remoto, come una doppia tastiera per il pc da avere a casa e in ufficio, e una sedia ergonomica da utilizzare in smart working, qualora ve ne sia la necessità».

Che importanza rivestono la parità di genere, il rispetto della diversity e l’inclusione nella crescita delle aziende, e come incidono nella costruzione di un employer branding efficace?

«Nel 1990 mi concentrai su una tesi sulla managerialità al femminile: la parità di genere e il rispetto della diversity sono elementi fondamentali per uno sviluppo vero delle aziende. In Sanofi il 45% del personale è rappresentato da donne, compresi i ruoli manageriali, e su questo versante siamo molto avanti. Riguardo all’inclusione, anche di persone con disabilità, è importante considerare sempre che più siamo diversi, più siamo ricchi. C’è molta attenzione su questo tema, in generale, nelle aziende, e vi è una buona sensibilità, ma c’è da fare di più, perché manca il supporto delle infrastrutture».

 Quali consigli darebbe a chi si trova all’inizio (o in un momento di svolta) del proprio percorso professionale, in particolare alle donne? Quali caratteristiche e competenze portano a un percorso di carriera vincente?

«La voglia di imparare, fare esperienze diversificate anche all’interno della propria azienda, avere curiosità, voglia di cambiamento e, non ultimo, pensare in un’ottica lavorativa e culturale che sia internazionale. Questo è un aspetto più facile da trovare nei giovani, rispetto ai senior, ma sono convinta che sarà una trasformazione importante anche per loro».

 L’emergenza Covid ha aperto la strada a una maggiore flessibilità dei tempi di lavoro e alla possibilità di utilizzare lo smart working. In che modo questa ‘new normality’ potrebbe cambiare il rapporto con le HR?

«L’emergenza sanitaria ha soltanto accelerato un processo già in atto. Il benessere aziendale e la gestione dei tempi di vita e lavoro erano già temi di discussione e confronto. Durante il Covid molte aziende hanno ritrovato il significato di rapportarsi con i dipendenti e collaboratori, in una dimensione più umana. Stiamo andando sempre di più verso un mondo del lavoro agile, dove il principio di base è avere fiducia nei dipendenti, e in cui non è più importante tanto il rapporto tra retribuzione e tempo lavorativo, ma piuttosto si guarda al raggiungimento dei risultati».

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