AI Discovery Journey: un percorso formativo per leader e collaboratori, per integrare l'intelligenza artificiale nelle strategie aziendali e sfruttare al meglio le opportunità emergenti
Secondo i dati del World Economic Forum, oltre l’85% delle aziende crede che le nuove tecnologie saranno uno dei principali driver di crescita nel prossimo futuro. Big Data, Cloud Computing e Intelligenza Artificiale sono state identificate come le soluzioni che più probabilmente verranno adottate nei prossimi cinque anni.
Questo indubbiamente porterà con sé la necessità di ripensare molte professionalità, a partire dal ruolo dei leader che si troveranno in prima linea a governare la trasformazione delle proprie organizzazioni.
Dialogando con i leader d’impresa e analizzando lo scenario in cui agiamo, abbiamo identificato alcuni elementi caratterizzanti che dovranno guidare le aziende per governare al meglio la tecnologia e renderla funzionale a strategie evolutive.
In primo luogo, le organizzazioni sono consapevoli della necessità di riqualificare o sviluppare le competenze dei propri collaboratori, ma non sanno esattamente quali saranno quelle che consentiranno di affrontare efficacemente le sfide future. È però diffusa convinzione che saranno orientate al digitale.
Ad esempio, negli ultimi anni hanno acquisito sempre maggiore rilevanza Machine Learning (algoritmi che creano sistemi che apprendono o migliorano le performance in base ai dati che utilizzano, senza essere esplicitamente programmati) e Deep Learning (algoritmi che simulano il funzionamento del cervello umano, permettendo al sistema di imparare da grandi quantità di dati). Per questo è importante sviluppare le cosiddette hacking skills, che consentono un migliore e più efficace utilizzo di questi strumenti.
A fronte poi della crescente diffusione di strumenti basati sull’Intelligenza Artificiale conversazionale, acquisisce maggiore rilevanza la capacità di saper porre ai chatbot le domande giuste nel modo giusto per ottenere le risposte attese: è il cosiddetto prompt engineering.
A queste competenze più hard occorre affiancarne altre di tipo soft. Saranno importanti la comprensione e la corretta interpretazione dei dati, insieme al pensiero analitico e critico, che si traduce nella capacità di validare quanto i chatbot producono, discernendo le risposte corrette da quelle errate.
A fronte della rapida evoluzione degli strumenti utilizzati – e, con essi, del modo di lavorare – le persone dovranno dimostrare flessibilità e disponibilità a mettersi in gioco, senza essere spaventate dal cambiamento. Ma anzi, cogliendolo come opportunità di miglioramento per se stessi e per la propria organizzazione.
All’interno delle aziende, i leader saranno chiamati a creare e coordinare team sempre più multidisciplinari, con un approccio capace di coniugare le dimensioni tecniche, umaniste, etiche, filosofiche, economiche, giuridiche.
E, data questa sempre maggiore necessità di collaborazione, nelle aziende sarà fondamentale coltivare le competenze human quali comunicazione efficace, empatia, comprensione sociale. Capacità orientate all’uomo che, finora, spesso non sono state considerate prioritarie in termini di formazione.
Come conseguenza di queste trasformazioni, a cambiare sono anche le competenze richieste ai C-Level delle organizzazioni. Analizzando i nostri mandati di Executive Search, abbiamo riscontrato una notevole evoluzione nel corso degli ultimi anni.
Nel 2015 le competenze più richieste ai manager erano:
Solo cinque anni dopo, nel 2020, qualcosa stava cambiando: in piena pandemia, a fronte di una sempre maggiore incertezza, la tenuta alla complessità crescente è balzata al primo posto della classifica.
Un cambiamento dato dalla necessità di affrontare i mutamenti come stimoli a cui reagire trasformando i rischi in opportunità.
Permaneva tra le competenze dei leader più richieste il pensiero critico, fondamentale per porsi le giuste domande, ed era sempre più ricercata la creatività, alla base dell’individuazione di nuove idee e soluzioni. La graduatoria vedeva al suo interno anche capacità di gestione delle persone e intelligenza emotiva, fondamentale in un momento delicato come quello del lockdown.
Oggi, lo scenario appare ancora nuovo. Servono infatti
per immaginare nuovi futuri possibili e guidare l’organizzazione verso la loro realizzazione, consentendole così di diventare più competitiva e di superare le sfide poste da un contesto affatto semplice da interpretare.
I leader del futuro sono quindi pionieri, curiosi di tecnologia, non hanno paura di sperimentare, sanno costruire ponti tra generazioni ed esplorare nuove prospettive, aprendo così nuove vie, consapevoli che è questa la strada per l’evoluzione.
