Due miliardi e 400 milioni di chilometri in un anno, come fare la spola fra la Terra e la Luna 6 mila volte. Ecco quanto potremmo risparmiare se la metà di coloro che lavorano in ufficio usufruissero dello smart working
Se la metà dei dipendenti italiani che hanno la possibilità di lavorare da casa lo facessero, anche a turno e solo una metà per volta, si risparmierebbero in un anno due miliardi e 400 milioni di chilometri percorsi. Con notevoli conseguenze sull’abbattimento dei costi per il carburante, sull’inquinamento dell’aria ed anche sul congestionamento della viabilità. A confermarlo, con dati incontrovertibili, è la Teralytics di Zurigo, società che utilizzando big data ed avanzati algoritmi di machine learning analizza la mobilità delle persone, al fine di creare soluzioni più sostenibili.
L’azienda, che prende in considerazione i dati (anonimi) estratti dalle sim dei cellulari, ha reso noti alcuni numeri emersi dal confronto con il pre-pandemia: gli spostamenti tra città sono scesi del 52,7%, la mobilità totale è scesa del 23,2%, quella cittadina del 21,6%. In più, per un’inchiesta di Repubblica, Teralytics ha analizzato più nel dettaglio com’è cambiato, nel quotidiano, il nostro modo di muoverci durante la pandemia.
Cosa emerge? ad esempio che mercoledì 11 novembre 2020 hanno evitato di prendere l’auto ben 26 milioni di cittadini in meno rispetto a mercoledì 2 febbraio 2020. E ci sono giorni in cui la forbice si allarga fino a 31 milioni di viaggi in meno. Va poi precisato che gran parte dei lavoratori si muove in auto, che la maggioranza di loro viaggia solo, e che in media (secondo i dati citati da Repubblica), percorrevano circa 20 chilometri al giorno. Dice ancora Repubblica, che cita Forum Pa, che i lavoratori che (per la natura del proprio impiego) potrebbero usufruire dello smart working sono, in Italia, 5,5 milioni. Se la metà di loro lavorasse da casa, si risparmierebbero 2,4 miliardi di chilometri percorsi, 1,1 miliardi di euro spesi per il carburante e 330 milioni di tonnellate di CO2.
L’impatto rivoluzionario che la pandemia ha avuto sulla mobilità e sull’ambiente non è passato inosservato. E così una figura come quella del mobility manager, che esiste per legge dal 1998 ma inizialmente aveva un ruolo legato solo a situazioni particolari, ha acquisito un peso e un’importanza via via crescente. Questi professionisti si occupano di riorganizzare i turni in modo tale da dilazionare anche i viaggi, con un effetto positivo non solo sull’affollamento negli uffici ma anche sul traffico cittadino. L’obiettivo è quello di alleggerire le strade negli orari di punta, riducendo gli spostamenti e “spalmandoli” su più giorni e più fasce orarie. A maggio 2021 il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini, ha firmato il decreto che delinea le funzioni del mobility manager e ne rende obbligatoria la presenza nelle aziende con più di 100 dipendenti.
Ma lo smart working, che pure presenta molti aspetti positivi, non è privo di criticità e di rischi. Tra questi ci sono l’aumento di stress, soprattutto se praticato per lunghi periodi, e il possibile aggravio delle disuguaglianze sociali. Secondo uno studio curato dall’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) in Italia, per come è praticato, il lavoro agile tende ad avvantaggiare soprattutto i lavoratori con un reddito alto, in prevalenza uomini, accentuando così il gap di genere e tra categorie di lavoratori.