Andrea Virgilio è CEO e Chief Happiness Officer dell’azienda, che ha fondato con una consapevolezza: le persone sono l’unico patrimonio dell’organizzazione
Si definiscono “Happy Coders” e progettano e sviluppano soluzioni digitali innovative per le aziende, ma la loro peculiarità sta nel fatto che lo facciano mettendo in campo tutta la dedizione possibile, le competenze trasversali e una profonda motivazione data dalla certezza che, come ripetono loro, “non esiste impresa impossibile, per un team felice”.
CEO e founder della startup, che si chiama Beliven, è Andrea Virgilio, classe 1988, che è anche il Chief Happiness Officer dell’azienda, ovvero il manager della felicità.
Della sua carriera formativa, Virgilio tiene a ricordare un solo passaggio, apparentemente non il più brillante: “alle superiori sono stato bocciato un anno. Sulle prime ovviamente ci sono rimasto male, ma nel tempo ho rivalutato questa esperienza come una grandissima occasione, perché mi ha insegnato quanto è prezioso il tempo.
Ritrovarmi a ripetere tutto per la seconda volta è stato come vivere per un anno in un déjà-vu. E questa, in realtà, è stata un’enorme fortuna”. Di tempo, dopo, il giovane imprenditore non ne ha più perso: a vent’anni ha fondato la sua prima azienda, Digitlife, per aiutare le organizzazioni a digitalizzarsi. “Già a quell’età” ricorda “avevo un concetto di digitale olistico, non solo tecnico”.
Dopo alcuni anni quell’esperienza è confluita in una realtà più grande udinese con il ruolo di CTO, che per Andrea Virgilio è stata una palestra importantissima. L’allenamento è durato quattro anni, e poi si è felicemente concluso con una certezza: “se vuoi cambiare le regole del gioco” dice Virgilio “non puoi scavalcare un’organizzazione imponendo il tuo credo. Devi assumerti le tue responsabilità e avere l’onestà e il coraggio di creare qualcosa di nuovo”.
Così, nella primavera del 2019, è nata Beliven, che aveva un grande obiettivo: “considerare le persone come unico patrimonio dell’organizzazione e creare un team di pazzi scatenati”.
“Per quanto mi riguarda” continua Virgilio “le aziende non sono altro che associazioni temporanee di persone accomunate dallo stesso obiettivo. Il mio credo era: diamo a queste persone la possibilità di essere libere, soddisfatte, realizzate e ci porteranno dove vogliamo. E ci siamo riusciti”.
Come? “Dietro ogni nostra iniziativa c’è molto studio, molta attenzione, molta cura. Ci occupiamo moltissimo delle relazioni e diamo grande spazio al confronto: le persone che lavorano con me sanno che possono mandarmi a quel paese, e qualche volta serenamente lo fanno, me lo merito”.
Nel tempo è nata una figura curiosa: quella del “Chief Memes Officer”. In pratica, una persona che tra i propri compiti ha anche quello, formalmente ufficializzato, di creare meme per prendersi in giro.
“Nel tempo” spiega ancora il manager “ci siamo accorti di aver creato un nostro lessico, dei nostri riferimenti, dei rimandi che solo noi capivamo e che collaboravano a creare un senso di comunità. E poi abbiamo imparato il valore della leggerezza, di saper sorridere anche dei problemi e delle difficoltà, che naturalmente ci sono”.
Tra le azioni messe in campo da Beliven, un ruolo primario ce l’ha il confronto, che può essere anche acceso. “Anzi” dice Virgilio “se la discussione si accende è positivo perché significa che le persone ci tengono. E non nascondiamoci dietro un dito: non è che i problemi non ci sono. Siamo persone, non possiamo essere felici tutto il tempo”.
“Quello che facciamo è cercare di evitare i famosi elefanti nelle stanze, i problemi enormi che ti obbligano a camminare raso muro per scansarli, ma che nessuno vuole affrontare. Noi cerchiamo di andarci dentro, e qualche volta è doloroso perché ti obbliga anche a metterti a nudo, ad ammettere le tue fragilità e debolezze”.
Prossimamente, Beliven si arricchirà di altri due nuovi happiness officer, che in questo momento si stanno formando proprio con questo scopo. “Saremo l’azienda con il più alto tasso di manager della felicità d’Italia” scherza Virgilio, “facciamo tutto il possibile per lavorare al nostro scopo. Ma sappiamo anche che la felicità è qualcosa di soggettivo”.
“Io come organizzazione posso darti tutti gli strumenti, ma sei tu che devi trovare la tua soddisfazione e realizzazione. Non posso farlo io per te: it’s up to you”.
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