La parità di genere passa anche attraverso le parole: ecco come essere più inclusivi usando il linguaggio giusto
La parità di genere è al centro delle politiche delle aziende di oggi e riuscire a esprimerla anche attraverso le parole giuste è fondamentale. Una mail scritta rispettando determinati parametri o un discorso di presentazione da proporre a un pubblico devono tener conto di alcune regole che evidenziano la parità di genere.
Ma da dove partire? In questo articolo suggeriamo cinque punti da seguire per avere un linguaggio davvero inclusivo: dalla scrittura alla parte verbale, ecco come realizzare contenuti che rispettano le caratteristiche di ogni individuo.
Forse non tutti sanno che esiste una scrittura inclusiva simmetrica che aiuta molto a realizzare contenuti in grado di rispettare la parità di genere. Consiste nell’uso della forma maschile per gli uomini e quella femminile per le donne. Ad esempio, la frase “Gli attori Luca Argentero e Margherita Buy” diventa “L’attore Luca Argentero e l’attrice Margherita Buy”.
Può sembrare cosa di poco conto, in realtà fa una grande differenza e, indirettamente, aiuta le nuove generazioni a percepire una parità di genere finora inesplorata.
Per la parità linguistica di genere va fatta molta attenzione anche all’uso dell’articolo femminile prima del cognome della donna: una forma come “la Ferragni” viene sostituita da “Ferragni”.
Sono piccole regole linguistiche che portano grande beneficio alla parità di genere. Lo sdoppiamento integrale, ad esempio, consiste nello sdoppiamento dei sostantivi: cari spettatori, care spettatrici.
Questa forma è consigliata solo per scritti relativamente brevi. È importante sapere che la tecnica del linguaggio inclusivo va attuata per l’intera durata del testo.
Lo sdoppiamento contratto, invece, vede il simbolo dello slash (/) a fianco a termini declinati al maschile: “Il/la sottoscritto/ta”. Questo va utilizzato preferibilmente nei documenti da compilare con dati anagrafici.
Esistono, poi, le parole collettive e la scrittura neutra: i sostantivi al maschile o femminile vengono sostituiti da un unico sostantivo che identifica la categoria a cui appartengono. Un esempio banale ma sottovalutato: le persone.
Anche in questo caso si rientra nell’ambito della scrittura neutra: la formulazione di frasi passive permette di non esplicitare il soggetto. Per fare un esempio pratico: “Gli allenatori svolgono il corso di formazione tutti i lunedì” in “Il corso di formazione si svolge ogni lunedì”.
Una cosa analoga accade con la formulazione impersonale, la cui parità linguistica è garantita dall’elaborazione di frasi come “Il corso di formazione si tiene ogni martedì”.
Per quanto riguarda titoli e professioni, nella scrittura inclusiva si trasformano i termini seguendo le normali regole grammaticali italiane: “consigliere” diventa “consigliera”, “architetto” diventa “architetta”, “direttore” diventa “direttrice” e così via. Restano intatte le forme di uso comune come “professoressa” e “vigilessa”.
I termini epiceni sono termini che restano invariati: maschile o femminile non cambia e l’identificazione del genere avviene unicamente tramite l’articolo.
Per fare degli esempi concreti: “Il presidente” diventa “La presidente”, “Il titolare” diventa “La titolare”, “Il negoziante” diventa “La negoziante”.
Queste regole possono apparire superflue ma non lo sono: imparare a usare un linguaggio inclusivo quando si scrive un testo o ci si prepara a esporre un discorso in pubblico è importante per portare avanti una cultura sulla parità di genere che coinvolga tutte le generazioni, a partire dai più piccoli.
Il linguaggio inclusivo è trasversale e interessa il mondo delle aziende come quello della vita privata e della scuola: l’attuazione di queste regole in ogni ambito della vita sociale ed economica di un Paese favorisce la parità di genere e il rispetto verso le diversità.
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