Dal giornalismo alla giurisprudenza, dal marketing alla medicina, le professioni più a rischio a causa dell’intelligenza artificiale generativa
Coscientemente o no, siamo circondati da intelligenza artificiale: dallo smartphone che abbiamo in tasca alla macchina che guida da sola, fino ai robot che puliscono i pavimenti delle nostre case o che aiutano i medici in delicati interventi chirurgici.
Negli ultimi mesi ci siamo divertiti a sperimentare Chat GPT, la prima intelligenza generativa a portata di tutti: gli abbiamo fatto domande, l’abbiamo usato “per gioco”, abbiamo conversato con lui, qualcuno ha provato ad utilizzarlo per lavoro, spesso con ottimi risultati.
Eppure, nonostante i suoi benefici, l’intelligenza artificiale fa ancora paura a molti, e in Italia ChatGPT è stato recentemente bloccato dal Garante della Privacy.
Chi ha ragione? È giusto temere la sua evoluzione o si tratta solo di una vecchia paranoia?
Facciamo un passo indietro: dall’alba dei tempi, le evoluzioni tecnologiche fanno paura. Tutti ricordiamo dagli studi scolastici il movimento luddista, che prese piede in Gran Bretagna nel 19esimo secolo: gli operai, spaventati dall’idea che le macchine potessero rubare loro il lavoro, andavano distruggendo telai meccanici e macchine a vapore.
Nel tempo poco è cambiato: la diffusione dei computer, di internet, dell’automazioneÈ l’insieme dei sistemi e delle operazioni (specialmente elettronici) che rendono automatico un processo produttivo o di funzionamento, eliminando, del tutto o in parte, l’intervento dell’uomo. More e ora dell’intelligenza artificiale ci ha via via posti di fronte allo stesso interrogativo. Com’è evidente, l’esperienza tende a rassicurare: al momento le macchine hanno rimpiazzato le persone solo in alcuni lavori molto ripetitivi o pericolosi, e in più la loro presenza ha aperto la strada a nuove professioni, per esempio nell’ambito della manutenzione o dell’addestramento dei robot.
L’intelligenza artificiale, e in particolare l’intelligenza generativa, tuttavia, è qualcosa di completamente diverso rispetto a quanto testato fino ad ora e gli esperimenti condotti da svariati team di scienziati stanno dando risultati inaspettati.
Secondo uno studio di due dottorandi del MIT, ad esempio, i professionisti dei bandi, analisti di dati, e professionisti delle risorse umane che hanno provato a svolgere i propri compiti usando ChatGPT ci hanno messo meno tempo (17 minuti contro 27) e con risultati migliori rispetto ai colleghi che hanno svolto lo stesso lavoro senza il chatbot.
Altri esperimenti del tutto simili hanno portato alle stesse conclusioni: alcuni professionisti altamente specializzati, con l’aiuto dell’ai, possono lavorare meglio e in meno tempo.
E questa è una novità: finora abbiamo immaginato robot che possono sostituire gli umani in mansioni a bassa specializzazione, nei magazzini o nei supermercati ad esempio. Ma l’intelligenza generativa sta cambiando le carte in tavola, perché una volta ben addestrata potrebbe essere in grado di sostituire numerosi professionisti. Quali?
Lo abbiamo chiesto a Chat GPT. Ecco la risposta:
La risposta spinge a numerosi interrogativi, ma va presa con le pinze. Ci sono, ad esempio, alcune competenze prettamente umane che molto difficilmente il più sofisticato dei robot potrà sostituire.
Una di queste è l’empatia: un bravo medico non è solo una persona che ha studiato molto e che a partire dalle analisi riesce ad individuare la diagnosi corretta. Deve avere anche sensibilità umana, per capire fino in fondo il disagio segnalato dal paziente e poi per comunicare con lui e con i suoi familiari.
Allo stesso modo, un bravo giornalista non è solo una persona che ricerca dati e li mette insieme in italiano corretto. Serve anche sensibilità, delicatezza, attenzione per i dettagli e per le sfumature.
Inoltre, anche l’intelligenza artificiale sbaglia. Ricordiamo che ChatGPT è progettato per rispondere in modo verosimile alle nostre domande, non per farlo per forza in maniera corretta. Può citare, in modo credibilissimo, studi inesistenti o fatti mai accaduti.
Il fact checking, con lui, per ora spetta ancora agli umani.
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