I lavori manuali di routine e di inserimento dati saranno i più esposti al rischio di automatizzazione
La disoccupazione tecnologica è un fenomeno sempre più rilevante nel mondo del lavoro di oggi. Ma che cos’è la disoccupazione tecnologica? Si tratta della perdita di posti di lavoro causata dall’automazioneÈ l’insieme dei sistemi e delle operazioni (specialmente elettronici) che rendono automatico un processo produttivo o di funzionamento, eliminando, del tutto o in parte, l’intervento dell’uomo. More e dall’adozione di nuove tecnologie, come robot industriali e intelligenza artificiale. Con l’avvento di questi avanzamenti, molte mansioni tradizionali rischiano di essere sostituite da macchine e software intelligenti.
Nel 2020 si prevedeva che sarebbero stati operativi ben 3 milioni di robot industriali. Automazione, robotizzazione e intelligenza artificiale sono destinate a entrare nel mondo del lavoro con una forza sempre più dirompente. Già oggi sono presenti soprattutto nel settore produttivo e logistico di molte aziende.
Uno studio di McKinsey stima che entro il 2030, in Italia, nel 60% delle occupazioni un terzo delle mansioni potrebbe essere automatizzato. Due ricercatori dell’Università di Oxford, Frey e Osborne, nel 2013 hanno analizzato 702 occupazioni del mercato del lavoro statunitense per identificare quali di esse siano più facilmente rimpiazzabili da robot e intelligenza artificiale nei prossimi 20 anni. Di queste, il 72% è risultato altamente a rischio. Stiamo parlando di addetti ai trasporti, alla logistica e ai lavori d’ufficio che prevedono l’inserimento di dati, con un focus particolare su impiegati amministrativi e produzione industriale.
Per quanto riguarda la disoccupazione tecnologica in Italia, facendo riferimento alle stime del gruppo professionale The European House Ambrosetti, il 15% dei 21,5 milioni di occupati italiani (dato ISTAT) rischia di essere sostituito da una macchina. In numeri, si tratta di oltre 3 milioni di persone che lavorano.
Secondo Enrico Cazzulani, segretario generale dell’AIDP (Associazione Italiana per la Direzione del Personale), le mansioni manuali semplici e ripetitive o quelle impiegatizie di basso livello sono le più vulnerabili. Il rischio aumenta per chi ha un’istruzione inferiore alla scuola media ed è in giovane età. Negli over 65 il rischio diminuisce, perché la maggior parte dei lavoratori di questa fascia ha ruoli più strategici e meno operativi.
Le professioni più difficilmente automatizzabili sono quelle che richiedono l’applicazione di competenze specifiche e prevedono la gestione di altre persone. McKinsey ipotizza che solo il 5% dei lavori potrà essere del tutto automatizzato e che, per ogni posto di lavoro perso nei settori legati alla tecnologia, ne nasceranno altri 2,1. Questo suggerisce che l’automazione potrebbe creare nuove opportunità lavorative, soprattutto in settori emergenti.
Per gestire i sistemi di robotica e intelligenza artificiale saranno necessarie nuove competenze. Avranno un notevole sviluppo alcuni gruppi di lavori del futuro, tra cui operatori sanitari, educatori e creativi. Le competenze saranno quindi una fondamentale carta da giocare nel mercato del lavoro. Sarà necessario allineare i bisogni del mondo dell’occupazione ai sistemi di istruzione e formazione perché nascano i professionisti del futuro, capaci di governare un contesto di forte e rapida innovazione tecnologica.
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