Welfare aziendale: non solo fringe benefit

Nuove misure per il welfare aziendale

Secondo Jointly i fringe benefit sono una misura utile ma non sufficiente: ne parliamo con Anna Zattoni, Presidente e Co-founder della BCorp che si occupa di welfare aziendale

Il Decreto Lavoro ha confermato in via definitiva le nuove misure relative al welfare aziendale. Tra queste, l’innalzamento a 3.000 euro della soglia di esenzione fiscale dei fringe benefit per i lavoratori con figli e l’introduzione del Fondo per le attività socio educative a favore dei minori. Misure certo utili e positive, ma davvero sufficienti?

Secondo Anna Zattoni, Presidente e Co-founder di Jointly (BCorp che si occupa di welfare aziendale), “bisogna lavorare su iniziative strutturali e collegate tra di loro, che superino la logica del solo ricorso ai fringe benefit. 

Pensiamo, per esempio, a meccanismi premiali per le aziende che si impegnano a sviluppare un welfare a utilità sociale. Sarebbe stato certamente più utile che il decreto inserisse una definizione unica di welfare aziendale e rivedesse il contenuto dei fringe benefit per semplificare la normativa, al posto di prorogare misure una tantum”.

Innalzamento soglia fringe benefit: una possibile criticità

Innalzare la soglia dei fringe benefit come ha fatto il Decreto Lavoro, infatti, può presentare un elemento di criticità. 

A beneficiare dei nuovi investimenti in welfare aziendale saranno prevalentemente i dipendenti con figli che hanno già altri tipi di benefit, come l’auto aziendale, l’assicurazione extra contrattuale o la casa in affitto, quindi dirigenti e quadri

Da qui un possibile cortocircuito che avrà un impatto nettamente inferiore sulle altre fasce di lavoratori, presumibilmente quelle più giovani, oggi più toccate di altre dal carovita e dall’inflazione. In pratica i nuovi benefit andranno ad aiutare paradossalmente chi non ne ha bisogno, escludendo invece coloro che ne necessitano davvero.

Per i lavoratori dipendenti che non hanno figli a carico, resta infatti fermo il regime generale di esenzione fissato dal Tuir all’art. 51, comma 3, che prevede la non concorrenza alla formazione del reddito imponibile per i beni e servizi erogati dal datore di lavoro, se la soglia annua del valore non supera di 258,23 euro.

Fondo per le attività socio-educative e Fondo Nuove Competenze: un buon inizio

Per quanto riguarda il fondo da 60 milioni ai Comuni per il potenziamento delle attività socio-educative estive, dei servizi socio-educativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa che svolgono attività a favore dei minori, è sicuramente un primo passo verso un maggior supporto ai genitori che lavorano. Ma alla misura andrebbe data continuità, stabilizzandola anche per i prossimi anni. 

Positive anche le misure dedicate all’incremento del Fondo Nuove Competenze. Una buona iniziativa, che permette alle imprese di adeguare le capacità dei lavoratori ai tempi che cambiano continuamente: “Una misura che va nella direzione giusta, visto il continuo e rapido evolversi del mercato del lavoro – ha commentato ancora Anna Zattoni “e la necessità di introdurre un’offerta sempre più ampia e diversificata di formazione continua.

Welfare e lavoratori autonomi

Continuano a essere esclusi dal welfare i lavoratori autonomi. Il mondo del lavoro, però, sta cambiando rapidamente e oggi, con oltre 5 milioni di lavoratori autonomi, l’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di occupati in proprio

Tutte queste persone sono state finora escluse da forme di welfare integrativo, e al tempo stesso sarebbero quelle che – assumendosi un rischio imprenditoriale – più ne avrebbero bisogno. 

Non solo quindi fringe benefit: il welfare è molto di più, è la carta vincente delle aziende che vogliono dipendenti felici e soddisfatti, e un aiuto fondamentale a chi necessita di sostegno familiare.

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