La fiducia premia più del controllo. Le nuove sfide? Formazione e aggiornamento tecnologico. Ne parliamo con Luciano Sale, Direttore Personale Tim
Ora che abbiamo conquistato una new normality le aziende, e a maggior ragione le più grandi, si interrogano su come far tesoro di quanto imparato, guardando al futuro. Tim ha saputo fronteggiare l’emergenza garantendo un servizio essenziale, con 36mila dipendenti impegnati da remoto. Luciano Sale, Direttore Personale, Organizzazione e Real Estate Tim racconta l’esperienza e le prospettive future ad Agenda 2030 “Viaggio nel lavoro che cambia”. L’appuntamento, giunto alla sua terza edizione, è promosso da WI LEGAL (uno tra i maggiori studi di diritto del lavoro) e SHR ITALIA, una delle più importanti società che si occupano di informazione, formazione e ricerca sui temi giuridici che interessano il mondo del lavoro.
Tutti i nuovi modelli organizzativi si basano sul concetto di flessibilità, che nel mondo del lavoro si declina su più fronti. «La fiducia» spiega Sale «non si realizza senza un rapporto leale, onesto e trasparente con le persone. La principale lezione che come HR, o semplicemente come manager, abbiamo ricevuto dal lavoro emergenziale è che quando si dice che le persone sono il primo grande valore di un’azienda non si recita uno slogan scontato o populista. È una una grande verità. Creatività, coraggio, senso di responsabilità, competenze tecniche e sociali di chi lavora con noi sono risorse insostituibili, in grado di far funzionare le cose anche nei momenti di maggiore difficoltà. Le persone sono l’ingrediente che, durante la pandemia, ha fatto la differenza nelle aziende».
«Anche grazie a questa esperienza noi tutti abbiamo imparato, e quindi ricordiamo, il valore della fiducia. Se la accordiamo alle nostre persone, se le lasciamo lavorare in autonomia, questo genera impegno ed entusiasmo, voglia di fare bene le cose. La sindrome del controllo, dell’orario, del luogo e anche del ritmo è proprio figlia di un altro contesto industriale, non più adatta ad un mondo sempre più digital e flessibile. Nella nostra esperienza, in Tim, la flessibilità ha generato coraggio, responsabilità, anche presenza. E tutti l’hanno accolta con grande entusiasmo, perché ha migliorato la loro vita personale».
«Il digitale» continua Luciano Sale, «ha avuto nell’ultimo periodo una grande accelerazione e ha inciso fortemente nella creazione di nuovi modelli di lavoro. Sono diminuiti, per tutti, gli spostamenti casa ufficio o tra un ufficio e l’altro, si viaggia meno per lavoro, abbiamo ormai superato la necessità della documentazione cartacea. Anche i clienti si sposteranno di meno, potendo usufruire di molti servizi tramite la tecnologia digitale. Io penso che l’impatto di questa trasformazione sull’ambiente, sulla vivibilità delle città e sulla qualità della vita di ognuno di noi sarà molto positivo. Vedo però due grandi ostacoli, entrambi superabili. Il primo è l’ingente investimento in tecnologia che è necessario affrontare. Riguarda ovviamente il Paese, ma anche le singole aziende, e le famiglie, chiamate ad adottare strumenti che permettono a tutti di sfruttare l’economia digitale».
Il secondo ostacolo, secondo Sale, riguarda la formazione. «L’emergenza» spiega il Direttore del Personale di Tim, «ci ha insegnato che non è mai troppo tardi per imparare. La maratona digitale dell’ultimo periodo ha rotto la barriera culturale, avvicinando molti cittadini a nuove forme di comunicazione. L’età anagrafica può rallentare l’apprendimento o richiedere approcci in parte diversi, ma non impedisce processi di cambiamento e di apprendimento. I protagonisti dei nuovi modelli organizzativi, dei nuovi mestieri digitali e dell’evoluzione tecnologica non sono e non devono essere solo i più giovani. Per questo anche la scuola e la politica devono incentivare la formazione su questi temi».
«Le riforme sulle pensioni hanno allungato la vita lavorativa di tutti noi, portando in primo piano la necessità di focalizzarsi sul longevity management. È, questo, uno sforzo necessario per sollecitare in tutte le persone quella motivazione personale e quel livello di aggiornamento professionale e digitale che permettono di cambiare lavoro molte volte nella vita. Anche dopo i 55 o i 60 anni. Solo così sarà possibile non rimanere ai margini dell’organizzazione e avere un lavoro di qualità, a prescindere dall’età».
Il cambiamento, in Tim, l’hanno vissuto e affrontato con spirito positivo. Durante l’emergenza, l’azienda ha continuato a lavorare per fornire al Paese la connessione di cui aveva bisogno. E lo ha fatto facendo lavorare da remoto 36mila persone del gruppo. «Nel periodo più complesso della pandemia» prosegue Sale, «abbiamo affinato il nostro modello di smart workingÈ una nuova modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, introdotta dalla l. 81/2017 e caratterizzata dall’assenza di precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro per il dipendente. More, ridefinendo l’alternanza di giornate in sede a lavoro da remoto. Tutto oggi è cambiato, non solo la flessibilità degli orari ma anche gli spazi lavoro, che sono diventati più ampi, luminosi e pensati per la condivisione e lo scambio. Abbiamo delle aree dedicate al gioco, alle pause e alla convivialità. Ma il fatto che siamo noi ad adottare nuovi modelli di lavoro non basta».
«Oggi il ruolo delle parti sociali è cruciale. Devono guidare questa nuova rivoluzione industriale. L’invecchiamento progressivo della forza lavoro e la conseguente esigenza di interventi di riconversione e di strumenti che consentano di non bloccare il ricambio professionale e generazionale. Sono questi, a mio avviso, i principali temi che il mondo del lavoro deve affrontare nel prossimo futuro. Temi sui quali l’esigenza di lavorare in sinergia tra Governo, parti sociali e aziende non è solo auspicabile ma assolutamente imprescindibile. Strumenti nuovi, come il contratto di espansione e il fondo nuove competenze si stanno dimostrando molto utili per la riconversione e il remix professionale. Sono un primo importante passo, ma il post pandemia sollecita nuove riforme strutturali, che accelerino il ricambio generazionale. Io credo nel valore della collaborazione tra le parti sociali, sempre. Ma è nei momenti di difficoltà, nelle fasi di profonda innovazione che questa collaborazione con parti sociali, a mio avviso, è determinante».