La tecnologia può fare la differenza anche nel terzo settore e nella responsabilità sociale d’impresa: il Social Tech per lo sviluppo sostenibile
La tecnologia non è una prerogativa del mondo delle grandi industrie, tutt’altro: essa sta diventando l’elemento cruciale per lo sviluppo di start up innovative che hanno come mission la sostenibilità, e quindi l’attenzione all’impatto sociale ed economico delle loro attività. In quest’ambito si inserisce la Fondazione Triulza, con iniziative che si focalizzano su studi e ricerche per favorire il dialogo e la cooperazione tra i popoli, e attività per promuovere l’economia sostenibile.
In particolare, il Contest Social Tech promosso dalla Fondazione, è un percorso dedicato alla capacity building e al trasferimento tecnologico, rivolto alle cooperative e alle start up innovative che vogliono avviare progetti d’impatto sociale, utilizzando le nuove tecnologie.
L’obiettivo di Social Tech è quello di creare un percorso di accompagnamento verso l’innovazione, partendo da un’attività di scouting per far emergere le tante idee già esistenti all’interno delle cooperative e di startup a vocazione sociale.
Il progetto prevede la sperimentazione di modelli di trasferimento tecnologico al terzo settore e all’economia sociale, anche attraverso nuove partnership tra profit e non profit. Le realtà selezionate hanno partecipato ad attività di accompagnamento e formazione mirate, e ad incontri che hanno dato loro l’opportunità di confrontarsi e conoscere gli stakeholder di riferimento.
Il Contest si è rivolto, in particolare, alle aziende facenti parte dei settori: agrifood e gestione di risorse idriche; energetico; smart city; tecnologia medica e sanità; scienze dei materiali; data & processing; trasporti e ingegneristica. Alla fase di scouting hanno fatto seguito un percorso di coaching e accompagnamento per lo sviluppo del progetto di innovazione sociale, e uno di formazione su temi strategici e attuali.
Attualmente, in Italia, si contano oltre 130 impact startup attive, pari all’1% circa delle startup ufficialmente registrate in Italia (13.473), che lavorano con una finalità sovrapponibile con uno, o più, degli Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite.
In Europa l’investimento in startup innovative e sostenibili è in forte aumento, superando i 13 miliardi di euro. L’Italia è ancora distante rispetto agli altri ecosistemi europei, con le realtà più mature localizzate in UK, Svezia e Germania, che superano alcuni miliardi di capitale investiti in impact startup, pesando per il 50% degli investimenti nel settore.
Nonostante i numeri sembrino descrivere una realtà poco significativa, essi rappresentano le fondamenta di un vero e proprio movimento imprenditoriale che guarda al futuro: le aziende innovative, che utilizzano la tecnologia per migliorare l’impatto sociale ed economico delle loro attività sono quelle destinate ad un’evoluzione positiva sia in termini di immagine, che di profitto.
Il Social Tech non è altro che l’utilizzo delle nuove tecnologie a servizio delle imprese ad impatto sociale. A sua volta, la definizione di innovazione sociale si riferisce a nuovi prodotti, servizi e modelli che soddisfano bisogni sociali e che, allo stesso tempo, creano nuove relazioni e nuove collaborazioni tra imprese, terzo settore, istituzioni pubbliche e private.
Più nello specifico, l’innovazione sociale promuove più efficienza nell’uso delle risorse, e una riduzione del loro utilizzo; genera cambiamento soprattutto nel lungo termine; utilizza tecnologie come leve su cui fare forza per promuovere e divulgare novità.
Gli esempi di innovazione sociale sono tanti, e toccano vari ambiti. Tra i più conosciuti c’è quello del microcredito, ovvero piccoli prestiti erogati anche a persone che si trovano in difficoltà economica. Un esempio strettamente legato alla tecnologia, è quello del tablet ideato per fare studiare bambini dislessici, progettato e realizzato da un papà che ha sperimentato le difficoltà di studio nella sua stessa famiglia. O, ad esempio, altre applicazioni tecnologiche che rispondono a esigenze particolari di persone con problemi e disabilità: si pensi al progetto Lorf, che utilizza l’intelligenza artificiale per aiutare le persone affette da autismo, o Ivo, il robot che permette a bambini e ragazzi in ospedale di seguire le lezioni in classe, e interagire con gli insegnanti.
La tecnologia, dunque, entra nel terzo settore e nel mondo della sostenibilità, diventando punto di unione tra profitto e rispetto dell’ambiente e dei bisogni sociali di ogni territorio.
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