Lavorare sulla “energy leadership” per creare un ambiente di lavoro stimolante e produttivo, e impegnarsi contro la disparità di genere al lavoro
Il tema della leadership è focale in ogni azienda, soprattutto quando questa è chiamata a essere portatrice di cambiamento e innovazione.
Comprendere come migliorare a partire da se stessi, per creare un ambiente lavorativo sano e costruttivo, dove le persone si recano volentieri e impegnano bene le proprie energie, è diventato un aspetto decisivo per la crescita aziendale, specialmente in un periodo storico in cui i dati evidenziano l’alto tasso di frustrazione e scollamento dei lavoratori europei – e italiani soprattutto – nei confronti del proprio impiego.
Altrettanto necessario, per ogni leader o aspirante tale, è ragionare sul problema della disparità di genere sul posto di lavoro che continua a rappresentare un problema radicato e un ostacolo grave in moltissime aziende. Perché cambiare, anche in questo senso, è non solo possibile ma rappresenta un volano formidabile per la crescita di ogni realtà lavorativa e produttiva.
Guidare il cambiamento partendo dalla leadership è stato l’argomento di uno dei panel della seconda edizione di IMPACT2030, il grande evento sul lavoro che cambia di laborability. Su questo tema cruciale sono intervenuti:
Con l’intervento di Lorenza Pellegri, co-founder e ceo di Leadagious, ci siamo addentrati in un ambito decisamente affascinante: l’impatto che la nostra energia ha sull’ambiente lavorativo.
“Mediamente in una riunione di lavoro 4 persone su 6 non stanno bene. Non sono io a dare i numeri ma Gallup, in una ricerca sulla popolazione lavorativa europea”, ha introdotto il discorso Pellegri, “In Italia, paese al 41° posto in Europa per indice di felicità, le cose stanno ancora peggio ed è probabile che in quella riunione le persone che non stanno bene siano anche 5”.
Tornando ai dati, il 72% dei lavoratori europei è apatico, il 15% ostile. In tutto fa l’87%.
“Siamo nel bel mezzo di quel fenomeno che Bruce D. Schneider già 20 anni fa ha definito epidemia catabolica. In biologia molecolare, quella catabolica è una reazione che porta da molecole complesse a molecole più semplici. In pratica la reazione catabolica stringe, divide, chiude, distrugge, mentre all’opposto una reazione di tipo anabolica apre, unisce, allarga, costruisce.
Tutti noi sprigioniamo energia e non possiamo farne a meno. Domandiamoci che tipo di energia sprigioniamo: costruttiva o distruttiva? Secondo i dati, l’87% sprigiona energia catabolica. Tutta questa gente è triste, si sente impotente, inadeguata, incapace di avere un impatto, è conflittuale, è polemica, vede solo problemi e non opportunità, quindi semina disagio, fastidio, pessimismo e zizzania”.
Ma esiste una cura per questa malattia? “Sì, si chiama Energy Leadership e l’ha individuata lo stesso Schneider. Dice fondamentalmente di prendere l’idea di leadership che conosciamo e buttarla via. Invece di associare questo concetto a qualcosa che viene da fuori o legato a una vocazione interna di certi eletti, per l’Energy Leadership bisogna associarlo a qualcosa che viene sì da dentro ma che appartiene a tutti. E cioè l’energia.
Tutti noi ne sprigioniamo. Quindi non ha senso chiedersi se siamo o non siamo leader. Siamo sempre tutti leader, anche inconsapevolmente. Ha più senso chiedersi che tipo di leader siamo. O meglio ancora, che tipo di leader vogliamo essere? Catabolici o anabolici, distruttivi o costruttivi?
Se la terapia è l’Energy Leadership, allora l’E.L.I. (Energy Leadership Index) è il termometro. È stato inserito da Forbes nella top 3 degli strumenti a disposizione di leader e aspiranti leader, ed è un mezzo potente di rilevazione, perché misura la qualità della nostra energia”.
“Leadagious – crasi di ‘leadership is contagious’ – è la prima leadership farm aperta a tutti, per cambiare idee e persone lavorando sulla qualità della propria energia. L’Energy Leadership ha 25 anni di storia e ricerca, è una cosa seria anche se può sembrare materia per fricchettoni. E offre effetti esponenziali per le persone che decidono di investire sulla propria energia, attraverso un percorso di leadership coaching.
È possibile perché la leadership associata solo al carisma è statica, non smuove niente e nessuno. Ma non appena la associamo all’energia diventa dinamica e contagiosa. Se ci prendiamo la responsabilità di essere costruttivi spingiamo tutti gli altri a fare la stessa cosa. L’epidemia catabolica può così cambiare direzione, diventando anabolica. Assumiamoci la responsabilità dell’energia che portiamo in ogni stanza in cui entriamo”.
Fondazione Libellula ha spostato l’accento sul tema della disparità di genere con un intervento molto apprezzato, perché è stato insieme occasione di approfondimento ed esperimento sul pubblico.
