Parità di genere: indicati i parametri per la certificazione

Certificazione per la parità di genere: indicati i criteri
(foto Shutterstock)

Una scelta conveniente che comporta maggiore attrattività, sconto sui contributi e punteggio di favore nei concorsi pubblici

I criteri per ottenere la certificazione della parità di genere all’interno delle aziende sono quelli indicati dalla prassi di  riferimento UNI/PdR  125:2022. Lo ha stabilito il Ministero delle Pari Opportunità con il decreto pubblicato il 1° luglio in Gazzetta Ufficiale.

Si tratta dell’approdo a cui è giunto il Tavolo di lavoro sulla certificazione di genere delle imprese istituito dal PNRR.

L’obiettivo è chiaro: «avviare un percorso sistemico di cambiamento culturale nelle organizzazioni al fine di raggiungere una più equa parità di genere».

Si devono analizzare tutti gli aspetti che riguardano il coinvolgimento delle donne nell’organizzazione del lavoro: non solo la condizione retributiva, ma anche governance, assunzioni e iniziative di supporto.

Possono partecipare al procedimento di certificazione tutte le aziende, anche le più piccole, a prescindere dal dato occupazionale. 

I benefici? Sgravi contributivi, maggiori punteggi nelle gare e una indiscutibile maggiore attrattività.

 Criteri per certificazione della parità di genere

La valutazione segue un metodo olistico e guarda all’azienda e alle sue politiche del lavoro in modo complessivo. A tal fine sono previsti una serie di indicatori suddivisi in 6 aree di valutazione.

All’interno di ciascuna area sono previsti degli specifici KPI (Key Performance Indicator), tramite i quali è possibile misurare, in modo percentuale, il livello di partenza attuale dell’azienda e gli eventuali progressi ottenuti durante l’anno e il livello raggiunto dopo il biennio.

Ogni KPI ha un proprio punteggio, a seconda dell’area di appartenenza: per poter ottenere la certificazione è necessario ottenere un punteggio minimo complessivo del 60%.

 La 6 aree di valutazione della certificazione

Vediamo le aree e i principali indicatori da considerare per poter ambire all’ottenimento della certificazione.

Cultura e strategia: sono indicati precisi KPI per misurare che i principi e gli obiettivi di inclusione, parità di genere e attenzione alla gender diversity dell’organizzazione siano coerenti con la sua visione, le finalità e i valori che caratterizzano l’ambiente di lavoro.

Governance: gli indici misurano il grado di maturità del modello di governance, la presenza femminile negli organi di indirizzo e controllo e l’istituzione di processi di monitoraggio.

Processi HR: vengono analizzate le fasi salienti dei principali processi in ambito risorse umane, relativi ai diversi stadi del rapporto (condizioni generali di contratto, mobilità interna ed esterna, turn over). 

Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda: gli indici monitorano l’accesso neutrale dei generi ai percorsi di carriera e di crescita interni e la relativa accelerazione.

Equità remunerativa per genere: considera non solo la retribuzione monetaria, ma anche tutte le politiche di welfare aziendale e wellbeing.

Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro: viene valorizzata l’adozione di politiche a sostegno della genitorialità e che facilitino e sostengano la presenza anche di donne con figli e figlie in età prescolare.

Che cosa deve fare un’azienda per ottenere la certificazione?

Deve rivolgersi a un ente autorizzato a rilasciare la certificazione. Per ottenerla, tuttavia, non è sufficiente raggiungere la percentuale del 60% rispetto agli indici indicati in precedenza.  È infatti richiesta anche l’adozione di determinati processi, ad esempio: 

  • una comunicazione interna ed esterna relativa alla parità di genere;
  • corsi di formazione contro i pregiudizi e gli stereotipi;
  • la predisposizione di procedure di selezione e assunzione che definiscano regole atte a prevenire la disparità di genere;
  • un meccanismo di controllo per evitare pratiche di discriminazione salariale;
  • audit interni di monitoraggio.

Tale attività è fondamentale perché, come si legge nella spiegazione dei criteri, «lo sviluppo di un ambiente di lavoro inclusivo richiede difatti un impegno costante e un contributo di tutta l’organizzazione in termini di linguaggio, politiche, processi, pratiche organizzative, e comportamenti consci e inconsci delle singole persone».  

Ogni due anni la certificazione viene rivalutata e rinnovata.

Quali benefici dà la certificazione?

La spinta verso la certificazione è incentivata da un sistema premiale basato su sconti contributivi e maggiori punteggi nelle gare pubbliche.

Inoltre, l’ottenimento della certificazione sulla parità di genere è un importante strumento di employer branding, che garantisce all’azienda una maggiore attrattività nella ricerca di personale. 

Per quanto riguarda l’incentivo economico, la certificazione garantisce uno sgravio contributivo pari all’1% dei contributi, fino a un massimo di 50.000 euro annui.

Infine, le aziende certificate hanno un punteggio premiale sia nel caso partecipino a bandi per fondi nazionali e comunitari, sia nelle procedure di affidamento di appalti pubblici.

 

 

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