L’HR diventa business player. Massimo Bottacin, SVP HR & Organizational Development STIGA

Massimo Bottacin, SVP HR & Organizational Development STIGA
(In foto Massimo Bottacin, SVP HR & Organizational Development STIGA)

La funzione dell’HR sta cambiando e si avvicina sempre di più all’area business delle aziende. L’esperienza di Massimo Bottacin, una lunga storia in ambito HR

La carriera di Massimo Bottacin è fatta di grandi cambiamenti e grandi sfide. Laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Ferrara, ha iniziato il suo percorso lavorativo in Electrolux come HR Generalist, per poi approdare a Ideal Standard, dove ha svolto la funzione di Plant HR Manager, affrontando all’età di soli 30 anni una complessa ristrutturazione aziendale e dove ha iniziato a far propria la cultura del “target del risultato”.  L’esperienza lo ha portato, successivamente, a un nuovo percorso in Permasteelisa S.p.a., un colosso dell’ engineering applicato all’edilizia dove è stato Italy, UK, Eire & Croatia HR Director, L’ultimo passaggio lo vede protagonista in STIGA, dove attualmente ricopre il ruolo di SVP HR & Organizational Development.

Com’è iniziata la sua passione per l’ambito HR?

«Non mi considero un predestinato. Nel periodo precedente all’Università non avevo un’idea chiara su quale sarebbe stata la mia professione. Ho deciso, quasi per esclusione verso altre scelte, di iscrivermi alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Ferrara, e per aiutare mia madre nel mantenimento dei miei studi, rimasta vedova quando avevo 11 anni, ho iniziato a dedicarmi al mestiere del cronista, collaborando con alcune radio e quotidiani locali di Portogruaro, mia città d’origine. Per alcuni anni ho seguito per i quotidiani il calcio dilettantistico, fino a maturare la consapevolezza che quello non avrebbe potuto essere il mio futuro, perché insostenibile da un punto di vista retributivo. Di fatto, mi sento un “animale sociale”, amo stare in compagnia delle persone e sono sempre stato circondato da amici. Credo che questa caratteristica abbia avuto, in qualche modo, un peso nel momento in cui ho scelto di entrare in Electrolux grazie a uno stage, iniziando ad approcciare al mondo HR in una direzione risorse umane che gestiva 250 persone di diversi dipartimenti».

Ci racconti il suo percorso professionale. Quali sono stati i passaggi cruciali?

«In Electrolux mi sono avvicinato a una dimensione internazionale, e questo ha segnato i passi successivi della mia carriera e del mio sviluppo personale. Ho iniziato a occuparmi dell’assistenza agli espatriati. Il mio compito era quello di supportare i lavoratori stranieri che arrivavano da Brasile, Inghilterra, Usa, Canada, Argentina e altri Paesi, nei tanti aspetti relativi alla loro integrazione in Italia. Un ruolo molto operativo, dato che li aiutavo a trovare casa, ad attivare le utenze, ad aprire un conto corrente, ma fondamentale in quanto mi ha consentito di entrare in contatto con culture diverse. Sempre in Electrolux ho iniziato a occuparmi anche di recruitment, relazioni sindacali e contenzioso interno, fino ad appassionarmi del tutto alla professione».

In Ideal Standard e Permasteelisa che aspetti HR ha toccato?

«Nel primo caso mi sono trovato a gestire una ristrutturazione dell’azienda molto complessa, con uno stabilimento che presentava grosse criticità gestionali, e in una realtà dove il 54% del costo del prodotto era derivante dalla manodopera. È stata un’esperienza molto forte per me, era un’azienda di stampo americano con una cultura fortemente orientata al risultato ed al cambiamento, e mi ha portato a interiorizzare anche l’importanza del raggiungimento dei target nonché quella del saper cambiare rapidamente. Qui il mio ruolo di HR si è avvicinato al business, alla necessità di immergersi in quest’ambito, partecipando anche alla definizione dei target del business. In Permasteelisa mi sono confrontato da subito ad un grande progetto di rilancio, ricostruendo tutti i processi HR, in una realtà con oltre 900 dipendenti».

In che modo la figura dell’HR può supportare l’economia sostenibile?

«Oltre a tutto ciò che riguarda le politiche tese a migliorare il wellbeing, l’inclusione di persone di diverse culture, il positivo rapporto con tutte le istituzioni locali e di riferimento, anche le dinamiche delle ristrutturazioni possono essere rivelatrici di quanto l’HR sia fondamentale in un’ottica di sostenibilità economica. Ogni operazione che porta a un ridimensionamento del personale può essere condotta tenendo ben presenti gli effetti sociali della ristrutturazione. Si tratta senz’altro di operazioni complesse, ma in grado spesso di salvare le aziende, e di creare per esse nuove opportunità di sviluppo, compresa la possibilità, una volta rilanciato il business, di creare nuove occasioni di occupazione per le persone del territorio. Ma non solo: ad esempio, in Stiga abbiamo deciso di allocare qui in Italia la produzione di un robot tagliaerba progettato, realizzato e prodotto interamente nel nostro Paese, da un team composto per il 95% da italiani. Anche questo approccio è significativo e, insieme alla elettrificazione del prodotto che ci vede in prima fila, va nella direzione di un’economia che guardi al contesto in cui è inserita, e contribuisca sempre più alla sostenibilità anche ambientale».

Che caratteristiche sono necessarie, a suo avviso, per svolgere al meglio il ruolo di HR?

«Credo che sia indispensabile avere una buona empatia, una capacità di ascolto attivo, e un’ottima capacità di comunicazione. Nelle funzioni HR più manageriali, è necessaria anche una buona dose di assertività, ma altrettanto necessarie sono la curiosità nei confronti delle persone e per il business aziendale. Oggi un HR deve saper leggere e dominare i numeri, interpretare scenari macroeconomici, dialogare con i colleghi executive, sviluppare una visione strategica e partecipare attivamente alla realizzazione dei business plan».

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