Flavia Brevi, capa della comunicazione, e Giuseppe Di Rienzo, direttore generale, l’hanno rivelato solo alla fine della loro esposizione ma alla gran parte dei presenti sono balzate subito all’orecchio alcune frasi poco coerenti.
“Con me c’è Flavia, la ragazza della comunicazione di Fondazione Libellula”, ha detto con apparente tranquillità Di Rienzo, appena avuta la parola, prima di addentrarsi nel cuore del discorso.
“Ci proponiamo di contrastare la disparità di genere a partire dai luoghi di lavoro. Con una prospettiva particolare. Perché il posto di lavoro può essere luogo di cura, dove poter trovare ascolto e orientamento qualora ci si trovi in una situazione di violenza o difficoltà fuori dall’ambiente lavorativo, ma anche luoghi dove si giocano situazioni di potere. E lì si può creare spazio per molestie e discriminazione”.
Partendo da una frase di Katharine Whitehorn, la prima donna ad avere una rubrica su The Observer e a diventare rettrice universitaria in Scozia, Brevi ha proposto un ragionamento sulla contestualizzazione del linguaggio.
“Whitehorn, nata nel 1928, dicendo che un party in ufficio è ‘l’occasione della ragazza del caffè di baciare il direttore’, intendeva che in un’azienda di quell’epoca l’unica leva per scalare la piramide per la donna era la seduzione. Lei fu una delle prime a sfondare soffitto di cristallo. Ci illustra il pensiero dell’epoca ma chiaramente la frase è sbagliata sia a livello di contenuto che nella forma.
Questo ci dice che il linguaggio è importante e che fra direttore e ragazza c’è uno squilibrio di potere. Ed è lo stesso linguaggio che depotenzia e squalifica le donne sul posto di lavoro.
Fondazione Libellula ha condotto uno studio tra 2023 e 2024, sentendo 11.201 donne: 6 donne su 10 non vengono chiamate con il titolo professionale ma signora, signorina, ragazza. Ma il dato che ci ha toccato di più è che il 40% delle donne ha subito contatti fisici indesiderati al lavoro. Ora che lo sappiamo non possiamo restare indifferenti, assumersi la responsabilità anche se non l’abbiamo agita noi questa violenza. Ti Tocca è il titolo dell’ebook scaricabile gratuitamente dal sito di Libellula, e si riferisce sia ai contatti indesiderati sia al compito degli uomini di prendere coscienza di questa situazione”.
Ma qual è l’identikit della donna vittima di molestie al lavoro? Si penserebbe a una giovane, magari alle prime armi e in basso nella gerarchia aziendale, come la ragazza del caffè di Whitehorn.
“In realtà più alta è la posizione più si alza la percentuale di donne che hanno subito episodi indesiderati. Per le dirigenti si sale al 47%, per le imprenditrici addirittura al 54%”, ha rimarcato Brevi, “Significa che un’imprenditrice su due ha subito una toccata indesiderata sul posto di lavoro”.
E qui è scattato il secondo campanello d’allarme/tranello dei relatori.
“Scusa Flavia, questo lo spiego io…”, è intervenuto Di Rienzo, interrompendo la collega per riproporre il concetto aggiungendo alcuni dati.
“Ci siamo interrogati sul perché? E una delle risposte è che queste donne stanno ricevendo più molestie proprio per il ruolo che occupano, che storicamente non era loro”, ha ripreso Brevi, “Sul posto di lavoro essere considerata prima donna che lavoratrice significa essere considerata meno brava.
E i dati dicono che 1 donna su 2 ha sentito sul lavoro che le donne sono meno competenti o non hanno qualità da leader. Quindi non è solo fisica la violenza che una donna subisce ma ci sono tanti tipi di discriminazione. Ad esempio, avete notato qualcosa di strano mentre parlavamo?”
Dalla platea, che ha dimostrato attenzione e sensibilità al tema, è arrivata in modo chiaro risposta affermativa.
“Per fortuna”, ha sottolineato Di Rienzo, “Mi sono anche interrogato a volte, perché può capitare di parlare così senza pensarci: userei lo stesso linguaggio con un collega uomo?”
“Quello che avete visto era tutto organizzato. Non sempre ce ne accorgiamo, soprattutto delle discriminazioni più piccole. La buona notizia è che possiamo cambiare. L’innovazione è anche sociale: così come si fanno gli aggiornamenti tecnici di sistema anche la società si rinnova e cambia linguaggio, formandosi e decostruendo gli stereotipi per avere relazioni sempre più autentiche.
“Rendiamo le aziende luoghi sicuri. Come per la normativa anti-incendio, devo sapere cosa devo fare in caso di molestie in azienda, con norme precise condivise con tutti, non solo se le ho subite ma anche se ho assistito a qualche episodio. E come siamo intervenuti in due su questo palco, siamo convinti che questa tematica vada affrontata insieme, uomini e donne”.