Quando si parla di obiettivi ESG, si pensa sempre ai criteri di sostenibilità e tutela ambientale, ma i parametri riguardano anche il capitale umano e sociale
ESG sta per Environment, Social e Governance, ma spesso ci si concentra sulla prima voce e dunque si tende a pensare ai criteri di sostenibilità/tutela ambientale e capacità di gestione. I parametri però riguardano allo stesso modo il capitale umano e sociale. Ne parliamo con Jointly, BCorp che si occupa di welfare aziendale.
Secondo Francesca Rizzi, CEO e Co-founder di Jointly, applicata al welfare aziendale “la sostenibilità si traduce nella capacità di progettare e fornire servizi che offrano risposte efficaci ai nuovi bisogni delle persone e delle loro famiglie, un vero e proprio moltiplicatore sociale di benessere che può generare un impatto positivo misurabile sul benessere di tutti gli stakeholder coinvolti sul territorio, la S degli ESG, per l’appunto”.
Mettere a disposizione delle aziende servizi e soluzioni che siano in grado di sostenere per esempio le persone nel prendersi cura di sé e del proprio benessere, ma anche aiutare i genitori nella gestione dei propri figli o i caregiver nella cura dei familiari non autosufficienti, sono misure di welfare e di wellbeing che hanno un impatto positivo di lungo termine, favorendo la creazione di nuovi servizi o il miglioramento di quelli esistenti con benefici indiretti per tutta la società.
Ma c’è un impatto anche sulla governance dell’azienda – la G degli ESG – e su come l’organizzazione possa gestire questi processi in maniera più trasparente, attraverso un dialogo strutturato e interattivo con i dipendenti e i diversi stakeholder in un’ottica di sostenibilità.
Perché il welfare sia a tutti gli effetti un elemento della S degli ESG i bisogni dell’individuo devono essere al centro della strategia di Corporate Wellbeing. Per esempio, in base ai dati raccolti da Jointly Voice, Il 47% dei lavoratori ha almeno un figlio in età scolare, e la maggioranza di loro (l’85%) chiede un supporto specifico nella gestione del loro ruolo genitoriale. Una risposta che per molti (80%) il welfare aziendale può dare attraverso servizi specifici, migliorando la qualità dell’equilibrio tra vita e lavoro.
Supportare la genitorialità significa quindi promuovere il benessere delle famiglie e dei territori in cui risiedono, e avere un impatto sulla S degli ESG attraverso servizi per accompagnarli dai primi anni di vita del figlio, alle attività fondamentali per la crescita, fino alle grandi scelte per il suo futuro.
Anche il supporto ai caregiver ha un impatto in termini sociali che va oltre le mura dell’ufficio e risponde a bisogni diffusi: in Italia oggi i caregiver sono più di 7 milioni.
Tra questi, più di un lavoratore su 3 (il 38%) si occupa di un familiare non autosufficiente, nella maggior parte dei casi personalmente e senza alcun supporto esterno, a fronte di un 33% che si rivolge a strutture o professionisti privati, mentre solo 1 su 4 (il 25%) accede a strutture pubbliche (dati studio congiunto BCG – Jointly).
Il supporto ai caregivers può essere declinato attraverso un servizio di orientamento, ma anche grazie all’accesso diretto a una rete di servizi socioassistenziali e di professionisti affidabili.
“Tutte le iniziative finalizzate al benessere dei dipendenti diventano fondamentali per un’impresa che vuole uniformarsi ai parametri ESG”, precisa Rizzi. “Non solo, fornendo ai propri collaboratori un ambiente felice e positivo in cui lavorare, le aziende potranno sicuramente contare su maggiore produttività e capacità di attrarre i talenti”.
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