Il lavoro sta cambiando valore e valori. Non ci basta più un impiego, vogliamo “un bel lavoro”. Ce ne parla il prof. Alfonso Fugetta nel suo ultimo libro
Flessibilità, sicurezza, inclusione, dinamismo. Cos’è, oggi, a rendere un lavoro “bello”? Ha provato a rispondere Alfonso Fugetta, uno tra i più brillanti informatici italiani, ordinario al Politecnico di Milano.
Fugetta è inoltre amministratore delegato e direttore scientifico di Cefriel, centro per l’innovazione digitale fondato da università, imprese e amministrazioni pubbliche per promuovere l’innovazione e lo sviluppo delle competenze nel settore delle tecnologie digitali.
Nel suo recentissimo libro “Un bel lavoro. Ridare significato e valore a ciò che facciamo” ripercorre i fenomeni della contemporaneità: la great resignation, la quit generation, il bisogno così forte di flessibilità e il mismatch, sempre più profondo, tra domanda e offerta.
Quella in cui viviamo, scrive l’autore, è una “strana società, dove ogni giorno si parla di mancanza di lavoro e, al tempo stesso, le imprese denunciano la scarsità di personale, a riprova di una distanza che non è solo nelle competenze e professionalità richieste e offerte, ma anche e soprattutto nelle aspettative ed esigenze delle parti”.
Fenomeni recenti, come quello delle grandi dimissioniL’atto unilaterale con cui il lavoratore comunica di voler interrompere il rapporto lavorativo con il datore di lavoro. More o del quiet quitting, hanno reso lampante la trasformazione in corso: l’attaccamento al posto di lavoro sta diventando un sentimento sempre più fragile e il mito del posto fisso ha gradualmente lasciato spazio alla necessità di flessibilità e conciliazione con la vita privata.
Ma le persone cercano anche qualcosa in più.
Il lavoro, suggerisce Fugetta, “è la dimensione nella quale esprimiamo la nostra creatività e capacità realizzativa. È un’occasione di crescita, non solo professionale ma anche culturale e umana, tramite la quale valorizzare molti aspetti di noi stessi”.
Il lavoro è, anche, parte integrante della nostra vita e oggi più che mai non può essere solo un mezzo di sostentamento. In altre parole, continueremo a lavorare per guadagnare (auspicabilmente) bene, ma non solo. Lo faremo anche per vivere bene, per dare un senso e un significato a quello che facciamo.
Ecco perché non ci basta più avere “un lavoro”, ma vogliamo “un bel lavoro”.
Cosa significa questo, in concreto? Fugetta risponde offrendo dieci definizioni.
Un bel lavoro deve avere valore, significato, scopo. Deve avere un risultato che produce valore per la comunità e per la società. Non solo: le persone desiderano lavorare per imprese che operano eticamente, non solo nel rispetto delle regole ma anche con un impatto positivo per il territorio.
Il minimo indispensabile non basta: un bel lavoro deve produrre qualcosa che è di qualità, ben fatto, anche andando oltre la richiesta.
Se si lavora in modo ordinato e pianificato, le persone si sentono a loro agio perché sanno che cosa fare e non sono stressate da attività caotiche. Lavorare in costante emergenza, invece, porta a lavorare con più ansia e stress, quindi peggio.
Fuori dalla retorica, dare valore alle persone significa proprio questo: avere nei loro confronti un’attenzione che le fa sentire apprezzate e gratificate.
“Sicuro” oggi non ha più il significato che poteva avere negli anni Novanta. Quando parliamo di sicurezza nessuno pensa più al posto fisso, ma certamente il fatto di lavorare per un’azienda solida, con le spalle larghe e buone prospettive davanti, restituisce sicurezza.
Fugetta distingue almeno altre due accezioni del termine “sicuro”: una si ricollega alla sicurezza sul lavoro, l’altra alla sicurezza psicologica e alla libertà di essere e di esprimersi.
Questa, al giorno d’oggi, è una caratteristica centrale. Gli anni di pandemia hanno reso evidente come lavorare in modo diverso non solo è possibile, ma fa bene a tutti. E per le persone poter conciliare vita privata e professione è diventato un bisogno vitale.
Anche a causa dei due anni di Covid, la flessibilità sul posto di lavoro ha assunto una valenza centrale. Per le persone è vitale poter conciliare vita privata e attività professionale.
Inclusione è una delle nuove parole d’ordine per quanto riguarda la cultura aziendale: la diversità è ricchezza e un ambiente lavorativo che sappia accogliere e valorizzare le differenze crea vantaggi per tutti.
Maturare nuove esperienze, affrontare nuove situazioni e nuovi obiettivi rende l’ambiente lavorativo stimolante. senza il rischio di annoiarsi chiudendosi in attività ripetitive e sempre uguali.
Un’altra caratteristica importante per un “bel lavoro” è che deve arricchire, permettendo di imparare sempre cose nuove. Questo significa, anche sperimentare e dare spazio alla curiosità.
L’aggiornamento professionale, il reskilling, la capacità di interpretare nuovi ruoli e di acquisire nuove competenze sarà sempre più fondamentale nel lavoro del futuro.
Un “bel lavoro”; quindi, è anche un’attività che ci permette di sperimentare queste esperienze, offrendoci di volta in volta sfide che sappiano motivare ed entusiasmare.
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