L’agenzia di comunicazione bolognese ha messo a sistema un nuovo modello organizzativo agile, flessibile ed efficiente, che sposta l’attenzione sulle risorse umane e sui risultati raggiunti
Quarant’anni di business “smaterializzati” in pochi mesi: l’agenzia di comunicazione Life – Independent Thinking, che ha sede a Bologna e vanta clienti come Granarolo, Sojasun e Roadhouse, ha detto addio per sempre alla sua sede fisica in favore dello smart working totale, senza scadenza. Un passo reso obbligato dalla pandemia e che ha richiesto una gestazione piuttosto complessa, in cui ora l’ad Alberto Tivoli vede soprattutto opportunità. A partire dal fatto di poter assumere con facilità le migliori risorse umane, ovunque abbiano la residenza.
Il primo step, per Life, è stato ripensare gli spazi: poco prima della pandemia l’azienda aveva acquistato un terreno su cui edificare la nuova sede, che deve ancora vedere la luce. Nel frattempo c’è stato il Covid-19, il lockdown, il mondo si è fermato per molti mesi. E molte agenzie che lavorano nel mondo della comunicazione, anche tre le più affermate, hanno dovuto affrontare una crisi profonda. Non fa eccezione Life, che ha scelto di chiudere la sede storica per sempre. Fortunatamente, per quanto riguarda la nuova, i lavori non erano ancora partiti. Così Tivoli ha fatto tabula rasa del vecchio progetto, per dare spazio al nuovo. La nuova sede avrà un grande hub per il co-working e una foresteria per i collaboratori che non risiedono a Bologna.
Il passaggio ad uno stile di lavoro così diverso da quello tradizionale ha richiesto molto lavoro, da ogni punto di vista. Prima di tutto, in azienda ci sono stati lunghi colloqui individuali con tutti i cinquanta dipendenti, per spiegare loro il piano e individuare contratti personalizzati, dando forma giuridica ad una nuova concezione del lavoro. Un processo per cui Life si è avvalsa della consulenza dello studio legale Stefanelli&Stefanelli e dello studio di consulenza del lavoro Stelitano&Associati. I lavoratori erano tutti dipendenti e lo rimarranno. Nessuno passerà ad un contratto che garantisca meno tutele, ma a cambiare radicalmente sarà il loro modo di lavorare. Parliamo di flessibilità totale per quanto riguarda il luogo di lavoro, ma anche il numero di ore lavorate: quello che conta sono solo gli obiettivi raggiunti. Il cambio di marcia, quindi, ha richiesto di normare non le modalità di controllo dei dipendenti, ma quelle di verifica dei risultati.
Questa nuova organizzazione del lavoro ha richiesto, com’è ovvio che sia, una lunga gestazione. Che ha permesso di mettere a sistema «un nuovo modello organizzativo agile, flessibile ed efficiente che mette al primo posto il valore aggiunto che ciascuna risorsa può portare all’azienda, la responsabilità, lo spirito di squadra e gli obiettivi». Si è reso necessario adeguare i contratti, le assicurazioni, gli strumenti di controllo sul lavoro svolto. Ma in Life non hanno dubbi sulla bontà della scelta fatta. L’amministratore delegato, Alberto Tivoli, ha ribadito in più occasioni che il cambiamento sarà soprattutto un’opportunità. A partire dal fronte delle risorse umane: il fatto di non essere ancorati alla sede fisica permette di lavorare con persone da ogni parte d’Italia e del mondo, e questo è un grande vantaggio per chi ambisce ad attirare giovani talenti.