3M, il viaggio dell’eroe come metafora e metodo nell’esperienza Covid

3M, viaggio dell'eroe
(In foto: Maurizio Asti)

“Our Journey Home” è il titolo del progetto di change management avviato in 3M dall’HR Manager Maurizio Asti: un esperimento innovativo che ha aiutato i dipendenti a superare le difficoltà e scoprirsi più forti attraverso lo storytelling

Siamo stati tutti un po’ eroi di fronte al Covid-19? Forse no, ma toglierci per un attimo i panni del lavoratore, del genitore o del figlio, e indossare quelli di un eroe che affronta e vince le sue sfide incredibili ci rassicura. E ci aiuta a crescere, anche professionalmente. Lo ha dimostrato sperimentalmente 3M, multinazionale specializzata in diversi settori (dai prodotti per l’ufficio a quelli medico-professionali). Maurizio Asti, HR Manager South East Europe di 3M, ci racconta il progetto “Our Journey Home” e di come, attraverso l’utilizzo dello storytelling, 3M sia riuscita a supportare i suoi dipendenti nell’affrontare la pandemia. 

Stare vicino ai dipendenti

L’iniziativa è nata dalla necessità di stare vicino ai lavoratori in un momento difficile: «La scorsa primavera sognavamo un rientro in ufficio in pompa – spiega Asti – che in realtà non c’è mai stato. Nel frattempo però ci stavamo organizzando: eravamo partiti con un blog dove condividere esperienze, che aveva avuto un successo inaspettato. Le persone si stavano mettendo in gioco molto più del previsto, con ottimi risultati. Abbiamo iniziato a ragionare, quindi, su come ingaggiare i dipendenti nell’ottica di una riflessione collettiva, per trasformare le difficoltà che stavano attraversando in un momento di crescita». 

La riflessione ha portato a una conclusione che non lasciava spazio al dubbio: nella ricerca di un metodo, quello che pagava di più era il bonding emozionale. «In un momento in cui le gerarchie erano venute meno – continua Asti – e i processi di comunicazione interna erano appiattiti e democratizzati, dovevamo lavorare su un meccanismo fortemente emotivo, che potesse parlare nella stessa lingua ai dipendenti di nove paesi, distribuiti tra Italia e Israele».

La narrativa come lingua universale

E qui entra in gioco un fattore personale: «qualche anno fa – racconta Asti – avevo preso parte ad una iniziativa di leadership development fondata sullo storytelling, e me n’ero letteralmente innamorato. Mi ero reso conto di come la narrativa potesse essere uno strumento potentissimo di change management e di crescita». E questa, ça va sans dire,  era l’occasione migliore per sperimentare dal vivo quanto appreso. 

Il canovaccio utilizzato è quello del viaggio dell’eroe: «una struttura che ritroviamo nella narrativa di tutti i tempi – sottolinea Asti – da Mosè a Guerre Stellari, Harry Potter, Il Signore degli Anelli. Ci sono delle fasi chiave che ritornano: ad un certo punto l’eroe riceve una chiamata che lo porta a confrontarsi con prove nuove e straordinarie. Lungo il suo percorso avrà amici che lo supportano e nemici che lo osteggiano, affronterà delle sfide, vincerà la sua battaglia e potrà tornare verso casa. Tornerà ad una nuova normalità, carico di esperienze che l’hanno reso diverso, più forte: in narrativa, questo si identifica con l’elisir».

L’esperimento

Partendo da qui, non è difficile vedere i punti di contatto con l’esperienza della pandemia e l’universalità delle emozioni che l’hanno accompagnata: da un giorno all’altro, i cittadini del mondo si sono trovati ad affrontare (chiamata) un nemico inaspettato, il Covid, ognuno con le proprie battaglie (prove). C’è chi ha sofferto dei lutti, chi ha affrontato la malattia, chi ha dovuto gestire situazioni familiari complesse e difficili. Tutto questo è stato trasformato in una storia. Il progetto ha coinvolto circa 800 persone collegate in simultanea: «un esperimento mai tentato prima – sottolinea l’HR Manager – non sapevamo neanche se i sistemi avrebbero retto. Non solo hanno retto, ma il successo è stato incredibile: abbiamo raccolto 150 storie, che poi abbiamo conservato in un ebook, perché di questa esperienza rimanesse una traccia tangibile». 

L’analisi dei risultati

Da queste storie, e dall’analisi dei risultati di questa prima fase del progetto, sono emersi dati inaspettati: il 50% dei partecipanti ha descritto il Covid come qualcosa di spaventoso, ma una parte relativamente ampia (25%) lo definiva «in qualche modo amichevole». Perché, a partire da questa esperienza inaspettata e spesso drammatica, ha iniziato a maturare consapevolezze nuove, anche sulle loro potenzialità. Per quanto riguarda, poi, i messaggi portati dal Covid e dalla pandemia, le risposte si dividono in tre filoni: la paura (non c’è scampo), l’avvertimento (fai attenzione, cerca una via d’uscita), il monito (quello che sta accadendo può essere un’opportunità). 

«Il 40% delle risposte – continua Asti – si può collocare in questo terzo filone, ed è una maggioranza relativa. Per coinvolgere tutti, senza lasciare indietro chi si mostrava più spaventato, abbiamo avviato anche una riflessione sui meccanismi della paura e le tre reazioni classiche: blocco, fuga, attacco. Poi ci siamo soffermati in particolare sulla collaborazione. Un meccanismo che esiste anche nel mondo animale, dove di fronte al pericolo la comunità si stringe per il bene della specie stessa». 

Le sfide e l’elisir 

I dipendenti sono stati invitati anche a descrivere le sfide affrontate, dallo stress emotivo al work life balance, e come le hanno superate. E qui sono emersi aspetti molto interessanti: «Nel descrivere le sfide – spiega infatti Asti – i dipendenti hanno parlato anche del supporto avuto dalla community aziendale, che si è dimostrata inclusiva e capace di condividere. Si sono moltiplicate le riunioni informali, i coffee break e i lavoratori sono diventati più intraprendenti nel chiedere aiuto, anche al di fuori del proprio team». 

Infine l’elisir, la conquista più preziosa del viaggio dell’eroe. E qui la sorpresa è stata tanta. «Sono cambiati gli assi valoriali, gli stili di vita, ma anche le sfide interiori. I lavoratori si sono riscoperti più sicuri, più forti nell’adattarsi al cambiamento, alcuni hanno scoperto nuova energia ed altri hanno iniziato a lavorare su percorsi di mindfulness. Riassumendo – conclude Asti – direi che la comunità si è riscoperta decisamente più inclusiva, ma soprattutto consapevole del fatto che siamo una learning community, dove comunicazione, resistenza, resilienza e capacità di lavorare da remoto sono ormai un asset importante e sedimentato. E da qui stiamo partendo per costruire il nostro next future». 

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