Le imprese sociali Riesco e Sobon di Padova organizzano la produzione attorno alle esigenze e alle capacità delle persone
“Habile” è il nome di un progetto rivoluzionario di inserimento lavorativo di persone con disabilità. Nasce all’interno del CCS (Consorzio Cooperative Sociali) di Padova, attraverso il lavoro di due cooperative: Riesco (Ristorazione e Solidarietà Cooperativa), che si occupa di ristorazione, nella quale sono coinvolti 100 soci, di cui 35 svantaggiati, e Sobon (Solidarietà e Bontà), che si occupa di panificazione. Rivoluzionario, per quanto riguarda la cooperazione sociale in termini di forma d’impresa, perché – come racconta a Il Bo Live Paolo Tognon, Responsabile risorse umane e Diversity Manager delle cooperative – al di là dell’assunzione del 30% di persone con disabilità come richiesto per legge alle cooperative sociali, è stata scelta «la disabilità come mission vera e propria».
Il progetto, afferma Tognon, «mette al centro la persona svantaggiata e attorno ad essa organizza la produzione costruendo mansioni, laboratori e gruppi di lavoro, adattandosi alle capacità che la persona stessa ha, in quel momento della sua vita, portandola gradualmente a un livello di produttività e inserimento nei cicli produttivi che ci permetta di dire che la persona è inserita nel mondo del lavoro».
Ad oggi in Europa meno di un disabile su due è occupato e, nei casi in cui questo accade, la persona viene impegnata in mansioni poco qualificate e prive di un percorso di sviluppo. A questo si aggiunge la diffidenza sul fatto che una persona con disabilità, fisica, intellettiva, psichica o motoria, possa diventare davvero produttiva e trovi un percorso lavorativo in un contesto aziendale.
Habile invece vuole proprio tracciare una strada che vada nel senso opposto. Infatti il nome stesso del progetto, dice Tognon, «fa riferimento all’abilità. Nel termine disabilità, il prefisso ‘dis’ in italiano indica sempre qualcosa che manca, qualcosa di negativo, noi abbiamo tenuto l’h, che universalmente significa handicap, ma abbiamo puntato sull’abilità, su ciò che una persona può fare, sulle potenzialità e sulle capacità che ha».
La proposta di Riesco e Sobon, spiega a Il Bo Live Paolo Gubitta, docente di organizzazione aziendale e gestione delle risorse umane all’Università di Padova, «è innovativa perché abbraccia un concetto di continuum progettuale».
Operativamente, secondo Gubitta, si semplificano i processi e le attività per abbassare la soglia di accesso al lavoro, si valorizzano l’individualità e le competenze interne. Si inizia facendo fare le cose più semplici e man mano che si apprende si aggiungono «pezzi di lavoro che rendono il mestiere più difficile ma anche più interessante».
L’idea è quella di promuovere le persone facendo fare loro cose diverse, di pari complessità, invece di metterle in difficoltà con cose più difficili. Siamo quindi di fronte a «una soluzione intelligente per tutti i lavori nelle organizzazioni con pochi livelli gerarchici».
La disabilità è una condizione che può essere temporanea o permanente, che si può incontrare dalla nascita o nel corso della vita, e potenzialmente può riguardare chiunque.
Il concetto di disabilità si è evoluto nel tempo e viene messo in relazione anche a come le caratteristiche individuali interagiscono con il contesto. «L’esempio delle barriere architettoniche è quello più semplice. Un luogo accessibile renderà meno disabile una persona che ha una disabilità. Lo stesso vogliamo fare noi nel mondo del lavoro» dice Tognon.
«La disabilità la si può incontrare anche perché si invecchia, e si invecchia lavorando, quindi questa è una tematica che riguarda anche il mondo dell’impresa. Bisogna partire dal contesto. I contesti possono rendere più o meno disabile una persona, che siano luoghi di lavoro, strutture pubbliche o luoghi informali di ritrovo. Noi pensiamo che il paradigma dell’inclusione riguardi tutti i luoghi e i contesti in cui le persone si ritrovano».
Per questo il CCS auspica che l’approccio utilizzato da Riesco e Sobon venga adottato anche da altre aziende, al di fuori delle imprese sociali. In modo da dare opportunità di lavoro a persone che altrimenti faticherebbero molto ad averle, perché il lavoro, oltre a essere un mezzo di sostentamento, è lo strumento che ci permette di diventare cittadini e non rimanere ai margini della società.
L’obiettivo non è soltanto facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro delle persone con disabilità, ma accompagnare anche le aziende e collaborare con il settore pubblico, principalmente il Centro per l’impiego e il servizio di integrazione lavorativo dell’Ulss”.
Paolo Tognon parla del progetto “Habile” nel servizio di Daniele Mont D’Arpizio per il Bo Live, il giornale online dell’Università di Padova (fonte ilbolive.unipd.it)