Coronavirus, le interviste alle aziende: Autogrill

(foto Autogrill)

Gabriele Belsito, HR Director Europe-Italy di Autogrill racconta quali misure ha preso la sua squadra per rimanere operativa sulle autostrade e tutelare i dipendenti

«Per permettere a tutti di fermarsi, c’è un’Italia che non si può fermare». Di questa Italia fa parte anche Autogrill, che ad oggi rimane operativo 24 ore su 24 nei punti vendita della rete autostradale, con funzione di servizio pubblico e di pubblica utilità.
Il proposito dell’azienda infatti è quello di rimanere al fianco di tutti coloro che permettono ai cittadini di affrontare la crisi da covid più serenamente, come operatori dei mezzi di soccorso, forze dell’ordine, autotrasportatori e lavoratori che si spostano per raggiungere ospedali, stabilimenti, supermercati o uffici.  

Abbiamo intervistato Gabriele Belsito, HR Director Europe-Italy di Autogrill, per farci raccontare cosa sta facendo Autogrill, primo operatore al mondo nei servizi di ristorazione per chi viaggia.

La multinazionale è presente in 31 paesi di 4 continenti, gestisce 4.000 punti vendita dedicati alla ristorazione (di cui oltre 400 in Italia), con presenza in 147 aeroporti, e serve ogni anno 1 miliardo di viaggiatori.
I collaboratori dell’azienda sono oltre 50.000 nel mondo, e circa 9.000 in Italia.

Gabriele Belsito, come state gestendo questa situazione complessa in Autogrill?

«Per un’azienda come la nostra, che si basa sulla mobilità, la situazione è estremamente complicata anche dal punto di vista del business, perché i provvedimenti che riducono la mobilità di fatto riducono gran parte della nostra attività.
Parlando dell’Italia, abbiamo ridotto molte attività, chiudendo tutti i punti vendita fuori dalle autostrade, che comunque rappresentano per noi una parte importante, dove invece rimaniamo aperti. Rimanere aperti in autostrada in questo momento non è un’opportunità di business, visto lo scarsissimo flusso, ma rientra nella nostra natura di servizio pubblico quale aiuto per i trasportatori che ancora si muovono in Italia».

Che azioni avete messo in campo a tutela dei dipendenti?

«In questo momento abbiamo preso una serie di iniziative per il personale legate alla sicurezza dei nostri colleghi nei punti vendita, cercando di ridurre al massimo le possibilità di contagio, attraverso l’utilizzo di geldisinfettanti, e con la fornitura di guantimascherine, seppur con tutte le difficoltà di reperimento del caso.
Abbiamo preso delle iniziative per la gestione del rispetto delle distanze di sicurezza e dei problemi di contingentamento, anche se il traffico è talmente limitato nelle autostrade che generalmente non c’è sovraffollamento. Abbiamo creato della cartellonistica ad hoc, messo dei distanziatori sul pavimento, fatto girare messaggi in radio nei negozi, e lavorato sulle informazioni delle nostre persone nei punti vendita.

Ci sono poi altre azioni che abbiamo messo in campo, di due tipi. La prima, un po’ più “welfare”, prevede una scontistica importante per i dipendenti, che possono fare la spesa anche nei punti vendita con uno sconto pari al 40% del prezzo, dando così loro la possibilità di recuperare qui i beni di prima necessitàOltre a questo abbiamo stipulato un’assicurazione che copre le spese sanitarie integrative nel caso di contagio per Covid-19.

Subito dopo l’uscita del decreto “Cura Italia” del 17 marzo ci siamo impegnati immediatamente per gestire gli strumenti messi a disposizione dallo Stato, e abbiamo stipulato un accordo con le organizzazioni sindacali nazionali. La nostra è un’organizzazione molto presente, abbiamo circa 9.000 persone in giro per l’Italia, con un livello di sindacalizzazione importante. 

Abbiamo stipulato quindi un accordo per l’utilizzo della Fis, essendo iscritti come società al Fondo d’Integrazione salariale, che può arrivare a zero ore per i punti vendita chiusi.
Per altre delle società del gruppo, che non rientrano nella Fis, abbiamo sviluppato un accordo sulla cassa integrazione in deroga.
Sulla Fis abbiamo deciso per l’anticipo dell’indennità di integrazione salariale da parte dell’azienda, anche se è un impegno molto forte vista la gestione dei flussi di cassa in questo momento.
Quanto alla sede invece, è stata chiusa dal 6 marzo: una parte del personale è in ferie, un’altra invece sta lavorando in modalità smart working.

Quali misure avete preso nel resto d’Europa?

«Nelle altre società in Europa, dove il procedimento di lock down è stato successivo rispetto all’Italia, ma ormai quasi completo, ci sono vari tipi di strumenti.

In Belgio abbiamo uno strumento, definito immediatamente con un provvedimento da parte del governo (a differenza dell’Italia), attraverso il quale le persone vengono coperte dallo Stato con un ammortizzatore simile alla cassa integrazione, che arriva fino al 70% della retribuzione, con un tetto piuttosto alto, perché si arriva quasi a 3.000 euro. 

In Spagna è lo stesso, si arriva a un pagamento del 70% più l’extra payment di tredicesima e quattordicesima. Anche in questo caso non c’è l’anticipo da parte della società, ma c’è un’immediata copertura da parte dello Stato.

In Francia c’è uno strumento, uno dei più interessanti d’Europa, che copre fino al 100% dello stipendio perso con un limite di 6 mesi

In Germania è stata definita una copertura anticipata dall’azienda che copre fino al 60% dello stipendio, ma è in corso una trattativa di comparto con le organizzazioni sindacali, perché dovrebbe esserci un ulteriore integrazione da parte dell’azienda.

In Austria c’è una copertura fino al 70% senza integrazione della società.

Questi sono una serie di interventi che abbiamo messo in campo in alcuni paesi, la situazione è molto complessa e stiamo cercando di gestirla da una parte con un presidio importante dal lato della sicurezza, per tutelare le persone che lavorano, e dall’altra con una gestione della copertura di carattere economico attraverso gli strumenti che gli Stati mettono a disposizione».

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