Sono chiamati a conciliare le potenzialità tecnologiche e quelle umane, dimostrando da un lato di avere la capacità di comprendere e utilizzare efficacemente le nuove tecnologie digitali, integrandole nei processi e nelle attività quotidiane, e dall’altro di non perdere quell’intelligenza emotiva che oggi – in un’epoca in cui le persone ricercano aziende che rispecchino i loro valori e che garantiscano un sempre migliore equilibrio tra vita lavorativa e vita privata – è imprescindibile per costruire contesti organizzativi inclusivi.
Una menzione finale per la dimensione di responsabilità ESG. Negli ultimi anni, infatti, è cresciuta la richiesta di una maggiore attenzione alla sostenibilità, in primis da parte di clienti e candidati: i leader delle organizzazioni hanno quindi il compito di testimoniare l’interesse dell’azienda nei confronti delle tematiche ambientali, sociali e di governance. Come? Rendendo la sostenibilità una priorità strategica e una via concreta per essere competitivi, integrandola nella definizione degli obiettivi e della direzione da seguire per raggiungerli.
Oltre alle competenze principali viste fin qui, dai nostri mandati ne emergono altre sempre più richieste dalle organizzazioni.
La competenza che ha visto maggiori mutamenti è quella legata all’interazione con il personale: nel 77% delle nostre ricerche, ai C-Level è richiesto di promuovere una comunicazione inclusiva, attraverso un dialogo aperto e rispettoso delle sensibilità di ognuno, e di favorire il cambiamento attraverso l’implementazione – o il mantenimento – di una cultura aziendale che sappia sempre più considerare etica e sostenibilità.
Quasi altrettanto presente (74%) è la richiesta di business acumen, che si esplicita nella comprensione delle tendenze e dei mutamenti in atto nel mercato, nell’utilizzo del pensiero strategico e nella capacità di allineare le proprie persone agli obiettivi, così da favorire il raggiungimento dei risultati.
Oltre la metà delle organizzazioni (51%) chiede oggi ai propri leader di saper creare valore organizzativo attraverso l’adozione e l’utilizzo virtuoso delle nuove tecnologie. E, per farlo efficacemente, una percentuale di poco inferiore (47%) chiede loro di saper essere data-driven, leggendo, interpretando e comunicando i dati al fine di orientare le decisioni aziendali secondo una logica di informazioni derivanti dai dati.
Essere consapevoli dei benefici e delle opportunità che l’IA porterà nel modo di lavorare è il primo passo verso l’evoluzione delle organizzazioni. La strada è ormai tracciata e porta verso una dimensione più moderna (qualcuno potrebbe definirla Industria 5.0 o algorythm-driven company), ma per farlo occorre avere una cultura dell’intelligenza artificiale.
Innanzitutto, è necessario formare le persone, a ogni livello organizzativo, verso la conoscenza e il corretto utilizzo della tecnologia. Ad oggi, i maggiori ostacoli all’implementazione dell’IA risiedono proprio nella carenza diffusa di conoscenza, risorse (di tempo ed economiche) e competenze per poterla sviluppare, e la resistenza delle persone è tra i primi freni al suo impiego.
Un elemento fondamentale è quindi la formazione dei leader e non solo. Per rispondere a questo bisogno, in Glasford abbiamo sviluppato l’AI Discovery Journey, un percorso di formazione, informazione e divulgazione per accrescere la consapevolezza e aiutare le persone a familiarizzare con i principi e i contenuti dell’intelligenza artificiale, a supporto dello sviluppo dei singoli e a beneficio della crescita delle organizzazioni.
Il percorso si rivolge, con modalità differenti, a tutti i livelli dell’organizzazione, dall’executive committee, ai manager, a tutti i collaboratori, affrontando tematiche centrali nella cultura dell’intelligenza artificiale come:
A differenza di molte altre innovazioni, l’intelligenza artificiale è una tecnologia generale a impatto diffuso, applicabile pienamente a qualsiasi contesto organizzativo, funzione o ruolo aziendale, in qualsiasi dimensione o settore.
L’intelligenza artificiale avrà sempre maggiore importanza, e sarà sempre più integrata nei processi aziendali, dalla supply chain al commerciale e marketing, dalle operation alle risorse umane. Per le organizzazioni è pertanto indispensabile conoscerla e comprenderne utilizzi e impatti, trasformandola in un fattore competitivo e di crescita nel più breve tempo possibile.