L’architetto diventa anche psicologo, e così l’interior designer. Le neuroscienze irrompono nell’arredamento, conquistando un peso destinato a crescere.
L’architetto diventa anche psicologo: lo studio delle neuroscienze va trovando sempre più applicazioni, tra cui anche nell’ambito dell’architettura e dell’interior design. Negli ultimi anni sono nati corsi universitari dedicati a questo settore specifico, che apre le porte ad una professione del tutto nuova e, dicono gli esperti, in via di espansione.
Vista la nuova esigenza, gli atenei si sono velocemente adeguati proponendo corsi ad hoc e seminari di approfondimento. All’università di Padova, ad esempio, è nato il master in Psicologia Architettonica e del Paesaggio, dove si approfondisce l’interazione tra l’individuo e il suo ambiente. Il corso propone un’idea di progettazione ambientale che tiene conto delle caratteristiche cognitive, affettive, comportamentali e motivazionali degli utenti. Forma professionisti in grado di agire in diversi contesti (residenziale, urbano, lavorativo, di apprendimento, di cura e di svago), e di verificare l’efficacia degli interventi. Similmente, allo Iuav di Venezia c’è il master internazionale Naad di Architettura e Neuroscienze.
La teoria poggia su solide basi scientifiche, approfondite dalla così detta “Psicologia architettonica” o “Psicologia ambientale”. Nata negli anni Sessanta, la disciplina ha adottato fin dall’inizio un approccio fortemente interdisciplinare ed un metodo empirico. È esperienza comune, ad esempio, il fatto che l’ambiente in cui viviamo condiziona il nostro modo di essere e di agire. Se è piacevole e favorisce il nostro benessere tendiamo a ricercarlo, soprattutto se siamo stanchi o stressati. Ma non solo: tendiamo anche ad averne cura. Se invece, al contrario, un luogo si presenta non accogliente, magari sporco e degradato, anche le persone tendono a comportarsi in maniera meno rispettosa. La Psicologia ambientale studia questi fenomeni con approccio scientifico, sviluppando teorie e modelli esplicativi. Ad oggi si tratta ancora di una disciplina sperimentale. Tuttavia in futuro potrebbe trovare ampia applicazione, in particolare grazie a fenomeni emergenti. Tra questi: l’invecchiamento progressivo delle società occidentali, l’aumentare del “nomadismo” per ragioni lavorative, i nuovi stili di vita. Ma anche l’immigrazione e l’integrazione, la riqualificazione delle periferie e la complessità degli edifici in cui ci muoviamo.
Nel mondo dell’arredamento, intanto, c’è chi si sta già avvalendo nel proprio staff anche di validi psicologi. È il caso ad esempio di Visioninterne, studio di interior design che ha declinato la psicologia ambientale in chiave digitale. Lo studio realizza infatti progetti in “realtà virtuale immersiva”, proprio per garantire al cliente la certezza di ritrovarsi alla fine con le chiavi in mano nel proprio spazio «antropocentrico». Consulente di Visioninterne sul tema è Alessandra Micalizzi, psicologa con un dottorato in Comunicazione e nuove tecnologie, internal lecturer al Sae Institute di Milano e docente presso l’Istituto europeo di design (Ied). Il cliente entra in negozio, mette un visore e inizia a sperimentare che effetto va vedere la propria casa che si evolve. Può cambiare colori, stanze, dettagli costruttivi. E poi sceglie, va da sé, non solo in base al gusto ma anche all’emozione.