Come il welfare aiuta a ottenere la certificazione di genere

Famiglia felice

Le iniziative a favore del wellbeing e del work life balance impattano positivamente sulla produttività, e sono utili nel percorso di certificazione

La parità di genere, in Italia, è ancora lontana: ce lo dice la sensibilità di ognuno e lo certificano numerosi studi di settore, che vedono spesso l’Italia nelle ultime posizioni della classifica. 

Eppure lavorare per l’inclusione delle donne e per il wellbeing di tutti i lavoratori conviene: non solo perché queste iniziative hanno un riflesso positivo sulla produttività, ma anche perché il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha tra le sue priorità strategiche proprio il contrasto alle disuguaglianze di genere

In particolare, lo scorso anno è stata introdotta la certificazione della parità di genere, che comporta anche delle premialità per le aziende virtuose che superano l’audit. Vediamo in che modo le azioni di work life balance possono facilitare il superamento del gender gap e l’ottenimento della certificazione

Conciliazione: un obiettivo difficile

Partiamo da un dato su tutti: il nostro Paese è fermo al 63esimo posto su 146 nel Global Gender Gap Index del World Economic Forum. I tassi di occupazione di uomini e donne continuano a restare distanti (solo una donna su due lavora). Un divario che si amplia quando si parla di padri e madri: oltre 52mila genitori hanno dato le dimissioni nel 2021, di cui il 72% sono mamme (dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro). 

All’origine delle dimissioni c’è la difficoltà a conciliare vita privata e professionale, che riguarda soprattutto i dipendenti con figli e che è legata ad aspetti radicati nella nostra cultura. 

Secondo i dati dell’Osservatorio vita-lavoro di Lifeed (la società di Education technology che attraverso la sua piattaforma digitale trasforma le esperienze di vita in competenze professionali) risulta ancora alta la percentuale di padri che non si considerano “visti” sul luogo di lavoro, pari al 57%

Dall’analisi è emerso inoltre che l’80% delle madri sente di mettere i propri bisogni e desideri sempre al secondo posto, poiché il tempo per sé è vissuto con conflittualità e senso di colpa. 

I caregiver (cioè le persone che si prendono cura di un loro caro) rappresentano in media il 73% dei dipendenti, secondo una ricerca dell’Harvard Business University, eppure si possono considerare un ‘mondo sommerso’ e poco visibile all’interno delle aziende: basti pensare che solo l’8% di loro si identifica in questo ruolo.

Le iniziative di welfare utili per la certificazione

Alla luce di questi dati, come possono muoversi le aziende che intendono intraprendere il percorso verso la certificazione della parità di genere

L’adozione di piani di welfare declinati in ottica di work life balance e wellbeing va in questa direzione e si rivela strategica per le imprese che vogliono ottenere la certificazione di parità di genere.

Infatti la presenza di policy aziendali a sostegno della genitorialità e della conciliazione vita-lavoro è oggetto di misurazione dell’indicatore Tutela della genitorialità e la conciliazione vita-lavoro”. 

La valorizzazione dei ruoli di cura in azienda

Il riconoscimento di misure a sostegno della genitorialità e della conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro rappresenta quindi un punto fondamentale nel processo di certificazione della parità di genere. 

Inoltre, le organizzazioni possono trarre vantaggio dalla valorizzazione delle competenze allenate dalle persone nei propri ruoli di vita. Ciò favorisce il benessere e l’engagement dei dipendenti, contribuendo alla creazione di una cultura inclusiva.

Le competenze delle madri

I risultati dei percorsi Lifeed dimostrano l’efficacia di questo approccio: l’82% delle mamme coinvolte ha scoperto di avere più forza di quanto credesse

Le madri allenano in particolare sei competenze fondamentali, utili anche nel mondo del lavoro: 

  • capacità di iniziativa (88%)
  • innovazione (65%)
  • attenzione (54%)
  • gestione dello stress (45%)
  • sicurezza di sé (25%)
  • competenze relazionali (20%).

La prospettiva dei padri

I partecipanti papà, invece, riconoscono alcuni abilitatori per attivare sul luogo di lavoro il potenziale della paternità: 

  • una cultura aziendale ‘caring’ che mostra attenzione al work-life balance e ai ruoli extra lavorativi delle persone; 
  • un clima di condivisione, supporto reciproco, apertura al dialogo tra colleghi, manager e collaboratori sul tema della paternità; 
  • iniziative ad hoc dedicate ai genitori.

Insomma, i piani di welfare che comprendono azioni per valorizzare i ruoli di cura (come la genitorialità e il caregiving) e per favorire l’equilibrio vita-lavoro e l’inclusione rappresentano una leva strategica per avvicinarsi alla certificazione della parità di genere.

A che punto è la tua azienda?

Se per lavoro ti occupi di definire politiche di parità di genere e di Diversity & Inclusion all’interno della tua azienda, sai bene quanto può essere lungo il percorso che porta alla certificazione.

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