Il lavoro a distanza porta ad assunzioni più rapide e aiuta l’occupazione. Le forme di lavoro ibrido sono in aumento
L’Osservatorio Smart WorkingÈ una nuova modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, introdotta dalla l. 81/2017 e caratterizzata dall’assenza di precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro per il dipendente. More del Politecnico di Milano ha condotto un’indagine sul lavoro a distanza, dimostrando come influenzi anche l’approccio alle assunzioni. Innanzitutto, emerge chiaramente che il lavoro agile si sta consolidando nell’89% delle grandi aziende, e nel 62% delle pubbliche amministrazioni, con formule ibride. In particolare, le prime prevedono una media di tre giornate agili, mentre sono due negli uffici pubblici.
Una scelta basata sui benefici riscontrati sia dai lavoratori che dalle aziende, a partire dall’equilibrio fra lavoro e vita privata, segnalato dall’89% delle grandi imprese, dal 55% delle pmi, e dall’82% della pubblica amministrazione. La diffusione dello smart working ha avuto un impatto positivo sui lavoratori: per il 39% è migliorato il work-life balance, il 38% si sente più efficiente nello svolgimento della sua mansione, e il 35% più efficace.
In questi due anni di pandemia lo smart working ha preso sempre più spazio, diffondendosi molto rapidamente, e le aziende hanno deciso di investire concretamente in quest’ambito. Una grande impresa su due sta intervenendo sugli spazi fisici, differenziandoli (29%), ampliandoli (12%) o riducendoli (10%). Il 38% non prevede nuove progettazioni, ma cambierà le modalità d’uso. Solo l’11% tornerà a lavorare come prima. Il 36% delle grandi imprese modificherà i progetti di lavoro agile in corso, e digitalizzerà i processi. Inoltre, ben il 70% di chi ha un progetto di smart working aumenterà le giornate in cui è possibile la modalità di lavoro da remoto, passando da un giorno solo alla settimana, prima della pandemia, a una media di 2,7 giornate. Il 65% coinvolge più persone nelle iniziative, il 42% include profili prima esclusi, il 17% interviene sull’orario di lavoro.
I primi segnali dell’esplosione dello smart working risalgono al 2018, anno in cui era stata stimata una presenza di circa 480mila smart worker, con un aumento del 20% rispetto all’anno precedente, e un’incidenza del 12,6% del totale degli occupati. Il trend di crescita del 2018 era lo specchio della crescente consapevolezza che le aziende stavano acquisendo rispetto ai benefici che lo smart working apporta alle aziende: 15% di crescita della produttività, miglior work life balance, e per la collettività, un minor inquinamento dell’aria vista la riduzione degli spostamenti.
Per quanto riguarda le pmi, l’Osservatorio rileva una percentuale di progetti strutturati di smart working stabile all’8%: flessibilità di luogo, di orario, ripensamento degli spazi, cultura orientata ai risultati, e dotazione tecnologica adeguata per il lavoro da remoto.
Solo il 6,4% dei lavoratori pubblici vorrebbe tornare a lavorare come un tempo, mentre oltre il 93% vorrebbe proseguire con lo smart working. Di questi, il 27,6% sceglierebbe di lavorare sempre da remoto, il 66% vorrebbe trovare un equilibrio tra lavoro remoto e presenza in ufficio. La larghissima maggioranza dei lavoratori, inoltre, (89%) pensa che emergenza e diffusione dello smart working abbiano permesso di acquisire un’esperienza che vada utilizzata in futuro.
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