Covid-19, le interviste alle aziende: Bata

(In foto Michele Cattaneo, HR Director Europe di Bata)

Michele Cattaneo, HR Director Europe di Bata, ci racconta i 3 obiettivi raggiunti dall’azienda alla ripartenza: formazione dedicata al personale in store per una shopping experience in sicurezza, revisione dei protocolli di accesso agli uffici e smart working

Il mondo del fashion retail stava già attraversando grandi trasformazioni prima della pandemia di coronavirus, il lockdown lo ha messo ulteriormente a dura prova privandolo di due mesi di incassi a causa della chiusura forzata dei punti vendita.

Tra le realtà impattate durante l’emergenza c’è anche Bata, primo retailer mondiale per la produzione e commercializzazione di calzature. Fondato nel 1894 in Repubblica Ceca da Thomas Bata, il Gruppo Bata conta circa 6.000 store in più di 100 paesi nel mondo e 40.000 dipendenti; di questi, 3.000 si trovano in Europa suddivisi tra Italia, Svizzera, Spagna, Repubblica Ceca e Slovacchia.

In Italia, Bata dispone di 250 store oltre a 200 punti vendita AW LAB, retailer internazionale multibrand dei più famosi marchi sportivi di sneaker, anch’esso parte del Gruppo.

(In foto un negozio Bata)

Abbiamo chiesto a Michele Cattaneo, HR Director Europe, come sono state gestite l’emergenza coronavirus e la ripartenza in azienda, e cosa abbia insegnato questa esperienza al marchio.

Michele Cattaneo, che impatto ha avuto su Bata l’emergenza Covid-19? Come vi siete riorganizzati in sede e in store in conseguenza delle misure governative per limitare i contagi?

«Fin dall’inizio dell’epidemia, poi diventata pandemia, abbiamo prontamente istituito un emergency cabinet composto dal Presidente di Bata Europe e dal General Manager di AW LAB. Insieme a noi ne hanno fatto parte il Finance Director, i Direttori Omnichannel, il responsabile HSE, il Responsabile Sistemi informativi, tutte le figure con ruoli chiave, insomma, che hanno avuto il compito – tramite video call su base quotidiana – di tenere monitorata la situazione e di mettere in sicurezza l’organizzazione e prima di tutto le sue persone, in coerenza con le linee guida del Gruppo.
Queste video call facevano riferimento all’Italia, poiché è l’Italia che presidia le altre country, tuttavia ogni giorno i protocolli di comunicazione e condivisione che avevamo istituito venivano condivisi anche con i nostri colleghi in Spagna, Svizzera e Repubblica Ceca. Questo ci ha consentito di dare uniformità nell’approccio e nella gestione dell’emergenza salvaguardando le specifiche esigenze, in conformità con leggi e normative locali.
Sono seguite settimane di lavoro intenso nonostante i negozi fossero stati chiusi, avendo preso la decisione importante di chiuderli, in Italia, ancora prima del giorno in cui il governo avrebbe definito il cosiddetto lockdown.
Obiettivi chiari e condivisi: la messa in sicurezza del nostro personale e delle relative famiglie, dei nostri clienti, ma anche la messa in sicurezza dell’azienda dal punto di vista finanziario perché poi ci sono stati 2 mesi privi di incassi – come per tutti coloro che operano nell’industry del retail –, e questo risulta sicuramente un tema molto delicato».

Come state affrontando la ripartenza, quali iniziative avete preso? 

«Abbiamo dato vigore alla comunicazione interna, tenendo informate le nostre persone relativamente alle iniziative che stavamo prendendo, e alla riapertura abbiamo raggiunto 3 importanti obiettivi

In primis, essendo un retailer, abbiamo erogato una formazione con uno “store training video”, formando tutta la nostra platea di persone che operano nei negozi. Questo video andava a rappresentare le buone pratiche per consentire alle persone dei negozi e ai nostri clienti di vivere l’esperienza dell’acquisto in condizioni di totale sicurezza e con la maggiore serenità possibile. Questo video è stato poi utilizzato dalle altre country di tutto il mondo Bata come benchmark.

(In foto un momento di registrazione dello “store training video” in uno store AW LAB)

Il secondo obiettivo è stato quello di rivedere il protocollo di sicurezza organizzativo per la sede per predisporre gli uffici ad accogliere i nostri colleghi in fase di riapertura delle attività; e terzo, un tema di grande rilievo dal punto di vista di cultura organizzativa, abbiamo attivato ex novo lo smart working, che è diventato uno strumento essenziale e lo sarà anche al di fuori di questa emergenza, opportunamente calibrato.

L’azienda nel frattempo ha preso iniziative di solidarietà molto importanti: ha donato 200 mila euro alla regione Veneto, ha messo a disposizione un milione di calzature in tutto il mondo al personale medico, infermieristico e alle loro famiglie attraverso una specifica donazione. Abbiamo inoltre attivato una polizza che consente di coprire i rischi da Covid per tutto il personale.
L’Azienda ha preso la decisione di anticipare una quota parte della quattordicesima per andare incontro ai colleghi che non avevano ancora ricevuto l’indennità di cassa integrazione; inoltre il management ha deciso di ridurre in maniera significativa il proprio stipendio». 

Cosa sta insegnando al mondo del lavoro questa emergenza?

«Il take away di questa esperienza è prima di tutto la rivalorizzazione di due aspetti importanti delle nostre vite personali e professionali: la salute e la libertà.
Abbiamo visto come senso di appartenenza e responsabilità siano valori significativi per la nostra azienda pienamente agiti dai nostri collaboratori.
Questa esperienza ci consente di ripensarci: stiamo rivedendo i nostri processi organizzativi, il nostro modello di funzionamento in funzione delle esigenze di mercato e del nostro cliente. Sicuramente c’è molto da fare ma l’azienda è coesa e forte, e le persone che ne fanno parte sono orgogliose di vivere questa nuova ordinarietà che ci apprestiamo ad affrontare».

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